Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20170 del 18/08/2017

Cassazione civile, sez. III, 18/08/2017, (ud. 12/07/2017, dep.18/08/2017),  n. 20170

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – rel. Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 2183-2016 proposto da:

P.F. SRL, in persona del suo A.U. legale rappresentante

Rag. P.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEGLI

SCIPIONI N 268/A, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE LEPORACE,

che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato ATTILIO

SANTIAGO giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

P.T.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

SABOTINO 2, presso lo studio dell’avvocato ROBERTINO ORLANDO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato RAFFAELE GIGLIO giusta

procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

nonchè contro

P.F., LATERIZI MEDITERRANEI SRL;

– intimati –

avverso la sentenza n. 419/2015 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 25/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/07/2017 dal Consigliere Dott. BARRECA GIUSEPPINA LUCIANA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SOLDI ANNA MARIA che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato ATTILIO SANTIAGO;

udito l’Avvocato RAFFAELE GIGLIO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza pubblicata il 25 marzo 2015 la Corte d’appello di Catanzaro, decidendo sull’appello proposto dalla P.F. s.r.l. e Laterizi Mediterranei s.r.l. nei confronti di P.T.L. e di P.F., nonchè sull’appello incidentale di quest’ultimo, contro la sentenza del Tribunale di Cosenza del 21 settembre 2009, ha rigettato entrambi gli appelli, confermando la sentenza di primo grado.

Con questa, il Tribunale, per quanto ancora qui rileva, aveva accolto l’opposizione di terzo, avanzata da P.T.L. avverso l’atto di pignoramento dell’usufrutto della partecipazione sociale del 40% alla società P.F. s.r.l., effettuato dalla stessa società ai danni di P.F., suo debitore per la somma di Euro 616.591,15.

L’opponente P.T.L. aveva fatto valere la proprietà piena della quota del 40% del capitale sociale avendogli il padre, P.F., trasferito l’usufrutto di cui era prima titolare con atto di cessione in data precedente il pignoramento.

Il Tribunale aveva ritenuto la prevalenza dell’atto di cessione in quanto iscritto nel registro delle imprese prima dell’iscrizione dell’atto di pignoramento e perciò da ritenersi opponibile al creditore pignorante, ai sensi dell’art. 2470 c.c., comma 3, norma ritenuta applicabile al caso di specie.

1.1. La Corte d’appello ha condiviso questa conclusione e, ribadendo la sussistenza della buona fede del cessionario, ha confermato la sentenza di primo grado, con condanna della società appellante al pagamento delle spese di lite in favore dell’appellato P.T.L..

2. La sentenza è impugnata dalla P.F. S.r.l. con ricorso basato su quattro motivi, illustrati da memoria.

P.T.L. resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo è dedotta “violazione e falsa applicazione art. 2740 c.c., comma 1 e comma 3 e art. 2471 c.c., comma 1, vigenti ratione temporis in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, sostenendosi da parte della ricorrente che, quando creditrice pignorante è la società, nel conflitto con l’acquirente della partecipazione sociale, si dovrebbe applicare il primo comma dell’art. 2470 c.c. (nel testo vigente all’epoca dell’atto di cessione, che prevedeva l’iscrizione nel libro soci), non il comma 3, come ritenuto dal giudice.

1.1. Col secondo motivo è dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 2470 c.p.c., comma 3, sostenendosi che la norma ove ritenuta applicabile – dovrebbe essere interpretata nel senso di dare prevalenza alla data di deposito dell’atto presso il registro delle imprese e non alla data della sua iscrizione, sicchè l’efficacia di quest’ultima dovrebbe retroagire alla data della domanda di iscrizione. Pertanto, nel conflitto dovrebbe prevalere colui che abbia per primo presentato tale domanda piuttosto che colui che per primo abbia conseguito l’iscrizione, come invece ritenuto dal giudice.

1.2. Col terzo motivo è dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 2470 c.c., comma 3, artt. 1147 e 1155 c.c.; degli artt. 115 e 116 c.p.c. e artt. 329,339 e 342 c.p.c. ed, ancora, degli artt. 2727 e 2729 c.c.; infine, omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, sostenendosi l’errore del giudice, in fatto ed in diritto, relativamente all’accertamento della sussistenza, nel caso di specie, della buona fede del terzo iscrivente ai sensi dell’art. 2470 c.c., comma 3.

1.3. Col quarto motivo, erroneamente rubricato come terzo, è dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 2470 c.c., comma 3, artt. 1147 e 1155 c.c., sostenendosi che l’accertamento della buona fede del terzo avrebbe dovuto essere fatto con riferimento alla data dell’iscrizione dell’atto nel registro delle imprese, e non al momento della cessione, come ritenuto dal giudice.

2. I motivi risultano in parte infondati ed in parte inammissibili, per le seguenti ragioni della decisione, che comportano anche la correzione della motivazione della sentenza impugnata ai sensi dell’art. 384 c.p.c., u.c..

Giova premettere quanto segue in punto di cronologia degli atti in questione, sostanzialmente incontestata tra le parti (salvo che per un dato, da reputarsi però irrilevante):

– 1 dicembre 2005 redazione dell’atto di cessione, con rogito notarile, dell’usufrutto della partecipazione sociale da parte del socio P.F., poi esecutato, in favore del figlio e nudo proprietario, P.T.L.;

– 12 dicembre 2005 deposito dell’atto di cessione al registro delle imprese col numero di protocollo (OMISSIS);

– 12 dicembre 2005 iscrizione dell’atto di cessione al registro delle imprese;

– 5 dicembre 2005 notifica al registro delle imprese (sostenuta dalla società, ma non accertata dal giudice d’appello: cfr. pag. 6 della sentenza) dell’atto di pignoramento, comunque protocollato in data 19 dicembre 2005 col numero di protocollo (OMISSIS);

– 20 dicembre 2005 iscrizione del pignoramento al registro delle imprese.

Questa successione cronologica rende il dispositivo della sentenza conforme a diritto quanto alla conclusione raggiunta dell’efficacia in pregiudizio della società creditrice pignorante dell’atto di cessione iscritto nel registro delle imprese precedentemente al pignoramento.

3. I motivi primo e secondo sono infondati perchè il Collegio ritiene che la norma applicabile non sia l’art. 2470 c.c., quindi nemmeno è da discutere del rapporto tra il primo ed il comma 3 di questo.

La disposizione è volta a regolare gli effetti nei confronti della società degli atti di trasferimento delle partecipazioni sociali (comma 1) ed il conflitto tra diversi acquirenti (comma 3).

Essa non regola il conflitto tra il creditore pignorante ed i terzi acquirenti, nè appare applicabile analogicamente a questa fattispecie. E’ bene prendere le mosse dall’art. 2471 c.c., in tema di espropriazione della partecipazione di s.r.l.. Non rileva ai fini della presente decisione approfondire la questione, posta dalla norma, dell’individuazione del momento in cui il pignoramento si perfeziona. E’ qui sufficiente osservare che l’iscrizione nel registro delle imprese rende il pignoramento opponibile ai terzi.

Essa costituisce perciò il dato di riferimento per dirimere il conflitto tra creditore pignorante e terzo acquirente.

In linea di principio, questa conclusione non osterebbe ad un’applicazione analogica dell’art. 2470 c.c., comma 3.

Per contro, va osservato, in primo luogo, che questa norma si pone come eccezionale nel regime della pubblicità, non solo immobiliare ma anche commerciale, perchè combina il dato formale dell’iscrizione con lo stato soggettivo dell’iscrivente, non senza considerare che l’opinione prevalente in dottrina è nel senso che, comunque, la tutela non sia assicurata all’acquirente a non domino, malgrado l’anteriorità dell’iscrizione.

La natura eccezionale dell’art. 2470 c.c., comma 3, impedisce quindi, in mancanza di apposita previsione, la sua estensione al conflitto tra il creditore pignorante e l’acquirente della partecipazione.

3.1. Comunque, ed in via dirimente, va osservato che la mancanza di un’apposita disciplina che regoli gli effetti del pignoramento di quota sociale, la norma applicabile è quella specificamente posta dall’art. 2914 c.c., che regola appunto gli effetti delle alienazioni nei confronti del creditore pignorante.

La fattispecie in esame non è letteralmente riconducibile ad alcuno dei numeri da 1) a 4) della disposizione.

Esclusa l’applicabilità delle regole dei numeri 2) e 3), la scelta interpretativa da farsi tra i numeri 1) e 4) si basa sull’attribuzione alla partecipazione sociale della natura di bene mobile iscritto in pubblici registri ovvero di bene mobile suscettibile di “possesso” ai sensi dell’art. 2913 c.c. e del detto n. 4) dell’art. 2914 c.c..

Questa seconda opzione è stata sostenuta in dottrina in forza della diversa portata attribuita al sistema della pubblicità dell’impresa rispetto alla pubblicità immobiliare, non avendo la prima la portata reale che è invece propria della seconda.

L’argomento è stato fatto proprio da un precedente di questa Corte (Cass. n. 10826/14, relativo ad un caso cui non era applicabile la riforma del diritto societario del 2003), tuttavia con le precisazioni che l’equiparazione della quota sociale ai beni mobili registrati va esclusa “quanto all’efficacia degli atti di trasferimento” (come si legge nella relativa motivazione) e però ne va esclusa anche la natura di bene mobile suscettibile di possesso, in quanto assimilabile ai beni mobili immateriali (cfr. Cass. n. 6957/2000).

Orbene, avuto riguardo alla disciplina introdotta dalle disposizioni rinnovate degli artt. 2470 e 2471 c.c., le conclusioni sopra raggiunte in punto di inapplicabilità dell’art. 2914 c.c., n. 1 non convincono.

Non pare infatti corretto inferire la natura del bene di che trattasi, ai fini dell’applicazione di questa norma, dagli effetti della sua pubblicità, piuttosto che prendere atto della previsione di un apposito regime pubblicitario che, di per sè, è idoneo a differenziare la partecipazione sociale dai beni mobili immateriali nonchè dai beni mobili suscettibili di “possesso” ai sensi dell’art. 2913 c.c., (ritenuto operante a seguito dell’annotazione sul libro soci, nel regime previgente) ed ai sensi dell’art. 2914 c.c., n. 4, (tanto è vero che poi la stessa dottrina che ritiene applicabile questa norma finisce per attribuire rilevanza all’iscrizione dell’atto di cessione della partecipazione nel registro delle imprese, al fine di attribuire data certa ai sensi dello stesso n. 4 dell’art. 2914 c.c.).

Piuttosto, si ritiene che, sebbene l’alienazione della partecipazione della s.r.l. non si “trascriva” nei pubblici registri, ma si “iscriva” nel registro delle imprese – così come d’altronde anche il pignoramento – e sebbene non vi sia dubbio che la pubblicità commerciale, quanto agli effetti traslativi, non sia equiparabile alla pubblicità immobiliare, non sussistono ostacoli significativi all’applicazione dell’art. 2914 c.c., n. 1,. al fine di dirimere il conflitto tra l’acquirente della partecipazione sociale ed il creditore pignorante.

In conclusione, va affermato che, in tema di pignoramento della partecipazione a società a responsabilità limitata, il conflitto tra creditore pignorante ed acquirente della partecipazione va risolto applicando l’art. 2914 c.c., n. 1, con la conseguenza che non hanno effetto in pregiudizio del primo le alienazioni che siano state iscritte nel registro delle imprese successivamente all’iscrizione del pignoramento, senza che rilevi lo stato soggettivo di buona fede, non essendo applicabile l’art. 2470 c.c., comma 3.

3.2. Applicando questo principio di diritto al caso di specie si ha l’opponibilità alla società qui ricorrente dell’atto di cessione dell’usufrutto della partecipazione sociale iscritto nel registro delle imprese in data 12 dicembre 2005, in quanto l’atto di pignoramento della stessa partecipazione sociale è stato iscritto il 19 dicembre 2005.

La norma applicabile rende irrilevante la circostanza, su cui si insiste col primo motivo, che creditore pignorante nel caso di specie sia la società e che nei suoi confronti il trasferimento dell’usufrutto avrebbe avuto effetto solo al momento dell’iscrizione nel libro soci (ai sensi dell’art. 2470 c.c., comma 3, applicabile ratione temporis), in quanto anche nel vigore dell’art. 2470 c.c., comma 1, e dell’ultimo inciso dell’art. 2471 c.c., comma 1, (che prevedeva l’annotazione del pignoramento sul libro soci da parte degli amministratori “senza indugio”), l’annotazione dell’atto di trasferimento della partecipazione sociale e del pignoramento nel libro dei soci non aveva rilevanza alcuna ai fini della soluzione del conflitto tra l’acquirente ed il creditore pignorante.

I primi due motivi di ricorso vanno perciò rigettati.

4. Dato il principio di diritto su affermato, sono inammissibili per carenza di interesse i motivi terzo e quarto, poichè attinenti alla sussistenza o meno della buona fede del terzo, in diritto non rilevante.

In conclusione, il ricorso va rigettato.

La novità della questione posta dal ricorso, l’assenza di precedenti giurisprudenziali di legittimità e la correzione della motivazione della sentenza impugnata costituiscono giusti motivi di compensazione delle spese del presente giudizio.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1 quater, si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 12 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 18 agosto 2017

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