Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20171 del 15/07/2021

Cassazione civile sez. I, 15/07/2021, (ud. 24/11/2020, dep. 15/07/2021), n.20171

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 8718/2019 proposto da:

S.B., elettivamente domiciliato in Roma, alla via Taranto

90, presso lo studio dell’avv. Luciano Natale Vinci, rappresentato e

difeso dall’avv. Giuseppe Mariani, giusta procura in calce al

ricorso.

– ricorrente –

contro

MINISTERO dell’INTERNO;

– intimato –

avverso la sentenza della CORTE d’APPELLO di POTENZA n. 542/2018,

depositata il 31/08/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

24/11/2020 dal Cons. Dott. LUCA SOLAINI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

La Corte d’Appello di Potenza, con sentenza del 31.8.2018, ha respinto il gravame proposto da S.B., cittadino del Mali richiedente asilo, avverso l’ordinanza del Tribunale di Potenza che, confermando il provvedimento della competente Commissione territoriale, gli aveva negato il riconoscimento della protezione internazionale, anche nella forma sussidiaria, e di quella umanitaria.

Il ricorrente aveva riferito di aver lasciato il Mali nel 2014 per sfuggire alle minacce rivoltegli da uno zio materno, che voleva imporgli il matrimonio nonostante la sua giovane età, non avendo nessuno a cui rivolgersi per potersi difendere, e anche a causa della grave situazione del proprio Paese derivante dalla guerra.

La corte d’appello ha rilevato che la vicenda, di carattere intrafamiliare, non integrava alcuno dei presupposti per il riconoscimento dello status o della protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), tanto più che il richiedente non aveva neppure indicato in cosa consistesse il pericolo di danno grave paventato né aveva chiarito perché non aveva ritenuto di rivolgersi alla polizia per ottenere tutela dalle minacce (peraltro solo verbali) dello zio. Il giudice ha poi escluso che nella zona del Mali di provenienza del richiedente vi fosse una situazione di violenza indiscriminata dovuta a un conflitto armato interno o internazionale. Ha infine affermato che l’appellante non aveva allegato la ricorrenza di specifiche situazioni di sua vulnerabilità e non era stabilmente integrato in Italia ed ha pertanto respinto anche la domanda di protezione umanitaria.

Contro la sentenza S.B. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi.

Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con il primo motivo, che denuncia violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, nonché l’omesso esame di un fatto decisivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il ricorrente lamenta che la corte d’appello abbia respinto le domande di protezione sussidiaria “glissando sulle decine di pagine dell’atto d’appello” spese per dimostrare la sussistenza del danno grave cui egli sarebbe esposto in caso di rientro in Mali; sostiene, ancora, che il giudice avrebbe fondato il giudizio di non credibilità del racconto su criteri diversi da quelli previsti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, omettendo, in particolare, di valutare il clima di violenza indiscriminata in cui versa il suo Paese d’origine, fatto che da solo avrebbe giustificato l’accoglimento del gravame, quantomeno sotto il profilo di cui del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) e che abbia omesso di motivare sul punto, in particolare non indicando le ragioni per le quali il Mali sarebbe escluso dall’eccezione alla regola della minaccia individuale costituita dall’esistenza di un conflitto armato.

Col secondo motivo, che denuncia violazione dell’art. 132 c.p.c., il ricorrente sostiene che la sentenza non avrebbe illustrato le ragioni di rigetto della domanda di protezione umanitaria e rileva che i presupposti per il riconoscimento di tale misura sono diversi da quelli necessari alla concessione del diritto al rifugio o alla protezione sussidiaria.

Il primo motivo è inammissibile perché, innanzitutto, non specifica quale sia il fatto storico dedotto in giudizio che la corte del merito avrebbe omesso di esaminare e che, ove considerato, avrebbe condotto all’accoglimento delle domande, e riconduce erroneamente il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ad un insussistente dovere del giudice di confutare parola per parole le intere difese illustrate a fondamento dell’impugnazione; investe poi l’unica ratio decidendi sottesa alla pronuncia di rigetto, costituita dal rilievo che i fatti allegati dal ricorrente esulano dai presupposti per la concessione dello status e della protezione sussidiaria, unicamente sotto il profilo della mancata valutazione delle condizioni in cui versa il Mali, che invece la corte d’appello non ha mancato di accertare (con specifico riferimento alla regione di provenienza di S.B.), né cita o richiama specifiche fonti atte a smentire detto accertamento; denuncia la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, senza considerare che la corte non ha espresso un giudizio di inattendibilità della vicenda, ma si e’, per l’appunto, limitata ad escludere che essa integrasse i presupposti per l’accoglimento delle domande cd. di protezione maggiore.

Il secondo motivo è infondato nella parte in cui denuncia il vizio di omessa motivazione, posto che la corte d’appello ha illustrato le ragioni del proprio convincimento (mancata integrazione in Italia del ricorrente, mancata deduzione di profili specifici di vulnerabilità); è invece inammissibile laddove lamenta, ancora una volta in via del tutto generica, l’omessa valutazione della situazione generale del Mali, senza specificare se, e in quale esatta sede processuale, siano stati allegati in giudizio fatti ulteriori e diversi da quelli posti a fondamento delle altre due domande di protezione c.d. “maggiore” (Cass. n. 21123/19).

La mancata costituzione dell’amministrazione statale esonera il collegio dal provvedere sulle spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 24 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2021

 

 

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