Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20174 del 25/09/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 20174 Anno 2014
Presidente: AMATUCCI ALFONSO
Relatore: FRASCA RAFFAELE

SENTENZA
sul ricorso 4670-2011 proposto da:
DE SANTIS ANTONIO POMPEO PIO DSNNTN53B27L049B,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA GIULIANA
38, presso lo studio dell’avvocato MARIO CESAREO,
rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE
DOMENICO LABRIOLA giusta procura a margine del
2014

ricorso;
– ricorrente –

1532
contro

CONSORZIO COOPERATIVE PRODUZIONE E LAVORO A RL CCPL
00134330356, in persona del legale rappresentante

Data pubblicazione: 25/09/2014

pro-tempore, IVANO SONCINI, elettivamente domiciliato
in ROMA, V.POMPEO TROGO 21, presso lo studio
dell’avvocato VINCENZO MALLAMACI, rappresentato e
difeso dall’avvocato VINCENZO MONTAGNA con studio in
75025 POLICORO (MT), VIA RESIA 3, giusta procura a

– controri corrente avverso la sentenza n. 251/2010 della CORTE D’APPELLO
di POTENZA, depositata il 15/10/2010 R.G.N. 412/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 13/06/2014 dal Consigliere Dott. RAFFAELE
FRASCA;
udito l’Avvocato MICHELE CALABRESE per delega;
udito l’Avvocato VINCENZO MONTAGNA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. AURELIO GOLIA che ha concluso per
raccoglimento del ricorso.

2

margine del controricorso;

R.g.n. 4670-11 (ud. 13.6.2014)

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

§1. Antonio Pompeo Pio De Santis ha proposto ricorso per cassazione contro il
Consorzio Cooperativo di Produzione e Lavoro s r.l. (CCPL) avverso la sentenza del 13
ottobre 2010, con la quale la Corte d’Appello di Potenza, in riforma della sentenza resa in
primo grado inter partes il 28 maggio 2004 da Tribunale di Matera(che aveva rigettato
l’opposizione proposta dall’intimato avverso un decreto ingiuntivo ottenuto nei suoi

confronti da esso ricorrente nel 1991, per ottenere il pagamento della somma di allora £
242.523.240, oltre accessori, a titolo di compenso professionale per l’attività di redazione
di un progetto per un’opera pubblica) ha invece accolto l’opposizione e revocato il decreto
ingiuntivo con compensazione delle spese dei due gradi di giudizio.
§2. Al ricorso ha resistito con controricorso il Consorzio intimato, che ha anche
depositato memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE
§1. Il Collegio reputa che il ricorso debba dichiararsi inammissibile per inosservanza
del requisito dell’esposizione sommaria dei fatti della causa, di cui al n. 3 dell’art. 366
c.p.c.
§2. E’ principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte quello secondo cui
si rileva che «per soddisfare il requisito imposto dall’articolo 366 comma primo n. 3 cod.
proc. civ. il ricorso per cassazione deve contenere l’esposizione chiara ed esauriente, sia
pure non analitica o particolareggiata, dei fatti di causa, dalla quale devono risultare le
reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le
giustificano, le eccezioni, le difese e le deduzioni di ciascuna parte in relazione alla
posizione avversaria, lo svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni, le
argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si fonda la sentenza impugnata e sulle
quali si richiede alla Corte di cassazione, nei limiti del giudizio di legittimità, una
valutazione giuridica diversa da quella asseritamene erronea, compiuta dal giudice di
merito. 11 principio di autosufficienza del ricorso impone che esso contenga tutti gli
elementi necessari a porre il giudice di legittimità in grado di avere la completa cognizione
della controversia e del suo oggetto, di cogliere il significato e la portata delle censure
rivolte alle specifiche argomentazioni della sentenza impugnata, senza la necessità di

3
Est. Cons. Raffaele Frasca

R.g.n. 4670-11 (ud. 13.6.2014)

accedere ad altre fonti ed atti del processo, ivi compresa la sentenza stessa» (ex multis,
Cass. n. 7825 del 2006; n. 12688 del 2006).
Nello stesso ordine di idee si è, inoltre, sempre ribadendo lo stesso concetto,
precisato che < di inammissibilità del ricorso per cassazione, dal n. 3 dell’art. 366 cod. proc. civ., postula
che il ricorso per cassazione, pur non dovendo necessariamente contenere una parte
relativa alla esposizione dei fatti strutturata come premessa autonoma e distinta rispetto ai

motivi o tradotta in una narrativa analitica o particolareggiata dei termini della
controversia, offra, almeno nella trattazione dei motivi di impugnazione, elementi tali da
consentire una cognizione chiara e completa non solo dei fatti che hanno ingenerato la lite,
ma anche delle varie vicende del processo e delle posizioni eventualmente particolari dei
vari soggetti che vi hanno partecipato, in modo che si possa di tutto ciò avere conoscenza
esclusivamente dal ricorso medesimo, senza necessità di avvalersi di ulteriori elementi o
atti, ivi compresa la sentenza impugnata». E, in applicazione di tale principio si è
dichiarato inammissibile il ricorso in cui risultavano omesse: la descrizione dei fatti che
avevano ingenerato la controversia, la posizione delle parti e le difese spiegate in giudizio
dalle stesse, le statuizioni adottate dal primo giudice e le ragioni a esse sottese, avendo, per
tali fondamentali notizie, il ricorrente fatto rimando alla citazione in appello) (Cass. n.
4403 del 2006).
Adde ancora: Cass. n. 15808 del 2008, secondo cui <>.
Le indicazioni che così si forniscono sono del tutto inidonee ad assicurare il rispetto
dei criteri di esposizione dei fatti della causa emergenti dalla ricordata giurisprudenza,
atteso che: aa) non viene individuata la fattispecie costitutiva della pretesa creditoria; bb)
non viene sommariamente indicato il tenore dell’opposizione al decreto; cc) nessun
ragguaglio, pur sommario, si somministra sull’atteggiarsi del lungo svolgimento

processuale di primo grado e sulle ragioni della sentenza del Tribunale; dd) nulla si dice,
sempre in via sommaria, sul tenore dell’appello e della resistenza ad esso, sicché il
riferimento alla argomentazione dell’appellante che sarebbe stata accolta dalla Corte
territoriale risulta del tutto incomprensibile.
L’esposizione del fatto sia sostanziale che processuale è del tutto lacunosa e quasi
inesistente.
Né potrebbe, atteso che parte ricorrente ha espressamente dedicato all’esposizione
del fatto una specifica parte del ricorso, venire in rilievo quella giurisprudenza confermata anche dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 5698 del 2012, che si è occupata
della esposizione c.d. assemblata — che ritiene che l’assolvimento dei requisito dell’art. 366
n. 3

ossa avvenire anche per il tramite dell’esposizione dei motivi, atteso

che questo caso concerne l’ipotesi di ricorso in cui manchi una parte del ricorso
formalmente destinata nella indicazione assertiva del ricorrente a detto assolvimento.
Lo si rileva non senza che debba comunque rimarcarsi che, se anche così non fosse e
si potesse nella specie, una volta constatato che ciò che parte ricorrente ha enunciato come
esposizione del fatto è gravemente inadeguato, ricercare se leggendo i motivi una
percezione dei fatti della causa sia possibile, dovrebbe rilevarsi che tale percezione
risulterebbe gravemente insufficiente, in quanto da detta lettura non solo non emerge
un’esposizione sufficiente nei sensi sopra indicati dalla giurisprudenza ricordata, ma anche
che, dove si fa riferimento in stretta correlazione con i due motivi al fatto sostanziale e
processuale che dovrebbe supportarli l’esposizione risulta del tutto insufficiente.
§3. Tale rilievo apre la strada all’evidenziare una seconda ragione di inammissibilità
del ricorso, che risiede nella violazione dell’art. 366 n. 6 c.p.c., che, peraltro, è stata
espressamente eccepita anche dal resistente.
§3.1. Essa concerne innanzitutto il primo motivo, con cui si deduce “violazione e
falsa applicazione degli artt. 1358 e 1359 c.c., insufficiente e contraddittoria motivazione
sul punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c.”.
6
Est. Cons. RaIThie Frasca

R.g.n. 4670-11 (ud. 116.2014)

L’illustrazione del motivo si fonda su documenti e atti riguardo ai quali non si
fornisce l’indicazione specifica nei termini di cui alla consolidata giurisprudenza della
Corte: si vedano, in particolare ed ex multis, Cass. (ord.) n. 22303 del 2008; Cass. sez. un.
n. 28547 del 2008 e 7161 del 2010; Cass. sez. un. n. 22726 del 2011 per gli atti
processuali. Da ultimo, riassuntivamente, Cass. n. 7455 del 2013 anche per l’espressa
affermazione, dimostrazione e giustificazione che la norma dell’art. 366 n. 6 costituisce il

ricorso per cassazione.
In particolare l’illustrazione del motivo, che concerne la questione della riconduzione
della vicenda dell’annullamento di un’aggiudicazione del contratto di appalto di opera
pubblica in relazione al quale era stata espletata la prestazione professionale del ricorrente,
si fonda:
al) sul contratto stipulato tra le parti in data 15 gennaio 1987, ma non si indica se e

dove esso fosse stato prodotto nelle varie fasi del giudizio di merito e soprattutto se e dove
lo sia stato e sia, quindi, esaminabile, in questo giudizio di legittimità;
a2) sullvspecifico contenuto delle clausole di cui all’art. 4 ed all’art. 6 del detto
contratto, delle quali non si riproduce direttamente il contenuto, ma lo si riproduce in modo
indiretto, il che, se fosse indicato se e dove il contratto sia stato prodotto consentirebbe di
controllare se l’indiretta riproduzione corrisponda al loro effettivo contenuto;
a3) sulla esecuzione della prestazione contrattuale da parte del ricorrente, riguardo
alla quale non si fornisce non solo alcuna indicazione del se e dove essa fosse stata fatta
constare nelle fasi di merito (il che avrebbe richiesto l’indicazione del documento o
dell’atto processuale da cui detta esecuzione emergeva) e del se e dove risulti in questo
giudizio, il che avrebbe richiesto l’indicazione del se e dove il documento o l’atto
processuale relativi fossero stati qui prodotti;
a4) sull’atto di aggiudicazione della gara relativa all’opera pubblica, riguardo al
quale, in disparte ogni riferimento diretto o indiretto al suo contenuto, che é totalmente
mancante, difetta l’indicazione del se se e dove la sua produzione fosse avvenuta nel
giudizio di merito e, soprattutto, del se e dove lo sia stata eventualmente in questo giudizio
di legittimità, nonché su una successiva convenzione del 23 febbraio 1987, riguardo alla
quale manca parimenti l’indicazione del se e dove esso sia stata prodotta e sia esaminabile
in questa sede;
a5) sul contenuto dell’atto di opposizione al decreto, riguardo al quale manca
l’indicazione del se e dove esso sia astato prodotto e sia esaminabile in questa sede;
Est. Co s. Raffaele Frasca
…^\

precipitato normativo del principio di autosufficienza dell’esposizione del motivo di

R.g.n. 4670-11 (ud. 13.6.2014)

a6) su una sentenza del T.a.r. Basilicata di annullamento dell’aggiudicazione,
riguardo alla quale nuovamente mancano le solite indicazioni.
§3.2. Ora, il Collegio rileva che già la sola mancanza di indicazione del se e dove sia
stato prodotto il contratto fra le parti è sufficiente a rendere inammissibile il motivo, atteso
che questa Corte non solo non è messa in condizione di verificare la corrispondenza
dell’indiretta riproduzione delle due clausole evocate a quanto sostenuto dal ricorrente, ma,
inoltre, non è messa in condizione di percepire il loro esatto significato nell’economia

dell’intero regolamento contrattuale.
L’una e l’altra percezione sarebbe stata indispensabile per procedere al giudizio
richiesto dal motivo sull’esattezza dell’apprezzamento che la Corte territoriale avrebbe
fondato sulle clausole.
Le omesse indicazioni specifiche ulteriormente evidenziate sopra si limitano solo a
rafforzare la conclusione dell’inosservanza dell’art. 366 n. 6 c.p.c.
Il primo motivo è, pertanto, inammissibile.
§3.3. Anche il secondo motivo — con cui si denuncia “violazione e falsa applicazione
degli artt. 115 e 116 c.p.c., art. 91 e 92 c.p.c., insufficiente e contraddittoria motivazione
sul punto della compensazione delle spese del doppio grado di giudizio, in relazione all’art.
360 n. 5 c.p.c. — e ci si duole che la Corte territoriale abbia compensato anche le spese del
primo grado di giudizio, così sottintendendosi — se mal non si comprende la prospettazione
— che esse avrebbero dovuto lasciarsi a carico del resistente, appare inammissibile.
In disparte l’erronea evocazione di un profilo ai sensi del n. 5 dell’ari 360 c.p.c.,
quando invece si postula violazione di norme del procedimento, come tali riconducibili al
n. 4 dell’ari 360c.p.c. (errore rimediabile secondo Cass. sez. un. n. 17931 del 2013), si
rileva che, come emerge a pagina 14 del ricorso, la prospettazione del motivo si fonda su
una serie di risultanze della vicenda di fatto e processuale indicate brevissimamente senza
alcuna indicazione rispettosa dell’art. 366 n. 6 c.p.c.
3.3.1. Peraltro, la prospettazione del motivo, risolvendosi nella postulazione che,
nonostante l’esito della lite sfavorevole al ricorrente e che ha visto vittoriosa la controparte
in appello, la Corte territoriale — che ha enunciato una motivazione con cui, a favore del
ricorrente, ha ritenuto di non applicare il principio di soccombenza ed ha compensato le
spese di entrambi i gradi di merito – dovesse lasciare a carico del resistente vittorioso le
spese del primo grado, risulterebbe priva di fondamento in iure, dato che determinerebbe
l’imposizione a carico della parte vittoriosa di una parte delle spese sostenute dal ricorrente
soccombente, con evidente violazione proprio delle due norme evocate_
8
Est. Const Rffe1e Frasca

R.g.n. 4670-11 (ud. 13.6.2014)

§4. Il ricorso è, conclusivamente, dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo ai sensi del d.m. n. 55
del 2014.

P. Q. M.

resistente delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in curo cinquemiladuecento, di
cui duecento per esborsi, oltre accessori e spese generali come per legge.
deciso nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile il 13 giugno 2014.

Est. Co

Raffaele Frasca

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione al

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