Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2019 del 26/01/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 26/01/2017, (ud. 15/12/2016, dep.26/01/2017),  n. 2019

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDIS Giulio – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13975/2015 proposto da:

A.V., B.A., D.F.L., elettivamente

domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE SUPREMA DI

CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato VINCENZO RICCARDI,

giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

COMUNE SAN GIORGIO A CREMANO, in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE, SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato FRANCESCO GAIA, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 30/2015 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI del

08/01/2015, depositata il 26/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

15/12/2016 dal Consigliere Dott. FABRIZIA GARRI;

udito l’Avvocato SERGIO LONGHI per delega orale dell’Avvocato CAIA

FRANCESCO, che si riporta agli scritti.

Fatto

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

La Corte di appello di Napoli per quanto ancora interessa ha accolto il gravame proposto dal Comune di San Giorgio a Cremano ed ha rigettato le domande proposte da B.A., D.F.L. e A.V., vigili urbani in servizio presso il Comune, di accertamento del diritto al risarcimento del danno conseguente al mancato godimento, per esigenze aziendali e senza ulteriore riposo compensativo, del riposo settimanale nel periodo dal 1.1.1997 al 20.6.2001 oltre che del diritto alla corresponsione dello straordinario festivo in relazione alle ore effettuate nelle domeniche lavorate.

Per la cassazione della sentenza ricorrono i lavoratori che articolano sei motivi cui resiste il Comune di San Giorgio a Cremano con tempestivo controricorso.

I ricorrenti hanno depositato memoria con la quale insistono nelle conclusioni già prese ed evidenziando che in altre analoghe controversie la Corte di appello di Napoli ha rimesso le parti davanti al giudice di primo grado avendo ritenuto che sussistesse sull’intera domanda (ed anche quindi per il periodo antecedente al 1998 rispetto al quale il Tribunale aveva dichiarato il difetto di giurisdizione) la giurisdizione del giudice ordinario.

Tutto ciò premesso, sulle censure formulate e sulle osservazioni svolte nella memoria, si osserva quanto segue:

1.- la sentenza non è incorsa nel denunciato vizio di violazione degli artt. 99 e 112 c.p.c. e nel divieto di reformatio in peius atteso che con l’atto di appello il Comune di San Giorgio a Cremano ha censurato la sentenza di primo grado sotto tutti gli aspetti evidenziando che la qualifica del ricorrente (vigile urbano) giustifica la prestazione dell’attività secondo turni che possono protrarsi anche per sette giorni consecutivi retribuiti perciò con maggiorazioni contrattualmente previste comprensive di ogni ulteriore indennità prevista dal contratto per altre e diverse situazioni. Il Comune ha poi sottolineato che il ricorrente aveva percepito tutti i compensi lui spettanti sulla base della contrattazione collettiva. Si tratta di contestazione radicale della spettanza di compensi diversi da quelli già erogati fondata sulla particolare organizzazione della prestazione a cagione del compito svolto dal lavoratore e dalla previsione di un compenso specifico connesso al disagio che ne consegue.

2.- non sussiste la denunciata violazione in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, artt. 2087 e 2109 c.c. e dell’art. 36 Cost., nè la violazione del D.Lgs. n. 66 del 2003, art. 1, sul lavoro turnista e degli artt. 22 e 24 del c.c.n.l. del 14.9.2000 in relazione al pagamento dello straordinario svolto nel giorno domenicale (secondo e terzo motivo di ricorso). Neppure è ravvisabile l’omesso esame della censura che investiva l’esistenza dei presupposti per il risarcimento del danno da usura psico fisica (ultimo motivo del ricorso per cassazione).

Va premesso che sulla base della contrattazione collettiva applicabile (artt. 22 e 24 del c.c.n.l. 14.9.2000:

2.1.- al dipendente che per particolari esigenze di servizio non usufruisce del giorno di riposo settimanale deve essere corrisposta la retribuzione giornaliera di cui all’art. 52, comma 2, lett. b) maggiorata del 50%, con diritto al riposo compensativo da fruire di regola entro 15 giorni e comunque non oltre il bimestre successivo.

2.2.- L’attività prestata in giorno festivo infrasettimanale dà titolo, a richiesta del dipendente, ad un equivalente riposo compensativo o alla corresponsione del compenso per lavoro straordinario con la maggiorazione prevista per il lavoro straordinario festivo.

2.3.- L’attività prestata in giorno feriale non lavorativo, a seguito di articolazione di lavoro su cinque giorni, da titolo, a richiesta del dipendente, a equivalente riposo compensativo o alla corresponsione del compenso per lavoro straordinario non festivo.

2.4.- La maggiorazione di cui al comma 1 è cumulabile con altro trattamento accessorio collegato alla prestazione.

2.5.- Anche in assenza di rotazione per turno, nel caso di lavoro ordinario notturno e festivo è dovuta una maggiorazione della retribuzione oraria di cui all’art. 52, comma 2, lett. b), nella misura del 20%; nel caso di lavoro ordinario festivo – notturno la maggiorazione dovuta è del 30%.

Con le sentenze n. 2088 del 24.2.2012 e n. 8458 del 9.4.2010 è stato osservato che “le richiamate disposizioni negoziali vanno lette nel senso che al personale turnista che presti attività lavorativa in giornata festiva infrasettimanale, come in quella domenicale, secondo le previsioni del turno di lavoro, spetta solo il compenso previsto dall’art. 22, comma 5, secondo alinea (maggiorazione del 30% della retribuzione)”. “Resta perciò escluso che nell’ipotesi considerata possa farsi riferimento al diverso istituto dello straordinario, che presuppone necessariamente il superamento dell’orario contrattuale di lavoro”. “1 primi tre commi dell’art. 24, prendono in considerazione l’attività lavorativa prestata, in via eccezionale ovvero occasionale, in giorni non lavorativi, attività che comporta il superamento del limite di orario settimanale, cosicchè, proprio perchè individua situazioni non ordinarie, non riguarda i lavoratori inseriti in prestabiliti turni di lavoro che possono essere, conseguentemente, chiamati in via ordinaria a svolgere le proprie prestazioni sia nei giorni feriali non lavorativi (vedi art. 24, comma 3) sia nelle giornate festive, nei rispetto degli obblighi derivanti dalla periodica predisposizione dei predetti turni di lavoro”. “La clausola contenuta nell’art. 24, comma 5, come si evince chiaramente dalla formulazione del testo, si riferisce proprio al caso del dipendente che, fuori delle ipotesi di turnazione, ordinariamente, in base al suo orario di lavoro, è tenuto ad effettuare prestazioni lavorative di notte o in giorno festivo settimanale (come nel caso di dipendente che vi sia tenuto in base ad una particolare programmazione plurisettimanale dell’orario di lavoro, ai sensi dell’art. 17, comma 4, lett. b) del CCNL del 6.7.1995) e gli assicura una maggiorazione di retribuzione compensativa del disagio, dimostrando così come t’articolo in questione non concerna la regolamentazione del lavoro secondo turni”.

Ne segue che “per i lavoratori in turno, deve trovare applicazione la sola speciale disciplina dettata dall’art. 22, mentre l’art. 24 ha ad oggetto fattispecie lavorative ed ipotesi diverse dal turno. Soltanto il lavoratore in turno chiamato a prestare, in via eccezionale ovvero occasionale, la propria attività nella giornata di riposo settimanale che gli compete in base al turno assegnato, ovvero in giornata festiva infrasettimanale al di là dell’orario ordinario, ha diritto all’applicazione della disciplina dell’art. 24, comma 2”.

L’art. 24 contempla, ai primi tre commi, l’ipotesi di eccedenza, in forza del lavoro prestato in giorno non lavorativo, rispetto all’orario normale di lavoro, mentre l’art. 22 compensa il disagio del lavoro secondo turni, turni nei quali possono cadere giornate festive infrasettimanali, ma senza che la prestazione ecceda i normale orario di lavoro (cfr. Cass. n. 8458 del 2010 e 2088 del 2012 cit. ed anche n. 23646 del 2012 e recentemente ord. 6-L. n. 14038 del 2014).

Solo quando la prestazione dei turnisti ecceda l’orario normale, l’indennità richiesta, in ipotesi di mancata fruizione del riposo compensativo, si cumula con il compenso di cui all’art. 22 c.c.n.l..

Come rilevato dal giudice di merito, con accertamento in fatto in questa sede non censurabile, il caso in esame rientra nella previsione dell’art. 22 citato e dunque nulla spetta non essendosi realizzate le condizioni per l’applicazione della diversa disposizione collettiva.

Quanto alla richiesta di risarcimento del danno va rilevato che la Corte di merito nell’esaminare la domanda sotto entrambi i profili nei quali era prospettata (danno da usura psico-fisica e danno all’integrità fisica) ha fatto corretta applicazione dei principi reiteratamente affermati da questa Corte evidenziando che il primo ha natura contrattuale perchè correlato ad un inadempimento datoriale che, necessariamente, presuppone e che nella specie non ricorre avendo verificato che le scelte organizzative adottate dal datore di lavoro non si pongono in contrasto con norme imperative per le ragioni che si sono sopra enunciate. Il secondo (danno all’integrità fisica reclamato in relazione alle domeniche lavorate) ha natura extracontrattuale non risulta supportato da allegazioni sufficienti.

3.- Inammissibile infine la censura che investe la sentenza sotto il profilo dell’omessa, insufficiente c/o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo per il giudizio.

La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, applicabile nel presente procedimento posto che la sentenza è stata depositata l’11 marzo 2014, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione, di tal che è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali.

Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (cfr. Cass. s.u. n. 8053 e 8054 del 2014).

Al contrario la censura contenuta nel ricorso risulta parametrata al vecchio testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e perciò è inammissibile. Per tutto quanto sopra considerato il ricorso complessivamente manifestamente infondato deve essere respinto con ordinanza in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c., n. 5.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

La circostanza che il ricorso sia stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013 impone di dar atto dell’applicabilità del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17. Invero, in base al tenore letterale della disposizione, il rilevamento della sussistenza o meno dei presupposti per l’applicazione dell’ulteriore contributo unificato costituisce un atto dovuto, poichè l’obbligo di tale pagamento aggiuntivo non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo – ed altrettanto oggettivamente insuscettibile di diversa valutazione – del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, dell’impugnazione, muovendosi, nella sostanza, la previsione normativa nell’ottica di un parziale ristoro dei costi del vano funzionamento dell’apparato giudiziario o della vana erogazione delle, pur sempre limitate, risorse a sua disposizione (così Cass., Sez. Un., n. 22035/2014).

PQM

Rigetta il ricorso.

Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 3000,00 per compensi professionali, Euro 100,00 per esborsi, 15% per spese forfetarie ed accessori dovuti per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dell’art. 13, comma 1 bis del citato D.P.R..

Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2017

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