Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20175 del 25/09/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 20175 Anno 2014
Presidente: AMATUCCI ALFONSO
Relatore: FRASCA RAFFAELE

SENTENZA
sul ricorso 4844-2011 proposto da:
VINCENZO

SOLANI

elettivamente

SLNVCN44E141263K,

domiciliato in ROMA, VIA MONTEZEBIO 28 SC.A INT.6,
presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE BERNARD’, che
lo rappresenta e difende giusta procura a margine del

t.

ricorso;

2014

ricorrente

contro

1533

COLACEM SPA 01157050541, in persona del Presidente
del

Consiglio

di

rappresentante in carica,

Amministrazione,

legale

sig. GIOVANNI COLAIACOVO,

1

Data pubblicazione: 25/09/2014

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI PORTA
PINCIANA 6, presso lo studio dell’avvocato PIERO
D’AMELIO, che la rappresenta e difende unitamente
all’avvocato MASSIMO . DATTRINO giusta procura in calce
al controricorso;
– controricorrente nonchè contro

SOLANI MARIO, SOLANI FRANCA;
– intimati –

avverso la sentenza n. 408/2010 della CORTE D’APPELLO
di PERUGIA, depositata il 29/09/2010 R.G.N. 10/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 13/06/2014 dal Consigliere Dott. RAFFAELE
FRASCA;
udito l’Avvocato GIOVANNI C. SCIACCA per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. AURELIO GOLIA che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

,

R.g.n. 4844-11 (ud. 13.6.2014)

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

§1. Vincenzo Solani ha proposto ricorso per cassazione contro la s.p.a. Colacem e nei
confronti di Mario Solani e Franca Solani avverso la sentenza del 29 settembre 2010, con
la quale la Corte d’Appello di Perugia ha rigettato il suo appello principale contro la
sentenza resa in primo grado inter partes dal Tribunale di Spoleto nell’ottobre del 2006 ed
ha accolto quello incidentale sulle spese della Colacem, condannando il ricorrente e gli

altri intimati alle spese del primo grado di giudizio.
§2. Con la sentenza resa in primo grado il Tribunale di Spoleto, adìto dai Solani per
ottenere la condanna della Solacem al pagamento in loro favore della somma di €
173.995,10 a titolo di rivalutazione monetaria per il periodo dal 10 novembre 1994 al 30
settembre 1999 su una somma capitale oggetto di un decreto ingiuntivo ottenuto nei
confronti della medesima e riguardo al quale l’opposizione della società, accolta dal
Tribunale con la revoca del decreto ingiuntivo, era stata invece rigettata dalla Corte
d’Appello di Perugia con sentenza poi passata in cosa giudicata per il rigetto del relativo
ricorso per cassazione, aveva rigettato detta domanda – proposta dai Solani nel presupposto
che essi nel ricorso monitorio avessero fatto espressa riserva di chiedere la rivalutazione reputando che invece su di essa vi fosse stata pronuncia di rigetto e, dunque, si fosse
formata cosa giudicata.
§2. La sentenza qui impugnata ha ritenuto in prima battuta che l’affermazione del
Tribunale che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo la sentenza di primo grado
di accoglimento dell’opposizione avesse esplicitamente rigettato, senza che poi in appello
la decisione fosse impugnata, la domanda relativa alla rivalutazione monetaria, che i
Solano avevano — dopo aver fatto la riserva nel ricorso monitorio — in realtà proposto in via
riconvenzionale nella loro comparsa di costituzione nel giudizio di opposizione. In seconda
battuta la Corte perugina ha espressamente rilevato che «D’altra parte ha ancora ragione
il primo giudice ad affermare che, se anche la pronuncia sulla domanda in questione fosse
espressamente mancata, poiché l’accoglimento della stessa sarebbe stato incompatibile con
raccoglimento dell’opposizione, si sarebbe avuta una decisione implicita di rigetto di detta
domanda, con conseguente formazione di un giudicato (implicito): affermazione del primo
giudice neppure censurata dagli appellanti».
§3. Al ricorso, affidato ad un unico complesso motivo, ha resistito con controricorso
la s.p.a. Colacem, mentre non hanno svolto attività difensiva Mario e Franca Solani.
§4. Le parti hanno depositato memoria.
Est. Cois. R.affaele Frasca

3

3

R.g.n. 4844-11 (ud. 13.6.2014)

MOTIVI DELLA DECISIONE
§1. Con l’unico motivo di ricorso si deduce “violazione e/o falsa applicazione degli
artt. 324, 112 e 346 c.p.c. (art. 360, n. 3, c.p.c.). Contraddittoria motivazione circa un fatto
controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 n. 5, c.p.c.)”.
Vi si critica la motivazione della decisione impugnata sia là dove essa ha condiviso

la motivazione della sentenza di primo grado del Tribunale, con cui quel giudice aveva
rilevato che nel giudizio sull’opposizione al decreto ingiuntivo si era formata cosa
giudicata sulla domanda inerente la richiesta di rivalutazione monetaria, sia — a partire
dalla pagina 15 — la motivazione con cui la Corte perugina ha affermato che «se anche la
pronuncia sulla domanda in questione fosse espressamente mancata, poiché raccoglimento
della stessa sarebbe stato incompatibile con raccoglimento dell’opposizione, si sarebbe
avuta una decisione implicita di rigetto di detta domanda, con conseguente formazione di
un giudicato (implicito)».
§2. Il Collegio ritiene che il motivo così come prospettato apparifebbe inammissibile,
in quanto, nella sua prospettazione, non censuntekoise una delle due rationes decidendi che
a suoi avviso la sentenza avrebbe enunciato con riferimento alla motivazione della
sentenza di primo grado.
Infatti, la censura riguardo alla motivazione concernente l’esistenza del giudicato
implicito consta a sua volta di due distinte rationes decidendi.
La prima con cui la Corte territoriale ha dichiarato di condividere la motivazione
della sentenza di primo grado riguardo all’esistenza di un giudicato implicito.
La seconda con cui ha espressamene detto, sempre riguardo ad essa, che si trattava di
«affermazione del primo giudice neppure censurata dagli appellanti».
Ebbene il ricorso ignora tale espressa motivazione, la quale, implicando
l’affermazione che l’appello non aveva attinto la motivazione della sentenza di primo
grado sull’esistenza del giudicato implicito e, dunque, una ragione di infondatezza
dell’appello in rito, per il suo carattere pregiudiziale ed assorbente rispetto alla
motivazione di condivisione nel merito della detta motivazione, sarebbe stata l’unica

t

impugnabile, in quanto esauriva la potestas iudicandi in parte qua della Corte territoriale.
Ciò, alla stregua del principio di diritto secondo cui «Qualora il giudice, dopo una
statuizione di inammissibilità (o declinatoria di giurisdizione o di competenza), con la
quale si è spogliato della potestas iudicandi in relazione al merito della controversia, abbia
Est. Cons. Ràffaele Frasca

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R.g.n. 4844-11 (ud. 13.6.2014)

impropriamente inserito nella sentenza argomentazioni sul merito, la parte soccombente
non ha l’onere né l’interesse ad

impugnare; conseguentemente è

ammissibile

l’impugnazione che si rivolga alla sola statuizione pregiudiziale ed è viceversa
inammissibile, per difetto di interesse, l’impugnazione nella parte in cui pretenda un
sindacato anche in ordine alla motivazione sul merito, svolta ad abundantiam nella
sentenza gravata. » (Cass. sez. un. n. 3840 del 2007).
Fra l’altro, l’impugnazione della motivazione in ordine alla mancanza di censura con

l’appello avrebbe potuto e dovuto impugnarsi con il mezzo della revocazione ai sensi del n.
4 dell’art. 395 c.p.c., perché la sua eventuale erroneità sarebbe potuta discendere solo da
un’erronea percezione del tenore dell’appello.
§3. Ora, nell’esposizione del motivo di ricorso parte ricorrente, dopo aver criticato la
sentenza impugnata riguardo alla valutazione espressa sull’esistenza del giudicato interno,
critica la motivazione riguardo al giudicato implicito solo nel merito, disinteressandosi
completamente della parte in cui la Corte territoriale ha asserito che l’affermazione del
primo giudice riguardo al giudicato implicito neppure era stata censurata dagli appellanti.
Ne segue che su tale punto della motivazione si è formata cosa giudicata, nel senso
che è rimasta intangibile, perché non sottoposta ad appello, la motivazione della sentenza
di primo grado che, secondo la Corte territoriale, aveva detto esistente il giudicato
implicito. Poiché l’esistenza del giudicato implicito rappresentava nella sentenza di primo
grado una ragione di infondatezza della domanda degli attori del tutto autonoma e
sufficiente rispetto all’altra circa il giudicato espresso, il ricorso appare inammissibile, in
quanto è la sentenza di appello ha consta stato che quella ragione non era stata impugnata.
Viene in rilievo alternativamente: a) o il seguente principio di diritto: «Allorquando
la sentenza assoggettata ad impugnazione sia fondata su due diverse rationes decidendi,
idonee entrambe a giustificarne autonomamente le statuizioni, la circostanza che
l’impugnazione sia rivolta soltanto contro una di esse, e non attinga l’altra, determina una
situazione nella quale il giudice dell’impugnazione (ove naturalmente non sussistano altre
ragioni di rito ostative all’esame nel merito dell’impugnazione) deve prendere atto che la
sentenza, in quanto fondata sulla ratio decidendi non criticata dall’impugnazione, è passata
in cosa giudicata e desumere, pertanto, che l’impugnazione non è ammissibile per
l’esistenza del giudicato, piuttosto che per carenza di interesse.» (Cass_ n. 14740 del
2005); b) o il segeunte principio di diritto: «Nel caso in cui venga impugnata con ricorso
per cassazione una sentenza (o un capo di questa) che si fondi su più ragioni, tutte
autonomamente idonee a sorreggerla, è necessario, per giungere alla cassazione della
Est. Cons. atI1e Frasca

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R.g.n. 4844-11 (ud. 13.6.2014)

pronuncia, non solo che ciascuna di esse abbia formato oggetto di specifica censura, ma
anche che il ricorso abbia esito positivo nella sua interezza con l’accoglimento di tutte le
censure, affinché si realizzi lo scopo proprio di tale mezzo di impugnazione, il quale deve
mirare alla cassazione della sentenza, “in toto” o nel suo singolo capo, per tutte le ragioni
che autonomamente l’una o l’altro sorreggano. Ne consegue che è sufficiente che anche
una sola delle dette ragioni non abbia formato oggetto di censura, ovvero, pur essendo stata
impugnata, sia respinta, perché il ricorso o il motivo di impugnazione avverso il singolo

di interesse, le censure avverso le altre ragioni poste a base della sentenza o del capo
impugnato.» (Cass. sez. un. n. 16602 del 2005).
L’effetto dell’applicazione dei due principi è sempre il medesimo e comporterebbe
l’inammissibilità del motivo e, dunque, del ricorso.
Sia la discussione sull’esistenza del giudicato espresso, sia quella sull’esistenza del
giudicato implicito, infatti, sono precluse dalla mancata impugnazione — che, come s’è
detto, avrebbe dovuto farsi ai sensi dell’art. 395 n. 4 c.p.c. – dell’affermazione della
sentenza impugnata circa la mancata proposizione dell’appello sull’affermazione della
sentenza di primo grado in ordine all’esistenza comunque del secondo.
§4. 11 ricorso è, pertanto, dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza fra le parti costituite e si liquidano in dispositivo
ai sensi del d.m. n. 55 del 2014.

P. Q. M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione
alla parte resistente delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in euro
cinquemiladucento, di cui duecento per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per
legge.
iso nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile i13 gi
Est.
Il P

o 2014.

capo di essa, debba essere respinto nella sua interezza, divenendo inammissibili, per difetto

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