Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20186 del 07/10/2016


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Cassazione civile sez. trib., 07/10/2016, (ud. 27/09/2016, dep. 07/10/2016), n.20186

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALVAGO Salvatore – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – rel. Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19440/2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) SRL, in persona del Curatore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA CIVITAVECCHIA 7, presso lo

studio dell’avvocato PIERPAOLO BAGNASCO, rappresentato e difeso

dall’avvocato GIUSEPPE CIARAMELLA giusta delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 53/2012 della COMM. TRIB. REG. di NAPOLI,

depositata il 30/01/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/09/2016 dal Consigliere Dott. RAFFAELE SABATO;

udito per il controricorrente l’Avvocato CIARAMELLA che ha chiesto il

rigetto;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DEL CORE Sergio, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’agenzia delle Entrate ha notificato alla società (OMISSIS) s.r.l. – poi sottoposta a fallimento – avviso di accertamento con il quale sono stati rettificati i ricavi dell’esercizio per l’anno di imposta (OMISSIS), con conseguenti maggiori I.re.s. per Euro 204.604, I.v.a. per Euro 83.887 e I.r.a.p. per Euro 26.350, oltre sanzioni.

La commissione tributaria provinciale di Caserta ha accolto il ricorso proposto dalla curatela.

La sentenza, appellata dall’agenzia, è stata confermata dalla commissione tributaria regionale della Campania in Napoli, che ha ritenuto che le gravi incongruenze richieste per legittimare l’accertamento induttivo sulla base dello studio di settore non possano desumersi dal solo programma Ge.ri.co., essendo necessari ulteriori indicatori; ha sottolineato la sopravvenienza del fallimento e la situazione di crisi.

Avverso questa decisione l’agenzia propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, rispetto al quale la contribuente resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Preliminarmente deve affermarsi l’ammissibilità del ricorso, disattendendosi le censure sul punto mosse nel controricorso. Invero, benchè siano effettivamente riportati mediante fotocopiatura, all’interno del ricorso, brani dell’avviso di accertamento e dell’atto di appello, trattasi di selezioni testuali coerenti con l’esigenza espositiva, e tali da non mettere in discussione la sommarietà della stessa.

2. – Con il primo motivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’agenzia denuncia insufficiente motivazione circa il fatto decisivo – sussistente e invece affermato come insussistente – dell’avere l’agenzia fornito gli elementi integrativi rispetto agli studi di settore, specificamente richiamati nell’avviso di accertamento e nello stesso atto di appello, costituiti dall’omessa adesione all’invito al contraddittorio e dall’antieconomicità della gestione aziendale.

3. – Con il secondo motivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, l’agenzia denuncia la nullità della sentenza del D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 36, comma 2 e art. 132 c.p.c., in combinazione con l’art. 118 disp. att. c.p.c.. Sostiene che, nel “sottolineare quanto già motivato dai primi decidenti con riferimento al sopraggiungere del fallimento della società ecc.”, il brano motivazionale contenuto nella sentenza non si possa qualificare quale idonea motivazione “per relationem”, non essendo espresse neppure sinteticamente le ragioni dell’adesione dei secondi giudici alla sentenza dei primi.

4. – Con il terzo motivo l’agenzia denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d). Deduce essere stato pienamente legittimo l’accertamento induttivo effettuato dall’agenzia ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), sulla base degli studi di settore di cui al D.L. n. 381 del 1993, art. 62 bis, nonchè sulla base di ulteriori concreti elementi di valutazione riguardanti la specificità della medesima società contribuente, sopra riepilogati; in tal senso avrebbe errato la commissione tributaria regionale nell’annullare l’accertamento emesso in quanto ritenuto basato esclusivamente sugli studi di settore in mancanza di elementi di conforto.

5. – Con il quarto motivo, sempre in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’agenzia denuncia altresì la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1 nn. 3 e 4 e art. 32, comma 2, lett. d-bis), in relazione all’art. 2697 c.c.. Sostiene che, quand’anche si dovesse accedere alla tesi che l’accertamento fosse stato fondato, come ritenuto dalla commissione regionale, sui soli studi di settore, la commissione stessa avrebbe dovuto tenere conto che in base alle predette norme la mancata adesione del contribuente all’invito a partecipare al contraddittorio di per sè legittimava l’accertamento induttivo (art. 39 cit. nel testo vigente all’epoca).

6. – Il primo e il terzo motivo sono strettamente connessi, e vanno congiuntamente esaminati, essendo relativi, dai diversi punti di vista dell’art. 360 c.p.c., comma 1, ex nn. 3 e 5, all’essere necessario o meno e all’essere stato dedotto o meno dall’ufficio un qualche elemento probatorio ulteriore ai dati degli studi di settore. Dovendo accogliersi tali motivi, resta assorbito l’esame del secondo motivo, relativo alla censura di un passaggio motivazionale, posto che in conseguenza della cassazione dovrà procedersi a nuova valutazione, nonchè del terzo, afferente al profilo complementare della dedotta sufficienza “ex se” delle risultanze degli standard, se corroborate dal contraddittorio, anche eventualmente mancato per volontà del contribuente.

7. – La commissione tributaria regionale della Campania in Napoli ha, come detto, ritenuto che le gravi incongruenze richieste per legittimare l’accertamento induttivo sulla base dello studio di settore non possano desumersi dai dati derivati dal programma Ge.ri.co., essendo necessari ulteriori indicatori. Nel così decidere, la commissione regionale si è posta contro la disciplina sopra indicata, secondo la quale, in base a costante orientamento di questa corte (v. ad es. sez. un. n. 26635 del 2009 e sez. 5, n. 11633 del 2013 e n. 17646 del 2014), l’accertamento tributario standardizzato costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli standard in sè considerati – meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività – ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente. In tale sede, questi ha l’onere di provare, senza limitazione di mezzi e contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui possono essere applicati gli standard o la specifica realtà dell’attività economica nel periodo di tempo in esame, mentre la motivazione dell’atto di accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma va integrata con la dimostrazione dell’applicabilità in concreto dello standard prescelto e le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate. L’esito del contraddittorio, tuttavia, non condiziona l’impugnabilità dell’accertamento, potendo il giudice tributario liberamente valutare tanto l’applicabilità degli standard al caso concreto, da dimostrarsi dall’ente impositore, quanto la controprova offerta dal contribuente che, al riguardo, non è vincolato alle eccezioni sollevate nella fase del procedimento amministrativo.

8. Nel caso di specie, atteso che la sentenza impugnata ha ritenuto fossero necessari elementi di conforto alle risultanze dello standard, essa non ha fatto buon governo dell’anzidetto riparto dell’onere della prova, che pone a carico dell’ufficio oneri incontestatamente assolti nel caso di specie (applicabilità – pacifica – dello standard e elementi di replica a contestazioni del contribuente, contestazioni nel caso in esame non formulate), nè ha tenuto conto in generale degli esiti del contraddittorio (che l’agenzia ritiene mancato, mentre la contribuente – v. p. 5 del controricorso – dichiara, anche sulla base del testo dell’avviso, attivato ma oggetto di rinvio poi senza esito). Ne deriva quindi la fondatezza dei predetti primo e terzo motivo, senza che sia necessario esaminare il quarto motivo pur concernente il profilo complementare – che già trova soluzione nell’indicato orientamento giurisprudenziale – della sufficienza dell’accertamento in base agli standard se confortato dagli esiti del contraddittorio.

9. Ne discende che la sentenza va cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla commissione tributaria regionale della Campania in Napoli, in diversa composizione, affinchè la stessa applichi l’enunciato principio di diritto e fornisca più adeguata motivazione, provvedendo altresì sulle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il primo e il terzo motivo di ricorso, assorbiti il secondo e il quarto, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla commissione tributaria regionale della Campania in Napoli, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile, il 27 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 7 ottobre 2016

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