Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20186 del 18/08/2017


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Cassazione civile, sez. I, 18/08/2017, (ud. 07/06/2017, dep.18/08/2017),  n. 20186

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:

P.R., G.A., PA.FR.,

GU.CE., D.S.A., M.M., D.P.S., in

qualità di soci ed ex consiglieri di amministrazione non esecutivi

della banca di Credito Cooperativo di Aversa scarl, rappr. e dif.

dall’avv. Francesco Fimmanò, elett. dom. in Roma, presso lo studio

legale Caravella, in via Tuscolana n. 16, come da procura a margine

dell’atto;

– ricorrente –

contro

BANCA DI CREDITO COOPERATIVO DI AVERSA S.C. A R.L. in l.c.a., in

persona del commissario liquidatore di.To.Ni.Ro.,

rappr. e dif. dall’avv. Michele Sandulli, elett. dom. in Roma,

presso lo studio di questi, in via XX Settembre n.3, come da procura

a margine dell’atto;

– controricorrente –

GI.EN., rappr. e dif. dall’avv. Michele Angelo Basile,

elett. dom. in Roma, presso Giuliano Domenico, in via Caneva n.7,

come da procura a margine dell’atto;

– controricorrente ricorrente in via incidentale –

per la cassazione della sentenza App. Napoli 7.12.2010, in R.G.V.G.

n. 5443/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

giorno 7 giugno 2017 dal Consigliere relatore dott. Massimo Ferro;

udito il P.M. in persona del sostituto procuratore generale dott.

Cardino Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. P.R., G.A., PA.FR., GU.CE., D.S.A., M.M., D.P.S., in qualità di soci ed ex consiglieri di amministrazione non esecutivi della banca di Credito Cooperativo di Aversa scarl, impugnano la sentenza App. Napoli 7.12.2010, in R.G. n. 5443/2009, con cui è stato respinto il loro reclamo avverso la sentenza Trib. S.M. Capua Vetere 18.9.2009 dichiarativa dello stato di insolvenza della predetta banca, resa su istanza del commissario liquidatore della l.c.a.

2. Ritenne la corte di dover superare i motivi di impugnazione, attinenti a: a) dedotta improcedibilità del ricorso – dubitato di utilità pratica, avendo il commissario proponente ceduto l’azienda bancaria a terzi, con accollo anche dei debiti, contestualmente alla messa in l.c.a. – poichè si trattava di iniziativa dovuta, “in presenza delle riscontrate condizioni normative di rilievo pubblicistico”; b) contrasto con la prosecuzione dell’attività, con aumento della raccolta; c) erroneità dei risultati della ispezione di vigilanza di Banca d’Italia, procedimento cui i reclamanti erano rimasti estranei; d) omessa considerazione dell’avviamento; e) necessità di una CTU contabile per riverifica dell’insolvenza, posto che le contestazioni da b) ad e) non trovavano fondamento in molteplici dati attestanti invece lo stato di decozione alla data della messa in l.c.a. Invero, dalla vigilanza di Banca d’Italia erano emersi a gennaio 2009 crediti in sofferenza e incagli per circa 10,7 milioni di euro, una perdita di esercizio di circa 4 milioni, alti immobilizzi infruttiferi ed elevati oneri per la raccolta, con patrimonio assorbito dal deficit di circa 867 mila Euro, oltre che sbilancio tra debiti verso clienti (per 10,8 milioni di Euro) e crediti per 7,2 con liquidità ridotta a 52 mila Euro. Tale situazione era stata confermata dalla disposta C.T.U., che aveva concluso per un patrimonio netto negativo al 13.2.2009 per circa 2,25 milioni di Euro, senza apprezzabile scostamento per le posizioni di sofferenza per come corrette ed essendo irrilevante, per il giudizio d’insolvenza, il valore d’avviamento.

3. Il ricorso è su due motivi, cui resiste con controricorso la banca in l.c.a., mentre GI.EN. ha depositato controricorso e ricorso incidentale a propria volta su due motivi, premessa la propria qualità di già reclamante in quanto socio, nonchè cessato membro del c.d.a. senza funzioni delegate, dopo aver anch’egli contestato l’insufficiente analisi delle partite di crediti problematici e l’appiattimento sugli accertamenti ispettivi della domanda del commissario liquidatore, per come accolta.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo complesso motivo viene dedotta dai ricorrenti principali la violazione degli artt. 24 Cost., 61, 101, 112, 115, 116 e 195 c.p.c., L. Fall., art. 18, nonchè il vizio di motivazione, avendo erroneamente la corte dato atto del recepimento delle osservazioni del C.T.P. dei reclamanti e negato l’ingresso nel giudizio di note critiche alla C.T.U. depositate in udienza e comunque valutate irrilevanti, con ciò acquisendo acriticamente le risultanze della C.T.U., carenti nella ricostruzione della situazione patrimoniale per come condizionata dall’esame dei crediti critici.

2. Con il secondo motivo si censura la violazione delle norme relative all’insolvenza della banca, dunque gli artt. 82 TUB e L. Fall., art. 5, nonchè ed ancora il vizio di motivazione, avendo la corte trascurato in un giudizio prognostico di medio periodo – la specificità della nozione con riguardo al tipo d’impresa, in ragione di fattori nella specie non apprezzati insieme come la capienza patrimoniale, la suscettibilità di intervento con operazioni straordinarie, la liquidità, essendo stato conferito unico rilievo al deficit patrimoniale.

3. Con il primo motivo del ricorso incidentale si deduce la violazione dell’art. 14 TUB, le istruzioni di vigilanza richiamate dal D.Lgs. n. 87 del 1992, il D.Lgs. n. 38 del 2005, art. 9 nonchè il vizio di motivazione, avendo erroneamente la corte omesso di apprezzare il mancato rispetto dei principi contabili di fair vacue, dettati in tema di redazione dei bilanci a carico della banca, per come essi avrebbero consentito di negare lo stato d’insolvenza rispetto ai crediti critici.

4. Con il secondo motivo del ricorso incidentale si deduce la violazione delle circolari 229 del 21.4.2009, n. 262 del 22.12.2005 B. d’It., ed anche 272 del 30.7.2008, nonchè il vizio di motivazione, non avendo considerato la corte l’erroneo passaggio in bilancio alla voce crediti in sofferenza o a perdita di crediti in realtà ancora esigibili o comunque non idoneamente vagliati, nè nel bilancio nè nella C.T.U.

5. Il primo motivo è inammissibile, difettando lo stesso di un’analitica indicazione di tutti i limiti rilevanti della C.T.U. e, per la parte di essa recepita, della sentenza che, condividendone l’esito, ha ricostruito il valore critico delle posizioni a sofferenza ed in incaglio, illustrate – per sintesi di risultati – in relazione causale rispetto al complessivo giudizio d’insolvenza, laddove la censura non ha enunciato in modo sufficiente la decisività dei difetti di analisi prospettati in raffronto all’oggetto del giudizio (Cass. 16368/2014, 13845/2007), cioè l’accertamento dello stato d’insolvenza della banca all’epoca della messa in l.c.a., da condursi secondo le regole di celerità del procedimento camerale di cui alla L. Fall., art. 18, per come richiamato dalla L. Fall., art. 195 e art. 82 TUB. Ne consegue che il motivo si risolve in una mera richiesta di diverso apprezzamento del fatto cui sono giunti i giudici di merito, nemmeno potendo coincidere la mancata condivisione delle conclusioni del C.T.P. in una violazione procedurale, essenziale ai fini del contraddittorio e non dedotta invero per alcun tratto di chiara decisività.

6. Il secondo motivo è inammissibile, oltre che per un profilo generale di astrattezza rispetto alla fattispecie, altresì – ai sensi dell’art. 360bis c.p.c., n. 1 – per essersi il giudice di merito conformato al principio, cui va data continuità, per cui “lo stato di insolvenza di una banca sottoposta a liquidazione coatta amministrativa – la cui sussistenza, ai sensi del D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385, art. 82, comma 2, deve essere riscontrata con riferimento al momento dell’emanazione del provvedimento di liquidazione – si traduce, sulla base della generale previsione della L. Fall., art. 5, applicabile in assenza di autonoma definizione, nel venir meno delle condizioni di liquidità e di credito necessarie per l’espletamento della specifica attività imprenditoriale. La peculiarità dell’attività bancaria la quale implica che l’impresa che la esercita disponga di molteplici canali di accesso al reperimento di liquidità per impedire la suggestione della corsa ai prelievi – fa peraltro sì che assuma particolare rilevanza indiziaria, circa il grado di irreversibilità della crisi, il “deficit” patrimoniale, che si connota come dato centrale rispetto sia agli inadempimenti che all’eventuale illiquidità.” (Cass. 9408/2006).

7. L’esame del ricorso incidentale del controricorrente Gi. si connette all’aver anch’egli premesso la mancata pregressa notifica della sentenza, pervenutagli unitamente alla notifica del ricorso principale (cui mostra di aderire) e a far data dalla quale va computata la sua rituale proposizione, sussistente perchè nei 60 giorni.

8. Entrambi i motivi del ricorso incidentale sono inammissibili, contravvenendo essi, per un comune profilo, al principio per cui “qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, è onere della parte ricorrente, al fine di evitarne una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso stesso, di indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Suprema Corte di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta questione” (Cass. 23675/2013). Il secondo motivo, inoltre, riflette il medesimo limite proprio del primo motivo del ricorso principale, per la parte in cui invoca un diverso, inammissibile, apprezzamento di fatto delle circostanze sintomatiche dell’insolvenza della banca, per come ricostruite dal giudice di merito.

9. Pertanto entrambi i ricorsi vanno dichiarati inammissibili, con condanna alle spese dei ricorrenti secondo la regola della soccombenza e liquidazione come da dispositivo.

PQM

 

La Corte dichiara inammissibili il ricorso principale e il ricorso incidentale; condanna entrambi i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del procedimento di legittimità, liquidate in Euro 20.200 (di cui Euro 200 per esborsi), oltre al 15% a forfait sui compensi e agli accessori di legge, in favore del controricorrente.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 7 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 18 agosto 2017

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