Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20178 del 15/07/2021

Cassazione civile sez. I, 15/07/2021, (ud. 27/11/2020, dep. 15/07/2021), n.20178

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11958/2019 proposto da:

K.S., domiciliato in Roma, viale Angelico, n. 38, presso lo

studio dell’avv. Roberto Maiorana, che lo rappresenta e difende per

procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte di appello di Roma n. 868/2019,

depositata il 7/2/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio dal

Cons. Dott. Marco Vannucci.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. K.S., cittadino del Gambia, ha adito il Tribunale di Roma impugnando il provvedimento con cui la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale ha respinto la sua richiesta di protezione internazionale, nelle forme dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria.

Il ricorrente aveva riferito di aver lasciato il proprio Paese per aver subito delle ritorsioni per aver chiesto delle spiegazioni in merito all’intenzione del capo del villaggio di prendere i terreni della sua famiglia per attribuirli al governo.

Il Tribunale ha respinto il ricorso, ritenendo che non sussistessero i presupposti per il riconoscimento di ogni forma di protezione internazionale e umanitaria.

2. L’appello proposto dal richiedente asilo è stato rigettato dalla Corte di appello di Roma con la sentenza indicata in epigrafe. In particolare, premesso che non era stato censurato il rigetto della domanda attinente allo status di rifugiato, è stata ribadita – previo giudizio di genericità e di inattendibilità della narrazione – l’assenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria e di quella umanitaria.

3. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso il richiedente asilo, svolgendo quattro motivi.

L’intimata Amministrazione dell’Interno resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.a Con il primo motivo si deduce “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto della discussione fra le parti: la condizione di pericolosità e la situazione di violenza generalizzata esistenti in Gambia”. Omessa consultazione di fonti informative.

La Corte capitolina – anche violando i doveri di cooperazione istruttoria – non avrebbe considerato l’impossibilità per il richiedente di trovare protezione da parte delle autorità del proprio paese di origine, a fronte di una situazione di crescente insicurezza di quell’area geografica.

1.b Con il secondo mezzo si sostiene che tanto le dichiarazioni rese dal richiedente sia davanti alla Commissione Territoriale quanto le allegazioni difensive non sarebbero state correttamente valutate, sia in relazione alla condizione personale, sia in merito alla situazione del Paese di provenienza.

Si deduce altresì che si sarebbe dovuta disporre l’audizione del richiedente.

1.c Il terzo motivo attiene ancora al mancato riconoscimento del diritto alla protezione sussidiaria, derivante da un’insufficiente valutazione delle condizioni del paese di origine del ricorrente, quali emergenti da una serie di fonti all’uopo richiamate.

1.d. La quarta censura attiene al diniego della protezione umanitaria, sia sotto il profilo motivazionale, sia per una insufficiente valutazione delle condizioni personali del richiedente. Si deduce altresì in rubrica la violazione dell’art. 10 Cost..

2. I primi tre motivi sopra esposti, da esaminarsi congiuntamente in quanto tra loro intimamente connessi, sono in parte inammissibili, ed in parte infondati.

La Corte territoriale ha innanzitutto ribadito – senza che sul punto siano state avanzate censure – l’estrema genericità della narrazione del richiedente, formulando, quindi, un giudizio di complessiva inattendibilità.

Quanto alla deduzione inerente alla mancata audizione del ricorrente, premesso che nella specie occorre far riferimento al quadro normativo anteriore alle modifiche introdotte al D.Lgs. n. 25 del 2008, con riferimento alla videoregistrazione del colloquio, soccorre il principio, già affermato da questa Corte, secondo cui nel procedimento, in grado d’appello, relativo ad una domanda di protezione internazionale, non è ravvisabile una violazione processuale sanzionabile a pena di nullità nell’omessa audizione personale del richiedente, atteso che il rinvio, contenuto nel D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35, comma 13, al precedente comma 10, che prevede l’obbligo di sentire le parti, non si configura come un incombente automatico e doveroso, ma come un diritto della parte di richiedere l’interrogatorio personale, cui si collega il potere officioso del giudice d’appello di valutarne la specifica rilevanza Cass., 27 febbraio 2018, n. 3003). E’ stato in ogni caso precisato che l’appellante non aveva evidenziato alcuna circostanza nuova rispetto a quelle già riferite alla Commissione Territoriale.

La corte capitolina, citando fonti COI qualificate, ha poi affermato che nella zona di provenienza non si registrano situazioni di conflitto armato o violenza generalizzata rilevanti ai fini della tutela invocata, precisando che nell’anno 2016 si sono svolte libere elezioni e che “allo stato il Paese versa in una situazione politica avviata ad una certa stabilizzazione”.

Come questa Corte ha già più volte affermato, il conflitto armato interno rileva solo se, eccezionalmente, possa ritenersi che gli scontri tra le forze governative di uno Stato e uno o più gruppi armati, o tra due o più gruppi armati, siano all’origine di una minaccia grave e individuale alla vita o alla persona del richiedente la protezione sussidiaria, nel senso che “il grado di violenza indiscriminata deve aver pertanto raggiunto un livello talmente elevato da far ritenere che un civile, se rinviato nel Paese o nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio, un rischio effettivo di subire detta minaccia” (Cass. n. 5675/2021; Cass., 18306/2019).

Nella sentenza impugnata, con una motivazione del tutto congrua, è stata quindi esclusa la ricorrenza di un rischio rilevante nei termini sopra indicati con riferimento alla zona di provenienza del richiedente: le diverse valutazioni espresse nel ricorso si risolvono in una generica critica del ragionamento logico posto dal giudice di merito a base dell’interpretazione degli elementi probatori del processo e, in sostanza, nella richiesta di una diversa valutazione degli stessi, ipotesi integrante un vizio motivazionale non più proponibile, come già rilevato, in seguito alla modifica dell’art. 360, comma 1, n. 5, apportata dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, che richiede che il giudice di merito abbia esaminato la questione oggetto di doglianza, ma abbia totalmente pretermesso uno specifico fatto storico, e si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa e obiettivamente incomprensibile”, mentre resta irrilevante il semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass., 13 agosto 2018, n. 20721).

In definitiva, risulta correttamente esclusa la ricorrenza dei presupposti richiesti ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, lett. a) e b), mentre, quanto alla protezione sussidiaria ai sensi della successiva lett. c), è stata congruamente valutata la carenza di una situazione di violenza indiscriminata nei termini sopra evidenziati.

3. Con il quarto motivo si critica il rigetto della domanda di protezione umanitaria, essenzialmente sotto il profilo della pretermissione dello stato di instabilità del paese di provenienza, nonché delle condizioni politiche ed economiche del Gambia. La censura è inammissibile, sia perché ripropone, in termini assolutamente generici, senza alcun riferimento alla situazione del richiedente, nonché all’assenza del requisito della vulnerabilità affermata nella decisione impugnata, le circostanze già dedotte in relazione alla protezione sussidiaria, sopra esaminate, sia perché non allega alcun elemento che possa riferirsi alla condizione del ricorrente tanto in Italia, quanto nel paese di origine, e non già alla generalità dei consociati, come il riferimento alla differente durata della vita nei due Paesi.

Quanto al riferimento, nella sola rubrica del motivo, all’art. 10 Cost., vale bene richiamare il consolidato orientamento di questa Corte secondo cui il diritto di asilo non costituisce una forma di protezione autonoma e ulteriore rispetto a quelle già previste dalla vigente normativa (Cass., 19 aprile 2019, n. 11110; Cass., 4 agosto 2016, n. 16362).

4. Il regolamento delle spese, liquidate come in dispositivo, segue la soccombenza.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in Euro 2.100,00, oltre alle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 27 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2021

 

 

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