Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2018 del 24/01/2022
Cassazione civile sez. lav., 24/01/2022, (ud. 07/12/2021, dep. 24/01/2022), n.2018
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIA Lucia – Presidente –
Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –
Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –
Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –
Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 5442-2020 proposto da:
Z.A., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA
DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso
dall’avvocato DI ROSA CLEMENTINA;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO – Commissione Territoriale per il
Riconoscimento della Protezione Internazionale di Crotone, in
persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis
dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia
in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI 12;
– resistente con mandato –
avverso la sentenza n. 5953/2019 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,
depositata il 06/12/2019 R.G.N. 4533/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
07/12/2021 dal Consigliere Dott. CINQUE GUGLIELMO.
Fatto
RILEVATO
Che:
1. La Corte di appello di Napoli, con la sentenza n. 5953 del 2019, ha confermato il provvedimento emesso dal Tribunale della stessa sede con il quale era stata respinta la domanda di protezione internazionale ed umanitaria, proposta dal ricorrente in epigrafe indicato, cittadino della Ghana.
2. Nella gravata sentenza si legge che il richiedente aveva lasciato il proprio Paese avendo il fratello appiccato involontariamente un incendio nel terreno che coltivava esso richiedente per concessione del nonno e che si era sviluppato nei terreni dei vicini danneggiandone le coltivazioni; temendo di essere arrestato e di dovere risarcire i danni, aveva deciso di emigrare in Libia, giungendo, poi in Italia.
3. A fondamento della decisione la Corte di merito ha sottolineato che la vicenda atteneva al mero danneggiamento dei terreni dei vicini e, quindi, ad una contesa economica; che il richiedente non era stato in grado di dimostrare l’effettiva esistenza di una incriminazione a suo carico; che il Ghana non versava in una situazione di insicurezza economica e sociale rilevante ai fini della protezione D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c); che le vicende dei paesi di transito, senza l’allegazione di una connessione tra il transito stesso ed il contenuto della domanda, rendeva ininfluente la questione; che non sussistevano le condizioni di vulnerabilità per riconoscere la protezione umanitaria.
4. Avverso la sentenza di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione il richiedente affidato a quattro motivi.
5. Il Ministero dell’Interno si è costituito, al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.
Diritto
CONSIDERATO
Che:
1. I motivi possono essere così sintetizzati.
2. Con il primo motivo il ricorrente denuncia l’error in iudicando, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3,5,6,7,8 e 14, in relazione allo status di rifugiato e alla protezione sussidiaria, ex art. 360 c.p.c., n. 3, per non avere considerato la Corte di appello che la vicenda persecutoria personale narrata nonché l’attuale peggioramento del quadro socio-politico del Paese di origine avrebbero giustificato il riconoscimento delle suddette protezioni.
3. Con il secondo motivo si censura l’error in iudicando, la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5 comma 6, in relazione alla protezione umanitaria, per non avere ritenuto la Corte di merito che le condizioni di peculiare vulnerabilità oggettiva e soggettiva di esso richiedente avrebbero giustificato il rilascio del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie.
4. Con il terzo motivo il ricorrente si duole dell’error in iudicando, in particolare della violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e art. 27, comma 1-bis, nonché l’omessa istruttoria ex officio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, per essersi la Corte di appello limitata ad una valutazione superficiale e inadeguata, omettendo il dovuto approfondimento della specifica vicenda personale di esso richiedente anche alla stregua della attuale ed effettiva situazione socio-politica del Paese di origine e di quelli ove era transitato.
5. Con il quarto motivo il ricorrente eccepisce l’error in procedendo, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, per non avere la Corte di appello adeguatamente valutato la documentazione prodotta circa la situazione di instabilità ed insicurezza della regione di provenienza nonché le condizioni di vulnerabilità oggettiva e soggettiva.
6. I motivi, da trattarsi congiuntamente perché interferenti, sono fondati e vanno accolti per quanto di ragione.
7. In primo luogo, deve osservarsi che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 lett. c), è dovere del giudice verificare, avvalendosi dei poteri officiosi di indagine e di informazione di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, se la situazione di esposizione a pericolo per l’incolumità fisica indicata dal ricorrente e astrattamente sussumibile in una situazione tipizzata di rischio, sia effettivamente sussistente nel Paese nel quale dovrebbe essere disposto il rimpatrio, con accertamento aggiornato al momento della decisione (Cass. n. 28990 del 2018; Cass. n. 17075 del 2018).
8. Il predetto accertamento va compiuto in base a quanto prescritto dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, e, quindi, “alla luce di informazioni precise e aggiornate circa la situazione generale esistente nel Paese di origine dei richiedenti asilo e, ove occorra, dei Paesi in cui questi sono transitati, elaborate dalla Commissione Nazionale sulla base dei datti forniti dall’ACNUR, dal Ministero degli affari esteri, anche con la collaborazione di altre agenzie ed enti di tutela dei diritti umani operanti a livello internazionale, o comunque acquisite dalla Commissione stessa” (cfr. Cass. n. 15959 del 2020).
9. E’, quindi, onere del giudice di merito procedere, nel corso del procedimento finalizzato al riconoscimento della protezione internazionale, a tutti gli accertamenti officiosi finalizzati ad acclarare l’effettiva condizione del Paese di origine del richiedente, avendo poi cura di indicare esattamente, nel provvedimento conclusivo, le parti utilizzate ed il loro aggiornamento.
10. In proposito, deve ribadirsi anche che l’indicazione delle fonti di cui all’art. 8 non ha carattere esclusivo, ben potendo le informazioni sulle condizioni del Paese estero essere tratte da concorrenti canali di informazione, anche via web, quali ad esempio i siti internet delle principali organizzazioni non governative attive nel settore dell’aiuto e della cooperazione internazionale (quali ad esempio Amnesty International e Medici senza frontiere) che spesso contengono informazioni dettagliate e aggiornate (cfr. Cass. n. 13449 del 2019 per esteso).
11. In modo estremamente sintetico, può quindi affermarsi che il giudice deve indicare, in modo specifico e dettagliato, fonti che abbiano un certo grado di credibilità e che facciano riferimento ad una situazione sociopolitica aggiornata del Paese di origine del richiedente.
12. Più recentemente (cfr. Cass. n. 15215 del 2020) è stato affermato il principio di diritto secondo il quale: “Le informazioni relative alla situazione esistente nel paese di origine del richiedente la protezione internazionale o umanitaria che il giudice di merito trae dalle C.O.I. o dalle altre fonti informative liberamente consultabili attraverso i canali informatici vanno considerate, in ragione della capillarità della loro diffusione e della facile accessibilità per la pluralità di consociati, alla stregua del fatto notorio; il dovere di cooperazione istruttoria che il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, pongono a carico del giudice, nella materia della protezione internazionale ed umanitaria, impone allo stesso di utilizzare, ai fini della decisione, C.O.I. ed altre informazioni relative alla condizione interna del paese di provenienza o rimpatrio del richiedente, ovvero della specifica area di esso, che siano adeguatamente aggiornate e tengano conto dei fatti salienti interessanti quel Paese o area, soprattutto in relazione ad eventi di pubblico dominio, la cui mancata considerazione costituisce, in funzione della loro oggettiva notorietà, violazione dell’art. 115 c.p.c., comma 2”.
13. Nella fattispecie, la Corte territoriale non ha richiamato, per escludere ogni ipotesi prevista dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) e per ritenere che la condizione attuale del Ghana non fosse interessata da una situazione di conflitto armato interno o internazionale, comportante una situazione di violenza indiscriminata nell’attualità, alcuna fonte, limitandosi a confermare genericamente quanto affermato in precedenza dal Tribunale della stessa sede.
14. Inoltre, il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, nel prevedere che ciascuna domanda sia esaminata alla luce di informazioni precise ed aggiornate circa la situazione generale esistente nel Paese di origine del richiedente asilo e, ove occorra, dei paesi in cui questi sono transitati, deve essere interpretato nel senso che l’obbligo di acquisizione di tali informazioni deve essere osservato in riferimento ai fatti esposti e ai motivi svolti in seno alla richiesta di protezione internazionale (Cass. n. 2355/2020; Cass. n. 30105/2018) e, quindi, anche in relazione al problema del sistema giudiziario e carcerario in Ghana, a prescindere da una prova fornita in ordine alla sussistenza di una incriminazione del richiedente, una volta ritenuto credibile il racconto fornito.
15. La Corte territoriale ha specificato, sotto tale ultimo aspetto, alcuni profili circa un percorso iniziato in Ghana per l’abolizione della pena di morte e la previsione di un sistema di visite regolari ai luoghi di detenzione del paese, rifacendosi a dei reports prodotti dall’appellante, ma non li ha specificati non consentendo, così, in questa sede, la verifica ed il riscontro delle doglianze formulate dal ricorrente su tali specifici punti.
16. Anche le censure in tema di mancato riconoscimento della protezione umanitaria sono fondate perché la mancata indicazione delle COI e l’omessa istruttoria officiosa sul sistema giudiziario e carcerario in Ghana non consentono di verificare la correttezza del ragionamento decisorio dei giudici di seconde cure e la conformità del decisum ai principi statuiti in materia, in sede di legittimità, dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 24413/2021 di questa Corte.
17. Per completezza deve, infine, precisarsi che, ai fini del riconoscimento della protezione internazionale si deve tener conto, ove ritenuto credibile, del riferimento alle minacce di persecuzione e di danni gravi incombenti su un familiare del richiedente, per determinare se il medesimo, previa verifica dell’attualità della minaccia, a causa del legame familiare con la persona minacciata sia a sua volta esposto allo stesso pericolo (per il principio sopra citato, cfr. Cass. n. 4377/2021).
18. Alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve essere accolto per quanto di ragione.
19. L’impugnata sentenza va, quindi, cassata in relazione alle censure accolte, con rinvio alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione, che procederà ad un nuovo esame attenendosi ai principi sopra menzionati e provvedendo, altresì, sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione; cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 7 dicembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 24 gennaio 2022