Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2017 del 24/01/2022

Cassazione civile sez. lav., 24/01/2022, (ud. 07/12/2021, dep. 24/01/2022), n.2017

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Fui ricorso 5438-707G propQRtu ùg:

E.F., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato DI ROSA CLEMENTINA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO – Commissione Territoriale per il

Riconoscimento della Protezione Internazionale di Salerno, in

persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis

dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia

in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI 12;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 6327/2019 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 31/12/2019 R.G.N. 5672/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

07/12/2021 dal Consigliere Dott. CINQUE GUGLIELMO.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. La Corte di appello di Napoli, con la sentenza n. 6327 del 2019, ha confermato il provvedimento emesso dal Tribunale della stessa sede con il quale era stata respinta la domanda di protezione internazionale ed umanitaria, proposta dal ricorrente in epigrafe indicato, cittadino della Nigeria.

2. Nella gravata sentenza si legge che il richiedente aveva lasciato il proprio Paese, dove lavorava come cuoco, in quanto era stato minacciato da uno zio che rivendicava un terreno lasciato dal nonno paterno e che esso richiedente occupava dopo che era deceduto il padre; è stato, poi, specificato che anche la madre era stata costretta a lasciare l’abitazione nei pressi del terreno per sottrarsi alle minacce dello zio ed era andata a vivere in un’altra zona dell’Edo State.

3. A fondamento della decisione la Corte di merito ha sottolineato che, nella prospettazione dei fatti del richiedente, non erano ravvisabili i presupposti né per ottenere lo status di rifugiato né la protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b); che nella zona di provenienza non sussisteva neanche una situazione di “conflitto interno” che giustificasse la protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c); che le condizioni di salute (affezione da HIV) erano stabilizzate, non acute e comunque tali da potere essere curate in Nigeria ove vivevano ancora la madre e le due sorelle.

4. Avverso la sentenza di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione il richiedente affidato a quattro motivi.

5. Il Ministero dell’Interno si è costituito, al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. I motivi possono essere così sintetizzati.

2. Con il primo motivo il ricorrente denuncia l’error in iudicando, la violazione e falsa applicazione degli artt. 3,5,6,7,8 e 14 D.Lgs. n. 251 del 2007, in relazione allo status di rifugiato e alla protezione sussidiaria, ex art. 360 c.p.c., n. 3, per non avere considerato la Corte di appello che la vicenda persecutoria personale narrata nonché l’attuale peggioramento del quadro socio-politico del Paese di origine avrebbero giustificato il riconoscimento delle suddette protezioni.

3. Con il secondo motivo si censura l’error in iudicando, la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in relazione alla protezione umanitaria, per non avere ritenuto la Corte di merito che le condizioni di peculiare vulnerabilità oggettiva e soggettiva di esso richiedente avrebbero giustificato il rilascio del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie.

4. Con il terzo motivo il ricorrente si duole dell’error in iudicando, in particolare della violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, e art. 27, comma 1-bis, nonché l’omessa istruttoria ex officio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, per essersi la Corte di appello limitata ad una valutazione superficiale e inadeguata, omettendo il dovuto approfondimento della specifica vicenda personale di esso richiedente anche alla stregua della attuale ed effettiva situazione socio-politica del Paese di origine.

5. Con il quarto motivo il ricorrente eccepisce l’error in procedendo, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, per non avere la Corte di appello adeguatamente valutato la documentazione prodotta circa la situazione di instabilità ed insicurezza della regione di provenienza nonché le condizioni di vulnerabilità oggettiva e soggettiva.

6. Per motivi di pregiudizialità logico-giuridica, deve essere esaminato preliminarmente il terzo motivo.

7. Esso è fondato.

8. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), è dovere del giudice verificare avvalendosi dei poteri officiosi di indagine e di informazione di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, se la situazione di esposizione a pericolo per l’incolumità fisica indicata dal ricorrente e astrattamente sussumibile in una situazione tipizzata di rischio, sia effettivamente sussistente nel Paese nel quale dovrebbe essere disposto il rimpatrio, con accertamento aggiornato al momento della decisione (Cass. n. 28990 del 2018; Cass. n. 17075 del 2018).

9. Il predetto accertamento va compiuto in base a quanto prescritto dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, e, quindi, “alla luce di informazioni precise e aggiornate circa la situazione generale esistente nel Paese di origine dei richiedenti asilo e, ove occorra, dei Paesi in cui questi sono transitati, elaborate dalla Commissione Nazionale sulla base dei datti forniti dall’ACNUR, dal Ministero degli affari esteri, anche con la collaborazione di altre agenzie ed enti di tutela dei diritti umani operanti a livello internazionale, o comunque acquisite dalla Commissione stessa”.

10. E’, quindi, onere del giudice di merito procedere, nel corso del procedimento finalizzato al riconoscimento della protezione internazionale, a tutti gli accertamenti officiosi finalizzati ad acclarare l’effettiva condizione del Paese di origine del richiedente, avendo poi cura di indicare esattamente, nel provvedimento conclusivo, le parti utilizzate ed il loro aggiornamento.

11. In proposito, deve ribadirsi anche che l’indicazione delle fonti di cui all’art. 8 non ha carattere esclusivo, ben potendo le informazioni sulle condizioni del Paese estero essere tratte da concorrenti canali di informazione, anche via web, quali ad esempio i siti internet delle principali organizzazioni non governative attive nel settore dell’aiuto e della cooperazione internazionale (quali ad esempio Amnesty International e Medici senza frontiere) che spesso contengono informazioni dettagliate e aggiornate (cfr. Cass. n. 13449 del 2019 per esteso).

12. In modo estremamente sintetico, può quindi affermarsi che il giudice deve indicare, in modo specifico e dettagliato, fonti che abbiano un certo grado di credibilità e che facciano riferimento ad una situazione sociopolitica aggiornata del Paese di origine del richiedente.

13. Più recentemente (cfr. Cass. n. 15215 del 2020) è stato affermato il principio di diritto secondo il quale: “Le informazioni relative alla situazione esistente nel paese di origine del richiedente la protezione internazionale o umanitaria che il giudice di merito trae dalle C.O.I. o dalle altre fonti informative liberamente consultabili attraverso i canali informatici vanno considerate, in ragione della capillarità della loro diffusione e della facile accessibilità per la pluralità di consociati, alla stregua del fatto notorio; il dovere di cooperazione istruttoria che il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, pongono a carico del giudice, nella materia della protezione internazionale ed umanitaria, impone allo stesso di utilizzare, ai fini della decisione, C.O.I. ed altre informazioni relative alla condizione interna del paese di provenienza o rimpatrio del richiedente, ovvero della specifica area di esso, che siano adeguatamente aggiornate e tengano conto dei fatti salienti interessanti quel Paese o area, soprattutto in relazione ad eventi di pubblico dominio, la cui mancata considerazione costituisce, in funzione della loro oggettiva notorietà, violazione dell’art. 115 c.p.c., comma 2”.

14. Inoltre, il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, nel prevedere che ciascuna domanda sia esaminata alla luce di informazioni precise ed aggiornate circa la situazione generale esistente nel Paese di origine del richiedente asilo e, ove occorra, dei paesi in cui questi sono transitati, deve essere interpretato nel senso che l’obbligo di acquisizione di tali informazioni deve essere osservato in riferimento ai fatti esposti e ai motivi svolti in seno alla richiesta di protezione internazionale (Cass. n. 2355/2020; Cass. n. 30105/2018) e, quindi, anche in relazione al problema delle aggressioni e delle minacce subite in ambito familiare.

15. Nella fattispecie, la Corte territoriale si è limitata a richiamare, per escludere ogni ipotesi prevista dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, fonti unicamente riguardanti la presenza di un “conflitto interno” nella regione di provenienza ovvero l’incidenza della infezione dell’HIV nella regione di provenienza del richiedente.

16. Manca, invece, ogni riferimento, con il conseguente approfondimento istruttorio, in relazione al problema della persecuzione familiare cui sarebbero stati sottoposti il richiedente e la madre, costretti a lasciare l’abitazione a seguito delle minacce subite dallo zio paterno.

17. Ai sensi della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, fatta a Istanbul maggio 2011, art. 3, lett. b), ratificata e resa esecutiva in Italia con L. 27 giugno 2013, n. 77, “l’espressione “violenza domestica” designa tutti gli atti di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all’interno della famiglia o del nucleo familiare”, sicché, anche tenendo conto del complessivo contenuto della Convenzione (vedi: Cass. 17 maggio 2017, n. 12333), la Corte avrebbe dovuto esercitare i propri poteri-doveri d’indagine officiosi e di acquisizione di informazioni aggiornate specificamente sulle violenze domestiche e sulla diffusione o meno di condizioni di schiavitù subite in Nigeria da parte di colui che, divenuto orfano, possa essere perseguitato per motivi ereditari dai familiari.

18. La censura, sotto questo profilo, è pertanto meritevole di accoglimento.

19. La trattazione degli altri motivi resta, conseguentemente, assorbita.

20. La sentenza impugnata dovrà, quindi, essere cassata, in relazione al motivo accolto, con rinvio della causa alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione, la quale, nel procedere al suo nuovo esame, si atterrà ai principi sopra illustrati e provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il terzo motivo, assorbiti gli altri; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 7 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 24 gennaio 2022

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