Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20190 del 25/09/2020
Cassazione civile sez. trib., 25/09/2020, (ud. 10/02/2020, dep. 25/09/2020), n.20190
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –
Dott. CATALDI Michele – Consigliere –
Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –
Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –
Dott. CENICCOLA Aldo – est. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso n. 14744/2012 proposto da:
G.A., (CF (OMISSIS)), rapp.to e difeso per procura a margine
del ricorso dall’avv. Vincenzo Belvedere, con il quale elettivamente
domicilia in Roma alla via Ugo Bartolomei n. 23 presso lo studio
dell’avv. Stefania Saraceni;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE (CF (OMISSIS)), in persona del Direttore p.t.,
rapp.ta e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato,
elettivamente domiciliata in Roma alla v. dei Portoghesi n. 12;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 118/08/11 depositata il 24 giugno 2011 della
Commissione tributaria regionale di Catanzaro;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
giorno 10 febbraio 2020 dal relatore Dott. Aldo Ceniccola;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. De
Augustinis Umberto che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Fatto
FATTI DI CAUSA
Con sentenza del 24 giugno 2011 la Commissione tributaria regionale di Catanzaro, in riforma della sentenza della Commissione tributaria provinciale di Cosenza, rigettava i ricorsi proposti da G.A. avverso tre avvisi di accertamento con i quali veniva rettificato il reddito ai fini delle imposte Irpef, Iva ed Irap per gli anni 1998, 1999 e 2000. Osservava la CTR che non sussisteva il vizio di motivazione degli avvisi di accertamento, consentendo questi ultimi l’esercizio di difesa del contribuente, e che, quanto al merito, la Guardia di Finanza aveva constatato varie violazioni nelle scritture contabili e su tali basi aveva ottenuto l’autorizzazione all’accesso di dati bancari, dai quali era emersa l’esistenza di operazioni non registrate nelle scritture contabili, il che aveva giustificato il ricorso all’accertamento previsto dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39.
Lo stesso legale rappresentante della società aveva poi partecipato alle operazioni di verifica senza contestare la determinazione dell’imponibile sulla base degli elementi posti a fondamento della verifica.
Avverso tale sentenza G.A. propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi. Resiste l’Agenzia delle entrate mediante controricorso.
Con ordinanza interlocutoria del 14 marzo 2019 la Corte rinviava la causa a nuovo ruolo disponendo l’acquisizione del fascicolo d’ufficio presso la CTR.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 31 (art. 360 c.p.c., n. 4) per omessa comunicazione alla parte appellata dell’avviso di trattazione della causa innanzi alla CTR con conseguente violazione del principio del contraddittorio, evidenziando altresì la propria regolare costituzione in giudizio e l’avvenuto inserimento, a causa di un errore riconosciuto dalla segreteria, delle proprie controdeduzioni all’interno di un fascicolo di altro giudizio a carico dell’appellato.
2. Con il secondo motivo lamenta la violazione del principio del contraddittorio e del diritto di difesa (art. 360 c.p.c., n. 4), non avendo la CTR preso in esame gli atti di parte appellata.
3. Con il terzo motivo si duole dell’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5), avendo la CTR, sempre a causa del predetto errore, considerato contumace la parte costituita, omettendo di conseguenza qualsiasi riferimento, nella parte motiva, alle deduzioni contenute negli atti difensivi.
4. I motivi, che possono essere congiuntamente esaminati in quanto connessi, sono infondati.
4.1 Dall’esame del fascicolo del giudizio di merito, acquisito a seguito di specifica richiesta di cui all’ordinanza interlocutoria del 14 marzo 2019, non emerge alcun dato dal quale possa ricavarsi che il contribuente, vittorioso nel giudizio di prime cure innanzi alla Commissione provinciale di Cosenza, si sia poi ritualmente costituito innanzi alla Commissione tributaria regionale la quale, infatti, nell’impugnata sentenza ha dato atto della sua mancata costituzione.
4.2 Secondo il ricorrente la prova della regolarità della costituzione in giudizio dovrebbe ricavarsi dalla ricevuta di deposito n. 87 d’ordine rilasciata dalla Commissione regionale.
4.3 L’esame diretto di tale ricevuta, tuttavia, non prova in alcun modo che quanto attestato dalla segreteria della Commissione di secondo grado sia riferibile proprio al giudizio promosso dall’Ufficio avverso la sentenza n. 74/10/2006 della Commissione provinciale di Cosenza: tale ricevuta, recante il numero 87 d’ordine, attesta l’avvenuto deposito da parte dell’attuale ricorrente, in data 13.9.2007, di controdeduzioni in n. 2 copie, senza che vi sia alcuna prova riguardo alla riferibilità di tali controdeduzioni al giudizio sopra indicato, tanto più che lo stesso ricorrente ammette l’esistenza di altro giudizio a suo carico, pendente presso la stessa Commissione regionale.
4.4 Non potendosi pertanto ritenere raggiunta la prova circa l’avvenuta costituzione del ricorrente nel giudizio di appello, le ragioni di doglianza, tutte riguardanti l’asserita violazione del principio del contraddittorio, sono infondate.
5. Il ricorso va dunque rigettato e le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Pone le spese del giudizio di legittimità a carico del ricorrente, liquidandole in Euro 3.700poltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 10 febbraio 2020.
Depositato in Cancelleria il 25 settembre 2020