Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20185 del 25/07/2019

Cassazione civile sez. II, 25/07/2019, (ud. 22/01/2019, dep. 25/07/2019), n.20185

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14643/2017 proposto da:

G.S., elettivamente domiciliato in ROMA, V.LE

DELL’UMANESIMO 69, presso lo studio dell’avvocato CARMELA DEL PRETE,

che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

C.F.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 7461/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 12/12/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/01/2019 dal Consigliere GIUSEPPE TEDESCO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MISTRI Corrado, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato DEL PRETE Carmela, difensore del ricorrente che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

G.S., in qualità del legale rappresentante dello Studio Associato G., U. & Associati, chiamava in giudizio davanti al Tribunale di Roma C.F., al fine di ottenere la condanna del convenuto al pagamento della somma di Euro 10.167,99, a titolo di compenti maturati per l’attività svolta in suo favore.

A sostegno della domanda deduceva che il convenuto gli aveva conferito, come socio dello studio G. U. & Associati, un incarico di assistenza in merito alla soluzione di un contenzioso con la banca Monte dei Paschi di Siena.

Lamentava che l’incarico era stato portato a termine, tramite la conclusione di un accordo transattivo con l’istituto bancario, ma il cliente, nonostante vari solleciti, non aveva corrisposto quanto dovuto.

Instauratosi il contraddittorio il tribunale rigettava la domanda, accogliendo la eccezione di difetto di legittimazione attiva proposta dal cliente.

La Corte d’appello di Roma confermava la sentenza.

Essa condivideva la valutazione del primo giudice in ordine al fatto che gli elementi acquisiti alla causa comprovavano che l’incarico era stato conferito al singolo professionista e non collettivamente ai componenti lo studio.

Secondo la corte il carattere personale dell’incarico, contraddistinto dal carattere personale e fiduciario che caratterizza le prestazioni professionali protette, ne impediva l’estensione a tutti i professionisti dello studio associato, alla stregua di un mandato conferito agli stessi collettivamente e impersonalmente.

Per la cassazione della sentenza G.S., nella qualità di legale rappresentante dello Studio G. U. & Associati, ha proposto ricorso affidato a un unico motivo.

C.F. è rimasto intimato.

La causa, originariamente avviata per la trattazione dinanzi alla Sesta Sezione Civile della Corte, è stata da questa rimessa alla pubblica udienza con ordinanza del 5 ottobre 2018.

Il ricorrente ha depositato memoria in prossimità dell’udienza pubblica.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

L’unico motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 75 c.p.c., dei principi generali in materia di obbligazioni e contratti e degli art. 18 e 36 Cost..

La sentenza è censurata perchè la corte di merito ha negato la legittimazione attiva dello studio associato in base al rilievo che il cliente aveva conferito il mandato al singolo professionista e non collettivamente a tutti i professionisti dello studio.

Si sostiene che la corte d’appello ha confuso due aspetti che sono invece distinti.

Il cliente ha certamente il diritto di pretendere che la prestazione sia resa dal professionista a cui aveva conferito l’incarico. Ciò non esclude, però, la facoltà del professionista di avvalersi della propria struttura per lo svolgimento dell’attività e quindi indicare lo studio quale destinatario del pagamento, in base alla decisione, insindacabile e discrezionale, di attribuire il compenso all’associazione professionale.

Nel caso in esame, del resto, il cliente era ben consapevole che la complessità dell’incarico, coinvolgente questioni sia giuridiche e sia finanziarie, imponeva il coinvolgimento dei diversi professionisti dello studio associato.

In ogni caso il ricorrente evidenzia che l’evoluzione giurisprudenziale in materia impone di riconoscere la legittimazione attiva dello studio associato al fine di ottenere il pagamento del compenso spettante al singolo associato, e ciò in base ai principi in materia di associazioni non riconosciute, nel cui ambito deve farsi rientrare anche il fenomeno delle associazioni fra professionisti.

In questo senso i giudici di merito hanno trascurato che il Dott. G., oltre ad essere il professionista incaricato dal cliente, era il fondatore e il rappresentante legale dello studio e, inoltre, che l’avviso di fattura emesso a conclusione dell’incarico era intestato a Studio G. U. & Associati.

Il ricorso è fondato.

L’art. 36 c.c., stabilisce che l’ordinamento interno e l’amministrazione delle associazioni non riconosciute sono regolati dagli accordi tra gli associati, che ben possono attribuire all’associazione la legittimazione a stipulare contratti e ad acquisire la titolarità di rapporti, poi delegati ai singoli aderenti e da essi personalmente curati. Ne consegue che, ove il giudice del merito accerti tale circostanza, sussiste la legittimazione attiva dello studio professionale associato – cui la legge attribuisce la capacità di porsi come autonomo centro d’imputazione di rapporti giuridici – rispetto ai crediti per le prestazioni svolte dai singoli professionisti a favore del cliente conferente l’incarico, in quanto il fenomeno associativo tra professionisti può non essere univocamente finalizzato alla divisione delle spese ed alla gestione congiunta dei proventi (Cass. n. 15694/2011; n. 15417/2016; n. 9927/2018).

In contrasto con tali principi la corte di merito ha negato la legittimazione attiva dello studio a priori e in linea di principio, in base al rilievo che l’incarico, riguardante una prestazione caratterizzata dall’intuitu personae, fu conferito al singolo professionista, mentre tale circostanza, come emerge dai principi di cui sopra, non contraddice, per ciò solo, la legittimazione dello studio ad agire per il pagamento.

In altre parole la legittimazione dello studio associato non può essere esclusa in modo aprioristico, essendo invece necessario far riferimento alla specifica organizzazione interna, individuando in definitiva la volontà dell’associazione.

In accoglimento del ricorso la sentenza va pertanto cassata, con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Roma, che provvederà a nuovo esame attenendosi ai principi di cui sopra e regolerà le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il ricorso; cassa la sentenza; rinvia ad altra sezione della Corte d’appello di Roma anche per le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile, il 22 gennaio 2018.

Depositato in Cancelleria il 25 luglio 2019

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