Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20181 del 25/07/2019

Cassazione civile sez. un., 25/07/2019, (ud. 18/06/2019, dep. 25/07/2019), n.20181

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Primo Presidente f.f. –

Dott. MANNA Antonio – Presidente di Sezione –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – rel. Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1892/2018 proposto da:

COMUNE DI ARZACHENA, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, presso la CANCELLERIA

DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

STEFANO FORGIARINI;

– ricorrente –

contro

CIPNES – CONSORZIO INDUSTRIALE PROVINCIALE NORD EST SARDEGNA

“GALLURA” (già CINES – Consorzio Industriale Nord est Sardegna e

prima “CPSIO”), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE

DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MAURO BILOTTA;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

COMUNE DI ARZACHENA, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, presso la CANCELLERIA

DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

STEFANO FORGIARINI;

– controricorrente rispetto al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 385/2017 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,

depositata il 12/10/2017;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/06/2019 dal Consigliere FRANCESCO ANTONIO GENOVESE;

udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale Dott.

SALVATO Luigi, che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale, estinto l’incidentale;

uditi gli avvocati Stefano Forgiarini e Mauro Bilotta.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.-Nel corso del giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo rilasciato (per la somma di 480.496,12 Euro) dal Tribunale di Tempio Pausania in favore di CIPNES – Consorzio Industriale Provinciale Nord Est Sardegna “Gallura”, in ragione delle differenze non corrisposte riguardo alle somme indicate nelle fatture emesse dal Consorzio per il servizio di raccolta, trasporto e conferimento in discarica dei rifiuti solidi urbani, svolto nell’interesse del Comune di Arzachena, il giudice adito, respinte le eccezioni di difetto di giurisdizione (sulla base della qualificazione dell’accordo sottoscritto dalle parti nei termini propri di un appalto di servizi) e di nullità del negozio (perchè dedotta solo all’udienza fissata per la precisazione delle conclusioni), ha ridotto il quantum della condanna dell’ente locale alla minor somma di Euro 312.460,93, oltre accessori.

1.1.- Il giudice adito, per quanto ancora interessa, ha applicato in parte le penali pattuite, limitandole ad alcune ipotesi delle molteplici previsioni contestate dal Comune, ai sensi dell’art. 29, del capitolato allegato al patto negoziale, contenente l’elenco delle figure di violazioni sanzionabili, ma escludendone altre, anche in ragione della generica formulazione delle contestazioni.

2.- L’appello principale del Comune, proposto innanzi alla Corte d’appello di Cagliari – sezione di Sassari, tendente a censurare l’erroneità delle pronunce (sulla giurisdizione; sull’esclusione dell’invalidità del contratto; sulla limitata applicazione delle penali) da quest’ultima rese con il provvedimento impugnato, veniva totalmente disatteso, a differenza dell’impugnazione incidentale del Consorzio, parzialmente accolta con il riconoscimento di alcune voci di credito negate in prime cure.

2.1.-Ha osservato la Corte territoriale che, anche superando la prospettazione svolta (nei termini di una non regolare vicenda dell’appalto) dall’Amministrazione in primo grado, doveva essere

confermata la spettanza all’AGO della giurisdizione sulla controversia, nonostante le nuove deduzioni, perchè non era seriamente contestabile che il Consorzio avesse operato in qualità di “ente pubblico economico”, con una propria organizzazione e con propri mezzi, al palese scopo di ricavare utili, perciò al di fuori del modello dello svolgimento coordinato delle funzioni pubbliche, di cui all’art. 30 del TUEL di cui al D.Lgs. n. 267 del 2000, e alla L. n. 241 del 1990, art. 15.

2.2.-La delibera del consiglio comunale, n. 11 del 2003, non avrebbe affatto previsto un accordo tra due PA, finalizzato al perseguimento dell’interesse pubblico nel servizio di raccolta e gestione dei rifiuti, essendosi previsto – con la stipula di un contratto di servizi – la deroga alla previsione del procedimento competitivo, di cui all’art. 113, comma 14, del TUEL, di cui al menzionato D.Lgs. n. 267 (nel testo applicabile ratione temporis), essendo il Consorzio (a suo tempo costituito) già munito di impianti propri e di soggettività giuridica pubblica.

2.3.-Nè le sentenze menzionate dal Comune (quella resa dal TAR Sardegna, nel 2008, e quella della Corte d’appello di Cagliari, n. 87 del 2016) avrebbero rilevanza ai fini della qualificazione del rapporto convenzionale, atteso che la prima riguardava un giudizio sul provvedimento unilaterale assunto dal Comune per sciogliersi dal vincolo contrattuale e la seconda atteneva al pagamento dell’indennizzo preteso, ex art. 1761 c.c., dal Consorzio a seguito della recisione del rapporto giuridico da parte dell’ente locale.

3.- Quanto alla validità del contratto inter partes, negoziato in difetto della obbligatoria procedura di gara, il suo rilievo ufficioso era, da un lato, precluso dalla mancata tempestiva allegazione del relativo profilo causale (dal Comune solo tardivamente denunciato) mentre, dall’altro, la deroga al principio della necessità della gara, non giustificata da esigenze straordinarie, comportava – quanto alle conseguenze della violazione – solo l’inefficacia del contratto (in tal modo soltanto influendo dall’esterno gli atti amministrativi preordinati alla stipulazione del negozio), non la sua invalidità (in tal senso avendo esplicitamente concluso il giudice amministrativo).

3.1.- Secondo il giudice di appello (che ha richiamato la decisione del Consiglio di Stato n. 12629 del 2004), divenuto inefficace il contratto posto a base del monitorio, le prestazioni eseguite nell’esecuzione dei contratti di durata, nel segmento anteriore alla pronuncia di annullamento dell’atto presupposto, troverebbero la loro tutela con riferimento alle situazioni soggettive già consolidatesi (fino alla dichiarazione di inefficacia anzidetta) in capo ai terzi.

4.- Quanto, infine, alle doglianze relative alle penali per le ipotizzate mancanze contestate dal Comune al Consorzio, anch’esse sarebbero state infondate; diversamente dalle censure svolte proprio dal Consorzio, con il suo appello incidentale.

4.1. -In particolare, quanto a queste ultime, la Corte territoriale ha rilevato l’inosservanza della procedura prevista e stabilita nell’art. 29 del Capitolato allegato al contratto d’appalto, con particolare riferimento alle mancanze relative al rispetto dell’onere di immediata contestazione della violazione e all’esame – in tempi strettissimi delle giustificazioni fornite dal gestore del servizio.

5.- Per la cassazione della menzionata sentenza della Corte d’appello di Cagliari – Sezione di Sassari, il Comune di Arzachena ha proposto ricorso, con atto notificato il 21 dicembre 2017, sulla base di sei motivi, illustrati anche con memoria.

5.1. – Il Consorzio CIPNES ha resistito con controricorso ed ha proposto ricorso incidentale condizionato, quest’ultimo forte di un unico, articolato mezzo di cassazione, illustrato anche con memoria; ma in data odierna, rinunciato, con atto notificato al Comune.

5.2. – Il P.G., nella persona dell’Avv. Gen. Dott. Luigi Salvato, ha concluso affinchè la Corte rigetti il ricorso principale.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il ricorrente Comune di Arzachena, con i primi quattro mezzi di cassazione, denuncia l’errore commesso dalla Corte territoriale perchè, affermando la sussistenza della giurisdizione dell’AGO, avrebbe negato la corretta spettanza di essa all’AGA.

1.1. – In particolare, con il primo motivo (che denuncia violazione della L. n. 241 del 1990, artt. 11 e 15; artt. 30 e 113 TUEL; L. n. 448 del 2001, art. 35; art. 133, comma 1, lett. p) CPA, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 1 e 3) l’ente locale critica la qualificazione data dalla Corte territoriale al rapporto intercorso con il Consorzio, considerato come un contratto di appalto di servizi, e al soggetto contraente, identificato in un “ente pubblico economico”, soggetto perseguente conformemente al tipo – un proprio scopo lucrativo, incompatibile con la figura alternativa proposta: quella dell’accordo tra enti, ai sensi dell’art. 30 TUEL, di cui al D.Lgs. n. 267 del 2000, e della L. n. 241 del 1990, art. 15.

1.1.1. – La giurisdizione esclusiva del GA, invece, s’imporrebbe in ragione del fatto che – secondo la prospettiva indicata dal Comune la controversia attiene alla materia dei servizi pubblici locali (tale essendo il servizio di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti solidi urbani), in ordine ai quali la legge prevede un potere di vigilanza e di controllo sull’osservanza degli obblighi convenzionali posti a carico del gestore, con le conseguenze sanzionatorie (le penali) in caso di accertata loro violazione. In pratica, l’accordo inter partes non sarebbe un contratto ma una “convenzione di servizio”, stipulata ai sensi della L. n. 448 del 2001, art. 35, perciò rientrante negli “accordi amministrativi”, disciplinati dalla L. n. 241 del 1990, artt. 11 e 15, e art. 30 del TUEL di cui al D.Lgs. n. 267 del 2000, con la conseguente devoluzione delle relative controversie al GA, sia in considerazione dell’oggetto pubblico del contratto e sia della posizione di supremazia riservata all’Amministrazione (tra l’altro, titolare del potere di irrogare la “sanzione” in forma di penale, nel caso di lesione dell’interesse pubblico alla corretta gestione del servizio).

1.2. – Con il secondo motivo (che denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c.; L n. 448 del 2001, art. 35; art. 133, comma 1, lett. a), n. 2, CPA, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3) il Comune critica ancora una volta l’affermata sussistenza della giurisdizione dell’AGO da parte della Corte territoriale, specialmente laddove la motivazione mostra di non comprendere il perchè si è derogato alla gara, se – come si assume – il negozio fosse stato concluso (in data 2 luglio 2003) tra due PA. Secondo il ricorrente però, in tal modo, la Corte territoriale mostrerebbe di non comprendere proprio il fatto che l’atto, negoziato ai sensi della L. n. 448 del 2001, art. 35, (che ha modificato l’art. 133 TUEL, di cui al D.Lgs. n. 267 del 2000, introduttivo,” per l’erogazione dei servizi pubblici locali”, dell’obbligo del “contratto di servizio”, rientrante tra i cd. “accordi amministrativi”), avrebbe garantito una gestione senza scopo di lucro ma finalizzata alla sola copertura dei costi di gestione, al pari di quanto accade con l’affidamento dei servizi privi di rilevanza economica.

1.2.1. – Del resto, già quella previsione di legge (il menzionato art. 35) era stata reputata, dalla Commissione Europea, come agevolatrice di troppe ipotesi di affidamento diretto dei servizi; di qui l’esigenza del legislatore di evitare la procedura d’infrazione con la modifica testuale della disposizione sopraggiunta e, perciò, sembra di capire, anche la necessità d’una interpretazione dell’accordo in termini non derogatori di quel principio.

1.3. – Il terzo motivo (nullità della sentenza per violazione dell’art. 116 c.p.c., illogicità della motivazione e travisamento della prova, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4) denuncia lo stesso errore, commesso in punto di giurisdizione, per non avere la Corte territoriale rettamente interpretato la deliberazione del Consiglio comunale di Arzachena (n. 11 del 2003), che disponeva l’affidamento diretto del servizio (di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti solidi urbani) al Consorzio, ma anche l’esclusione del ricorso all’istituto dell’appalto.

1.4. – Il quarto (nullità della sentenza per violazione dell’art. 116 c.p.c., e travisamento della prova, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4) denuncia l’errore sulla giurisdizione commesso anche per il fatto di non avere la Corte territoriale rettamente interpretato la sentenza del TAR della Sardegna nella quale si sarebbe “esplicitata la vera natura del rapporto intercorso tra il Comune ed il Consorzio, in termini di concessione-contratto”.

2. – Lo stesso Comune di Arzachena, con gli ultimi due mezzi di ricorso, denuncia l’errore commesso dalla Corte territoriale con riferimento all’art. 29 del capitolato d’oneri.

2.1. – In particolare, con il quinto motivo (che denuncia la nullità della sentenza per violazione dell’art. 116 c.p.c., e dell’art. 29, del capitolato d’oneri, nonchè per il travisamento della prova e la manifesta illogicità della motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4), il Comune deduce che la Corte territoriale, riconoscendo come prive di adeguata specificità le contestazioni che avevano dato luogo all’imposizione di alcune penali (quella relativa alle cunette stradali non pulite, al personale privo di cartellino di riconoscimento, al mancato svuotamento di cassonetti), si sarebbe sostituita alla PA nell’esercizio delle potestà regolate dall’anzidetto art. 29, del capitolato d’oneri (annesso alla convenzione) e avrebbe frainteso l’istituto delle penali, traslandone la regolazione dal campo del diritto amministrativo a quello del diritto comune.

2.2. – Con il sesto mezzo (che denuncia la nullità della sentenza per violazione dell’art. 116 c.p.c., dell’art. 29, del capitolato d’oneri nonchè il travisamento della prova e la manifesta illogicità della motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4), il Comune lamenta la cattiva interpretazione del menzionato art. 29, del capitolato d’oneri in quanto, dalla sua interpretazione, non si ricaverebbe nè la necessità dell’immediata contestazione dell’addebito, ravvisata dalla Corte territoriale come gravante sul Comune, nè dell’obbligo di riscontro delle giustificazioni, per ipotesi fornite dal gestore del servizio all’ente territoriale.

3. – Il CIPNES – Consorzio Industriale Provinciale Nord Est Sardegna “Gallura”, a sua volta, ricorre in via incidentale – con un solo mezzo – avverso la stessa sentenza.

3.1. – Con l’unico motivo (che denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 342 – 348 bis c.p.c., in relazione agli artt. 183 e 345 dello stesso cod.; Contrasto illogico tra motivazione e dispositivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3) il Consorzio si duole del fatto che la Corte territoriale, pur avendo dato atto di alcuni fatti processuali, non ne abbia poi tratto le conclusioni statuendo in rito dell’inammissibilità dell’appello del Comune.

3.2. -In particolare, il Consorzio individua il difetto di coerenza tra l’accertamento e le conclusioni tratte dalla Corte territoriale: a) nella mutata qualificazione del rapporto inter partes, atteso che, in primo grado, dopo aver accettato la qualificazione come appalto di servizi, aveva mutato la prospettiva (nei sensi poi agitati) solo dopo la fase introduttiva del giudizio di opposizione al D.I.; b) nella tardiva produzione, rispetto ai termini dati per le memorie, del documento costituito dalla deliberazione consiliare del Comune di Arzachena n. 11 del 2003; c) nell’omessa impugnazione dei dati testuali attraverso i quali il primo giudice aveva qualificato come appalto il contratto per cui è causa; d) nell’omessa deduzione in appello della legittima applicazione delle penali.

3.3. – Tale ricorso, tuttavia, come si è detto al p. 5.1., in data odierna, è stato rinunciato, con atto notificato al Comune.

3.4. – In relazione ad esso, deve essere dichiarato estinto il processo, ai sensi degli artt. 390 e 391 c.p.c., precisandosi che la portata della pronuncia di estinzione riguarda esclusivamente la parte del processo afferente al ricorso incidentale, con riserva di regolazione relativa al capo sulle spese, come si dirà in conclusione di motivazione, tenendo conto dell’esito del processo relativo al ricorso principale, che si passa ad esaminare.

4. – E’ posta all’esame delle S.U. la richiesta di cassare la sentenza impugnata sulla base, anzitutto, della non corretta individuazione della giurisdizione relativa ad una controversia, come questa, che attiene ad un negozio concluso tra il Comune (di Arzachena) e il Consorzio investito dello svolgimento del servizio di raccolta, trasporto e conferimento in discarica dei rifiuti solidi urbani di una pluralità di enti locali, tra i quali anche di quello oggi ricorrente principale.

4.1. – Secondo il Comune di Arzachena, la Corte territoriale avrebbe errato a trattenere (e a decidere) la controversia sottopostale, atteso che difettava della giurisdizione (che sarebbe spettata all’AGA) in quanto il rapporto negoziale intercorso tra di loro era riconducibile a una “convenzione di servizio”, stipulata ai sensi della L. n. 448 del 2001, art. 35,perciò rientrante negli “accordi amministrativi”, disciplinati dalla L. n. 241 del 1990, artt. 11 e 15, e art. 30 TUEL, e non ad un contratto di appalto di servizi affidato direttamente ad un ente pubblico economico avente scopo lucrativo, come affermato dai giudici dei due gradi di merito di questo processo.

4.1.1. – Per pervenire al risultato reputato corretto, il Comune da un lato (con i motivi primo e secondo) chiede che queste SU: a) interpretino il rapporto inter partes alla luce della L. n. 448 del 2001, art. 35, (introduttivo – con l’art. 133 TUEL riformato dell’obbligo del “contratto di servizio”, rientrante tra i cd. “accordi amministrativi”, per l’erogazione dei servizi pubblici locali), alla luce delle indicazioni date dalla Commissione Europea e proprio per il rispetto di queste, successivamente applicabile nel testo emendato dal legislatore nazionale; b) correggano la travisata lettura sia della deliberazione consiliare autorizzativa (n. 11 del 2003) della stipula negoziale da parte del Comune, che disponeva l’affidamento diretto del servizio di NU al Consorzio, e sia dell’esclusione del ricorso all’istituto dell’appalto, oltre che della sentenza del TAR della Sardegna che avrebbe “esplicitato la vera natura del rapporto intercorso tra il Comune ed il Consorzio, in termini di concessione-contratto”.

4.2. – Di contro, il Consorzio eccepisce, con il suo controricorso, che: i) il rapporto di appalto, provato dal contenuto della convenzione del 2 luglio 2003, non sarebbe stato neppure richiamato nel suo tenore testuale, che aveva formato oggetto di esame da parte del Tribunale, confermato dalla Corte territoriale; il) la motivazione della Corte territoriale, anche con riferimento alla natura del rapporto inter partes, in ordine alla quale erano spirati i termini ex art. 183 c.p.c., si aggiungerebbe alla censura della novità delle deduzioni in appello, sicchè questa parte della motivazione non sarebbe censurata; iii) in mancanza di ulteriori deduzioni al riguardo, si sarebbe formato il giudicato interno sulla natura del Consorzio come “ente pubblico economico” e sulla struttura sinallagmatica dell’accordo; iv) la L. n. 241 del 1990, artt. 11e 15, sarebbero estranei all’accordo; v) l’affidamento diretto del servizio, praticabile e praticato nel 2003, alla luce del testo vigente ratione temporis del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 113, comma 14, ben poteva dar luogo – come in effetti avrebbe dato luogo – ad un contratto a prestazioni corrispettive e non necessariamente sfociare in una concessione di servizio a carattere provvedimentale o in una convenzione tra enti ex art. 30 TUEL, o art. 15 L. n. 241 cit.; vi) il TAR Sardegna aveva perciò considerato illegittimo l’affidamento diretto sul presupposto, ormai coperto dal giudicato, che si trattasse di un contratto appetibile per qualsiasi altro operatore economico e non di una collaborazioni tra rami della PA; vii) al momento della stipula del contratto non era vigente il richiamato art. 133, comma 1, lett. c), CPA, di cui al D.Lgs. n. 104 del 2010; viii) il riesame della delibera consiliare del Comune di Arzachena, tardivamente versata in atti (come affermato dai giudici di merito) sarebbe inammissibile; ix) la pronuncia del TAR Sardegna, oltre ad essere inammissibile per le modalità – non autosufficienti della sua deduzione, sarebbe anche infondata, oltre che non utilizzabile in difetto della sua efficacia panprocessuale.

5. – I primi due motivi, tra di loro strettamente connessi e perciò qui trattati congiuntamente, in quanto affrontano – sotto profili diversi la stessa questione di giurisdizione, sono inammissibili.

6. – Va ricordato che, ogni qual volta si tratti di risolvere questioni di competenza o di giurisdizione (e in ogni altro caso in cui l’indagine sia diretta ad accertare se il giudice di merito sia incorso in un “error in procedendo”), la Corte di Cassazione è giudice anche del fatto processuale (Sez. U, Sentenza n. 3195 del 1969; Sez. 1, Sentenza n. 1738 del 1988).

6.1. – Tanto premesso, questa Corte (Cass. Sez. 1 -, Sentenza n. 2771 del 2017) ha condivisibilmente affermato che Essa, allorquando sia denunciato un “error in procedendo”, essendo anche giudice del fatto, ha il potere di esaminare direttamente gli atti di causa; ma con la precisazione che, non essendo il predetto vizio rilevabile “ex officio”, è necessario una sollecitazione del potere di accertamento del vizio e cioè che la parte ricorrente indichi gli elementi individuanti e caratterizzanti il “fatto processuale” di cui richiede il riesame. Sicchè il corrispondente motivo in tanto è ammissibile ove contenga, per il principio di autosufficienza del ricorso, tutte le precisazioni e i riferimenti necessari ad individuare la dedotta violazione processuale. Infatti, il potere-dovere della Corte di esaminare direttamente gli atti processuali non significa che la medesima debba ricercarli autonomamente, spettando, invece, alla parte allegarli ed indicarli. (cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 978 del 2007).

6.2. – Va pertanto enunciato il principio di diritto già posto di recente da questa Corte (SU, sent. n. 5640 2019, non massimata), secondo cui:

ogni qual volta si tratti di risolvere una questione di giurisdizione (così come in ogni altro caso in cui l’indagine sia diretta ad accertare se il giudice di merito sia incorso in un “error in procedendo”), la Corte di Cassazione è giudice anche del fatto ed ha il potere di esaminare direttamente gli atti di causa; tuttavia, non essendo il vizio rilevabile “ex officio”, nè potendo la Corte ricercare e verificare a suo piacimento i documenti interessati dalla verifica, è necessario che la parte ricorrente non solo indichi gli elementi individuanti e caratterizzanti il “fatto processuale” di cui richiede il riesame (e che il corrispondente motivo contenga tutte le precisazioni e i riferimenti necessari a comprendere la dedotta violazione) ma anche che illustri la corretta soluzione rispetto a quella erronea praticata dai giudici di merito, in modo di consentire alla Corte investita della questione, secondo la prospettazione alternativa del ricorrente, la verifica della sua esistenza e l’emenda dell’errore denunciato.

6.3. – Ora, nel caso in esame, con riferimento ai primi due mezzi di cassazione, il ricorso si limita a enunciare l’interpretazione alternativa circa la natura tipologica e causale del negozio inter partes, ma costruendola non sulla base dell’essere, ossia del tenore testuale delle clausole (neppure richiamate o riprodotte) che lo caratterizzano, ma del dover essere, ossia del contenuto che l’atto avrebbe dovuto avere in considerazione della disciplina legislativa astrattamente applicabile al momento della sua sottoscrizione.

6.3.1. – Ma, avendo l’ente pubblico – nello svolgimento della sua attività giuridica – la possibilità di perseguire i propri fini istituzionali per mezzo di una pluralità alternativa di tipi, modelli e forme negoziali, non è dato comprendere perchè Esso non possa aver scelto di determinarsi all’azione in una forma, diversa da quella praticabile iure publico, per quanto preter legem, piuttosto che iue privatorum.

6.3.2. – La giurisdizione, infatti, deve determinarsi non già sulla base delle norme di legge che la PA deve osservare ma, in base al principio di effettività, con riguardo all’azione che Essa ha concretamente svolto o che tale risulti, in base ai fatti giuridici rilevanti, posti in essere o comunque accaduti ed accertati, e ad Essa ascrivibili.

6.3.4. – Lo stesso dicasi a proposito della natura del Consorzio contraente, del quale i giudici di merito hanno affermato quella di “ente pubblico economico” con finalità lucrativa e in ordine al quale, di contro, il Comune predica la natura soggettiva di PA.

6.3.5. – Anche con riferimento all’elemento soggettivo dell’accordo il ricorso si limita a prospettare solo una diversa qualificazione, tacendo degli elementi fattuali in base ai quali si dovrebbe pervenire a detta conclusione.

6.3.6. – E’ pur vero che la questione di giurisdizione, che nella sostanza è stata agitata solo dopo la scadenza dei termini di cui all’art. 183 c.p.c., in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, e poi in appello, implica profili di ricerca ufficiosa da parte del giudice che ne sia stato investito; ma nella specie, come si è detto, la qualificazione del rapporto in termini opposti (la convenzione di servizio) rispetto a quelli dapprima accettati (in fase di opposizione al DI) e prevalsi (cioè il contratto di appalto), nei primi due motivi, non è sorretta da alcuna indicazione documentale o fattuale, in base alle quali questa Corte può propendere per l’una o per l’altra soluzione.

7. -L’unico documento del quale si chiede la verifica è quello richiamato con il terzo motivo, ossia la deliberazione del Consiglio comunale di Arzachena (n. 11 del 2003), che ha disposto l’affidamento diretto del servizio di NU al Consorzio.

7.1. – Tuttavia, tale elemento, in difetto dell’allegazione del testo negoziale del quale costituisce il necessario presupposto, è inidoneo ad una qualunque verifica del suo esito, che non può certo compiersi isolatamente, ossia senza esaminare, testo a fronte, se il Comune nell’aderire al patto negoziale – si sia attenuto o meno a quanto prescrittogli dal Consiglio in sede deliberante.

7.2. – Anche sotto tale profilo, pertanto, il ricorso si rivela inammissibile.

8. -L’ultimo mezzo, dei quattro che chiedono l’affermazione della giurisdizione amministrativa per il caso in esame, sostanzialmente afferma l’esistenza di un giudicato esterno sulla giurisdizione. Tale giudicato risulterebbe dalla sentenza del TAR della Sardegna nella quale si sarebbe “esplicitata la vera natura del rapporto intercorso tra il Comune ed il Consorzio, in termini di concessione-contratto”.

8.1. -Ma anche tale censura è inammissibile.

8.2. – Con essa si fa riferimento alla controversia relativa all’esercizio di un diritto di recesso da parte del Comune, per la soluzione della quale il giudice avrebbe postulato la qualificazione del rapporto, decisiva per l’affermazione della giurisdizione amministrativa, in termini di concessione, con una portata panprocessuale che non ha formato oggetto specifico di deduzione ed esame nella pronuncia richiamata.

8.3. – Infatti, le pronunce dei giudici di merito intanto “sono suscettibili di acquistare autorità di giudicato (esterno) anche in tema di giurisdizione, e di spiegare, conseguentemente, i propri effetti anche al di fuori del processo nel quale siano state adottate, solo quando, in esse, la decisione – sia pure implicita – sulla giurisdizione si rapporti, ad essa collegandosi, con una statuizione di merito.” (Sez. U, Sentenza n. 16462 del 2006).

8.4. – Ma è proprio tale dimostrazione che nella specie difetta poichè il detto collegamento (tra l’affermazione – anche implicita – della giurisdizione e il merito della causa) non risulta allegata nel ricorso con modalità autosufficienti e perciò capaci di far superare la statuizione negativa già resa dalla Corte territoriale al riguardo, la quale ha escluso l’operatività di tale giudicato (panprocessuale) affermando che quel dictum sulla giurisdizione amministrativa riguardava soltanto la sussistenza del provvedimento impugnato, adottato dal Comune per sciogliersi dal vincolo. E, implicitamente, che nessun collegamento poteva esserci tra tale statuizione con la questione di giurisdizione agitata nel giudizio di appello.

9. – I restanti due motivi di ricorso, tra di loro strettamente connessi e perciò qui trattati congiuntamente (in quanto affrontano, sotto profili diversi, la stessa questione relativa alla natura delle penali previste nell’ambito del rapporto di gestione del servizio di raccolta e trattamento dei rifiuti solidi urbani), sono inammissibili.

9.1. – In disparte la loro stretta connessione con la natura concessoria del rapporto, che si è visto essere stata disattesa in limine con il ragionamento svolto in precedenza, resta il fatto che in questa sede si propone – rispetto a quella fatta propria dalla Corte territoriale – una diversa interpretazione dell’art. 29 del capitolato d’oneri senza compiere alcun richiamo ai criteri d’interpretazione stabiliti, anche per l’ipotesi del provvedimento amministrativo, alle regole dettate dall’art. 1362 c.c. e ss..

9.2. – Eppure, come questa Corte ha già avuto modo di affermare (Sez. 2, Sentenza n. 11409 del 1998; Sez. 1, Sentenza n. 6535 del 2002) L’interpretazione degli atti amministrativi soggiace alle stesse regole dettate dall’art. 1362 c.c. e segg., per l’interpretazione dei contratti tra le quali, ha carattere preminente, quella collegata all’elemento letterale – in quanto compatibili con il provvedimento amministrativo – dovendo il giudice anche ricostruire l’intento dell’Amministrazione ed il potere che ha inteso in concreto esercitare, tenendo altresì conto del complesso dell’atto e del comportamento dell’Autorità amministrativa, oltre che di quanto può razionalmente intendere, secondo buona fede, il destinatario.

10. – In conclusione, il ricorso principale dev’essere dichiarato inammissibile, con dichiarazione di estinzione del processo in relazione all’impugnazione incidentale condizionata, per rinuncia (e conseguente inesistenza dei presupposti per il raddoppio del contributo unificato).

10.1. – Le spese seguono la soccombenza, che è unicamente quella del ricorrente principale, cosicchè esse si liquidano come in dispositivo, ponendole a carico del ricorrente principale, in uno con la sussistenza dei presupposti per il raddoppio del contributo unificato a carico del solo Comune.

PQM

La Corte, a Sezioni unite.

Dichiara inammissibile il ricorso principale del Comune ed estinto il processo in relazione a quello incidentale del Consorzio.

Condanna il Comune, ricorrente principale, alla rifusione delle spese del presente giudizio che liquida, in favore del Consorzio, in complessivi 7.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali forfettarie ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio delle Sezioni Unite, il 18 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 25 luglio 2019

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