Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20169 del 25/09/2020

Cassazione civile sez. trib., 25/09/2020, (ud. 18/11/2019, dep. 25/09/2020), n.20169

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A. C. – Consigliere –

Dott. PANDOLFI Catello – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 1171-2013 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale

dello Stato con domicilio in Roma via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

Fallimento (OMISSIS) srl in liq. rappresentata e difesa dagli avv. ti

Pietro e Guido Gaeta con domicilio eletto in Roma via G.Palumbo 26

presso la soc. E.P. spa;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Campania n. 209/50/12 depositata il 14.05.2012;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/l1/2019

dal Consigliere Catello Pandolfi.

 

Fatto

RILEVATO

che:

L’Agenzia delle Entrate ha presentato ricorso per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria regionale della Campania n. 209/50/12 depositata il 14 maggio 2012.

La vicenda tare origine dall’avviso di accertamento, in data 3.11.2009, con cui l’Ufficio contestava alla società (OMISSIS) s.p.a. un maggior reddito per l’anno d’imposta 2004, accertato ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 39 e 40.

La società opponeva l’atto con il ricorso, che la CTP di Napoli rigettava. L’appello della contribuente trovava invece accoglimento con la decisione che l’Agenzia delle Entrate ha impugnato in questa sede, con il ricorso in esame basato su un unico motivo.

Resiste con controricorso la società, già posta in liquidazione, che nel corso del giudizio informava d’essere stata dichiarata fallita con Sentenza del Tribunale di Napoli depositata il 18 maggio 2015.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con l’unico motivo di ricorso L’Agenzia delle Entrate ha ravvisato violazione degli artt. 115 e 116 nonchè insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

Giova ricordare, come si desume dal ricorso in esame, che l’accertamento è basato su circostanze ritenute dall’Amministrazione costituenti presunzioni gravi, precise e concordanti, esposte nel processo verbale di contestazione della Guardia di Finanza del (OMISSIS), facente parte integrante del verbale di accertamento.

L’ipotesi rappresentata dall’ufficio è che la società si sia avvalsa di fatture per operazioni inesistenti, emesse dalla ditta, apparente prestatore, per giustificare la contabilizzazione, da parte dell’apparente committente, di costi fittizi e di quote di ammortamento relative alle suddette inveritiere fatture.

L’importo così contabilizzato è indicato in complessivi Euro 626.236,00 pari alla sommatoria di Euro 592.500,00 (a titolo di costi) ed Euro 33.736,00 (a titolo di quote di ammortamento). In tal modo – si sostiene – è stato possibile ridurre il volume d’affari dichiarato di Euro 4.351.384,00 rispetto a quello maggiore, accertato in Euro 4.880.929,00. La conseguenza tratta dall’Ufficio da tale operazione è stata quella di ritenere che la società avesse conseguito un maggior reddito d’impresa (Euro 1.199.959,00 a fronte di Euro 44.178,00 dichiarati) ed avesse omesso di contabilizzare maggiori ricavi, pari alla differenza tra il volume d’affari dichiarato e quello accertato (pari a Euro 529.545.00).

La CTR, come si desume dall’esame della pronuncia impugnata, ha mancato di verificare l’iter argomentativo dell’Ufficio alla luce delle circostanze dedotte nel p.v.c., dal quale si desume che la ditta “I.T. & B. Communications di Giancarlo Borromeo” non abbia fornito alla (OMISSIS) s.p.a. alcuna prestazione, tal che le fatture, dalla prima emesse alla seconda, non riflettevano attività realmente rese.

Le ragioni, per le quali la CTR abbia ritenuto di ignorare le risultanze dell’attività accertativa trasfuse nel p.v.c. unito all’avviso di accertamento, non sono giustificate ed è, al riguardo, irrilevante la circostanza, cui fa riferimento il giudice regionale, che l’avviso di accertamento non avesse fatto “specifico riferimento” alle singole “voci” di contestazione oggetto del processo verbale, al cui contenuto era intrinsecamente e inscindibilmente correlato l’avviso, o che lo stesso non ne avesse riportato stralci, riferibili a ciascuna voce.

Questa Corte, infatti, ha più volte affermato, e il Collegio lo ribadisce, che “In tema di contenzioso tributario, l’avviso di accertamento soddisfa l’obbligo di motivazione, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 56, ogni qualvolta l’Amministrazione abbia posto il contribuente in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali e, quindi, di contestarne efficacemente l'”an” ed il “quantum debeatur”, sicchè l’atto è correttamente motivato quando fa riferimento ad un processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza, regolarmente notificato o consegnato all’intimato, senza che l’Amministrazione sia tenuta ad includervi notizia delle prove poste a fondamento del verificarsi di taluni fatti o a riportarne, sia pur sinteticamente, il contenuto (Sez. 5 -, Sentenza n. 27800 del 30/10/2019)

La stessa CTR, del resto, nel riassumere la vicenda al suo esame, afferma, al punto 1 della parte narrativa della decisione, ha affermato: “L’Ufficio di Napoli 3 dell’Agenzia delle Entrate notificava in data 3.11.2009 alla (OMISSIS) s.p.a. un avviso di accertamento con il quale accertava, per l’anno 2004, maggiori redditi imponibili in seguito alla verifica fiscale della Guardia di Finanza di cui al p.v.c redatto in data (OMISSIS)”. In tal modo risulta evidente che la CTR avesse ben chiaro che quel documento (del cui contenuto è pacifico avesse cognizione) fosse la fonte delle circostanze assunte dall’Ufficio a base delle sue deduzioni e che costituisse, in uno con l’avviso di accertamento, l’oggetto della sua cognizione.

La palese complementarietà tra i due documenti rendeva superfluo, per stabilire la correlazione, chiaramente colta dallo stesso giudicante, che l’avviso di accertamento, per giustificare la mancata trasposizione in esso di “stralci” del p.v.c., contenesse o meno formule di rito quale “a risparmio di tempo e/o di scrittura”, dalla cui assenza la CTR sembra trarre motivo (errando) per ritenere il processo verbale “estraneo” alla (inutilizzabile per la) sua cognizione.

La tesi che l’Ufficio rappresentava, alla luce dell’esito dell’attività di accertamento degli organi di polizia tributaria e del conseguente avviso dell’Agenzia, era, dunque, che le fatture emesse dalla ditta “LT. 6 B…” riguardassero prestazioni, per corsi di formazione informatica e di lingua inglese, non solo mai rese dalla ditta del B., ma mai svoltesi in quelle discipline e in quei termini in seno alla società ricorrente, come dichiarato dal Bl. responsabile commerciale e socio della (OMISSIS). Ciò si desume dallo stralcio del processo verbale, inglobato dall’Ufficio nel corpo del suo ricorso.

In altri termini, l’A.F. ne desumeva che si trattasse di fatture fittizie relative a prestazioni, mai rese dalla società, finalizzate e utilizzate per contabilizzare costi mai sostenuti, anche in base ai controlli contabili incrociati presso la “IT&B….” da cui emergeva che, per l’anno 2005, la ditta emittente aveva dichiarato un volume d’affari pari a zero, laddove nella contabilità della (OMISSIS) erano state rinvenute 42 fatture, emesse dalla prima, per oltre 300.000,00 Euro a conferma della loro strumentalità. Come si desume dalla trasposizione del p.v.c. nel corpo del ricorso.

Tale era, dunque, la verifica che la CTR avrebbe dovuto svolgere, ma alla quale non ha provveduto.

Il motivo di ricorso per la violazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 1 e 5, nella formulazione antecedente alla novella di cui al D.L. n. 83 del 2012, applicabile ratione temporis è, pertanto, fondato.

In particolare:

– Non è condivisibile che la CTR abbia escluso la sussistenza della prova che le contestate deduzioni di costi, per Euro 592.500,00, derivassero da fatture per operazioni inesistenti, per la sola circostanza che un istituto di credito (MPS Capital Service…), a cui la (OMISSIS) si era rivolta per un finanziamento, e la società di revisione Advisor Consulting Italia srl, nell’esaminare la documentazione della società, non avevano rilevato la presenza di fatture per operazioni mai rese.

Tale circostanza non esimeva, infatti, la CTR dall’esaminare anche l’esito dell’accertamento dell’Ufficio desumibile dal p.v.c. (del quale è pacifico disponesse) e darne conto nella sua motivazione.

E’ evidente, infatti, che l’istruttoria condotta dall’istituto di credito o l’esame svolto dalla società di revisione non implicavano anche l’assunzione a verbale di dichiarazioni di persone, come avvenuto nella specie, attraverso l’apporto conoscitivo dei sigg. B. e Bl. e il vaglio delle rispettive affermazioni per verificarne l’attendibilità. – Quanto, alla contestazione dell’Ufficio circa maggiori ricavi non dichiarati, non è condivisibile, come si legge della sentenza impugnata (pag.3), che tale “voce”, pari a Euro 529.545,00, sarebbe priva di “sostegno” nell’avviso di accertamento, in mancanza di uno “specifico riferimento” al p.v.c.. L’affermazione contrasta con il fatto che la stessa CTR, sempre nella parte narrativa, nel riassumere il thema decidendum, aveva precisato, richiamando espressamente il p.v.c. del 29.7.2009, che l’Ufficio aveva contestato un maggior ricavo, qualificato dalla società contribuente come somme versate dai soci “in conto futuro aumento di capitale….che si ritenevano effettuati non con mezzi propri (dei soci), ma con l’utilizzo di ricavi non fatturati”. La CTR, in altri termini, ha omesso di valutare una delle contestazioni dell’Ufficio, ancora una volta, non avvalendosi inspiegabilmente dei dati acquisiti dall’Amministrazione e trasfusi nel p.v.c., benchè l’avesse essa stessa richiamato e riassunto nella parte narrativa della sua decisione.

La tesi dell’amministrazione, come detto, traeva la sua fonte dall’esito della verifica trasfusa nel processo verbale correlato all’avviso e in esso richiamato, indicante diffusamente le ragioni che avevano indotto l’Amministrazione a presumere le circostanze contestate. Processo verbale di cui il giudice disponeva, aveva piena cognizione e di cui avrebbe dovuto tener conto.

– Quanto infine alle eccezioni sollevate dalla resistente:

a) va respinta quella secondo cui l’Agenzia delle Entrate avrebbe posto in essere “un appello parziale”, per aver omesso di impugnare la parte della sentenza d’appello, ove il giudice regionale aveva ritenuto non provata la reale natura della somma quale maggior ricavo in nero. Il gravame della decisione regionale non avrebbe contemplato tale aspetto.

L’eccezione è infondata posto che, con il ricorso in esame l’Ufficio ha chiesto, con le conclusioni, la cassazione della sentenza, sul presupposto della legittimità dell’avviso d’accertamento nella sua interezza, cioè con riferimento a tutte le “voci” con esso contestate alla contribuente (deduzione di costi e quote d’ammortamento inesistenti e mancata contabilizzazione di maggior ricavo).

b) va, altresì, respinta l’eccezione circa la violazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, commi 2 e 7, in merito al superamento dei termini massimo di durata delle operazioni di verifica presso la sede del contribuente, dedotto dalla “(OMISSIS)” solo nel controricorso, dal momento che tale censura non risulta dedotta nei precedenti gradi di merito, nè del resto la resistente lo afferma o ne indica la fase in cui (o l’atto con cui) sarebbe stata dedotta. Alcun cenno ad essa è contenuto nella parte del controricorso (pagg. da 2 a 5) dedicata alla riassunzioni delle deduzioni della società nella fasi di merito.

Il ricorso, pertanto, va accolto. La sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Campania, in diversa composizione, per il riesame della controversia alla stregua dei principi richiamati in motivazione nonchè per la definizione delle spese.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Campania in diversa composizione, anche per la definizione delle spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 18 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 25 settembre 2020

 

 

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