Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20168 del 25/09/2020

Cassazione civile sez. trib., 25/09/2020, (ud. 18/09/2019, dep. 25/09/2020), n.20168

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. ANTEZZA Fabio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 13639/2016 R.G. proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

– controricorrente incidentale –

contro

Bonfanti s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, largo Antonelli n. 2, presso lo

studio dell’avv. Paolo Spataro, che la rappresenta e difende giusta

procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

– ricorrente incidentale –

e contro

Equitalia Servizi di Riscossione s.p.a., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via

delle Quattro Fontane n. 10, presso lo studio dell’avv. Lucio Ghia,

che la rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia n. 5265/42/15, depositata il 3 dicembre 2015.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18 settembre

2019 dal Consigliere Giacomo Maria Nonno.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. con la sentenza n. 5265/42/15 del 03/12/2015, la Commissione tributaria regionale della Lombardia (di seguito CTR), ha accolto parzialmente gli appelli riuniti proposti dall’Agenzia delle entrate e ha respinto quelli proposti da Bonfanti s.r.l. avverso le sentenze nn. 6311, 6314, 6315 e 6316/36/14 della Commissione tributaria provinciale di Milano (di seguito CTP), che aveva accolto parzialmente i ricorsi proposti dalla società contribuente nei confronti di tre avvisi di accertamento per IRES, IRAP e IVA relativi agli anni d’imposta 2003-2005 e respinto il ricorso contro la conseguente cartella di pagamento;

1.1. come si evince dalla sentenza della CTR: a) i giudizi poi riuniti in appello traevano origine dal procedimento penale n. 440/2007 RG iscritto nei confronti di una pluralità di soggetti e che aveva coinvolto, con riferimento a reati di frode fiscale e occultamento della documentazione contabile di Bonfanti s.r.l., anche l’amministratore di quest’ultima società; b) il Nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza di Lecco, che già aveva proceduto a inoltrare la comunicazione di notizia di reato, notificava a Bonfanti s.r.l. un processo verbale di constatazione sulla cui base l’Agenzia delle entrate emetteva, nei confronti della società contribuente, tre avvisi di accertamento; c) gli avvisi di accertamento rideterminavano in via induttiva il reddito della società in ragione della mancata esibizione delle scritture contabili;

1.2. la CTR, riuniti gli appelli, statuiva, per quanto ancora interessa in questa sede, nel modo che segue: a) riteneva applicabile, con riferimento ad IRES ed IVA, la disciplina del raddoppio dei termini per la notifica degli avvisi di accertamento prevista dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 43, dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 57, b) escludeva, con riferimento all’IRAP, la legittimità della contestazione in ragione dell’inapplicabilità della disciplina del raddoppio dei termini; c) rigettava le contestazioni di violazioni procedurali formulate da Bonfanti s.r.l.; d) riteneva legittimo il ricorso alla procedura di accertamento induttivo del reddito, anche se, diversamente da quanto sostenuto dalla CTP, affermava l’impossibilità di riconoscere i costi non documentati; e) escludeva la sussistenza dei vizi formali con riferimento alla notificazione della cartella di pagamento, la quale veniva confermata salva rideterminazione degli importi dovuti da parte dell’Ufficio;

2. avverso la sentenza della CTR, sia l’Agenzia delle entrate che Bonfanti s.r.l. proponevano autonomi ricorsi per cassazione: il ricorso inoltrato dall’Agenzia delle entrate, da qualificarsi principale in ragione della priorità della notificazione, effettuata nei soli confronti della società contribuente, è affidato ad un unico motivo; il ricorso inoltrato dalla società contribuente, da qualificarsi incidentale e notificato anche ad Equitalia Sud s.p.a., poi incorporata in Equitalia Servizi di riscossione s.p.a., è affidato a sette motivi;

3. Equitalia Servizi di riscossione s.p.a. resisteva con controricorso al ricorso incidentale promosso dalla Bonfanti s.r.l. mentre quest’ultima depositava, altresì, controricorso avverso il ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate e memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c., oltre ad istanza di rinvio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. va pregiudizialmente evidenziato che non può trovare accoglimento l’istanza di rinvio formulata dalla società contribuente in data 05/09/2019 in ragione dell’inoltro di una richiesta di autotutela parziale del credito;

1.1. a parte ogni considerazione sulla tempestività dell’iniziativa, atteso che il ricorso è stato iscritto a ruolo nell’anno 2016 e la richiesta di autotutela parziale è datata 07/08/2019, tale ultima istanza non è idonea a condizionare la trattazione della causa;

2. con l’unico motivo di ricorso principale l’Agenzia delle entrate contesta la violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 12 preleggi, dell’art. 331 c.p., del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, comma 3, del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57, comma 3, del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 25, del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, artt. 4 e 10, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, dolendosi della mancata applicazione della disciplina del raddoppio dei termini con riferimento all’IRAP;

3. il motivo è infondato;

3.1. va, infatti, data continuità all’orientamento di questa Corte per il quale “il cd. “raddoppio dei termini”, previsto dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, non può trovare applicazione anche per I’IRAP, poichè le violazioni delle relative disposizioni non sono presidiate da sanzioni penali” (Cass. n. 10483 del 03/05/2018);

4. con il primo motivo di ricorso incidentale Bonfanti s.r.l. deduce la violazione e la falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, evidenziando la nullità degli avvisi impugnati perchè notificati oltre il termine di decadenza previsto dalle menzionate disposizioni, rispettivamente per l’IRES e l’IVA;

5. il motivo è infondato;

5.1. secondo la giurisprudenza di questa Corte, “il raddoppio dei termini previsti dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, per l’IRPEF e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57, per l’IVA consegue, nell’assetto anteriore alle modifiche di cui al D.Lgs. n. 128 del 2015, alla ricorrenza di seri indizi di reato che facciano insorgere l’obbligo di denuncia penale, indipendentemente dall’effettiva presentazione della stessa, dall’inizio dell’azione penale e dall’accertamento del reato nel processo” (Cass. n. 22337 del 13/09/2018; si veda, altresì, Cass. n. 23628 del 09/10/2017; Cass. Cass. n. 9322 del 11/04/2017), non trovando applicazione, con riguardo agli avvisi di accertamento per i periodi d’imposta precedenti a quello in corso alla data del 31 dicembre 2016, già notificati, le modifiche introdotte dalla L. 28 dicembre 2015, n. 208, art. 1, commi da 130 a 132 (Cass. n. 11620 del 14/05/2018; Cass. n. 26037 del 16/12/2016);

5.2. ritenuta l’esistenza di un obbligo di denuncia in capo al pubblico funzionario, la CTR ha esercitato il controllo sulla eventuale strumentalità della denuncia, per come richiesto da Corte Cost. n. 247 del 25/07/2011, richiamata anche dalla sentenza impugnata, così facendo corretta applicazione dei principi di diritto più sopra enunciati, che direttamente derivano dall’intervento del giudice delle leggi; nè, in questa ottica, può avere alcun rilievo la circostanza che il reato per cui si configura detto obbligo stia per prescriversi o si sia prescritto (in termini Cass. n. 9322 del 2017, cit.);

6. con il secondo motivo di ricorso incidentale si deduce la violazione e la falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 55, e art. 53 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la CTR escluso i costi ritenendoli non dimostrati, costi da considerare quanto meno in percentuale a seguito di un accertamento induttivo;

7. il motivo è fondato;

7.1. costituisce principio ormai consolidato che “l’Amministrazione finanziaria, in sede di accertamento induttivo, deve procedere alla ricostruzione della situazione reddituale complessiva del contribuente, tenendo conto anche delle componenti negative del reddito che siano comunque emerse dagli accertamenti compiuti, tanto che, qualora per alcuni proventi non sia possibile accertare i costi, questi possono essere determinati induttivamente, perchè diversamente si assoggetterebbe ad imposta, come reddito d’impresa, il profitto lordo, anzichè quello netto, in contrasto con il parametro costituzionale della capacità contributiva di cui all’art. 53 Cost.” (Cass. n. 3995 del 19/02/2009; conf. Cass. n. 26748 del 23/10/2018; si vedano anche Cass. n. 3567 del 10/02/2017; Cass. n. 1506 del 20/01/2017);

7.2. la CTR, ritenendo di non potere riconoscere i costi in quanto non documentati, non si è conformata al superiore principio di diritto, sicchè la sentenza della CTR va cassata in parte qua e rinviata al giudice di merito per la determinazione induttiva anche dei componenti negativi di reddito;

8. con il terzo motivo di ricorso incidentale Bonfanti s.r.l. deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., essendosi il giudice di appello pronunciato extra o ultra petita partium, concordando le parti sulla necessità di considerare anche i costi, quanto meno induttivamente;

9. il motivo resta assorbito dall’accoglimento del secondo motivo di ricorso incidentale;

10. con il quarto motivo di ricorso incidentale si contesta la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e dell’art. 132, comma 2, n. 4, dell’art. 118 disp. att. c.p.c. e del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36, comma 2, n. 4 e degli artt. 54 e 61, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, evidenziandosi la nullità della sentenza per: a) omessa motivazione in ordine alla competenza territoriale dell’organo della Guardia di finanza procedente; b) omessa pronuncia in relazione alla violazione della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 12;

11. la censura sub a) è infondata;

11.1. la motivazione della sentenza della CTR si articola in una duplice affermazione: 1) la derivazione della attività accertativa dall’indagine penale ben giustifica la redazione del processo verbale di constatazione da parte della Guardia di finanza di Lecco; 2) la ripartizione delle attribuzioni ha rilevanza solo interna all’Amministrazione finanziaria e non ha determinato alcun concreto pregiudizio alla Bonfanti s.r.l.;

11.2. la motivazione, pertanto, è sicuramente esistente e, quindi, non è omessa, nè apparente;

11.3. ugualmente infondata è la censura sub b);

11.4. non è dubbio che la CTR abbia omesso di pronunciare sulle plurime violazioni della L. n. 212 del 2000, art. 12, denunciate dalla società ricorrente (mancata indicazione delle ragioni della verifica, mancata redazione dei processi verbali di verifica, esame dei documenti contabili presso la sede della Guardia di finanza senza una previa richiesta del contribuente e senza esame della documentazione contabile custodita presso la sede della società);

11.5. tuttavia, “nel giudizio di legittimità, alla luce dei principi di economia processuale e della ragionevole durata del processo di cui all’art. 111 Cost., nonchè di una lettura costituzionalmente orientata dell’attuale art. 384 c.p.c., una volta verificata l’omessa pronuncia su un motivo di appello, la Corte di cassazione può evitare la cassazione con rinvio della sentenza impugnata e decidere la causa nel merito sempre che si tratti di questione di diritto che non richiede ulteriori accertamenti di fatto” (così Cass. n. 21968 del 28/10/2015; conf. Cass. 16171 del 28/06/2017; Cass. n. 21257 del 08/10/2014);

11.6. nel caso di specie non è oggetto di contestazione, in fatto, che la verifica non è avvenuta presso la sede della società, trattandosi di verifica cd. a tavolino, eseguita presso la sede della Guardia di finanza di Lecco a seguito del processo penale che ha coinvolto (anche) l’amministratore della società contribuente;

11.7. ne consegue che non v’è alcuno spazio per l’applicazione delle garanzie previste della L. n. 212 del 2000, art. 12, che concerne unicamente “gli accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali”, così come recita il comma 1 della stessa disposizione;

12. con il quinto motivo di ricorso incidentale si deduce la violazione e la falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 26 e degli artt. 148 e 160 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in quanto nella cartella di pagamento impugnata risulterebbe omessa la relazione di notificazione, con conseguente inesistenza o nullità insanabile della notifica;

13. il motivo è infondato;

13.1. la notifica della cartella di pagamento risulta completa della relativa relata, come risulta dalla documentazione allegata al ricorso per cassazione ai fini del rispetto del requisito di autosufficienza, sicchè il vizio denunciato non può dirsi sussistente;

13. con il sesto motivo si deduce la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e dell’art. 132c.p.c., comma 2, n. 4, dell’art. 118 disp. att. c.p.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 32, comma 2, n. 4, e artt. 54 e 61, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, dolendosi della nullità della sentenza per non avere la stessa motivato in ordine alla totale assenza delle modalità di calcolo con cui sarebbero stati individuati gli importi richiesti;

14. il motivo è fondato per le ragioni che seguono;

14.1. la sentenza di appello ha ritenuto la validità della cartella e l’obbligo dell’Amministrazione finanziaria di procedere all’effettuazione dei necessari conteggi in ragione delle statuizioni sopravvenute sugli avvisi di accertamento;

14.2. in realtà, l’obbligo imposto all’Amministrazione finanziaria implica l’annullamento della cartella di pagamento perchè la stessa, emessa in via provvisoria in pendenza di impugnazione, non trova più giustificazione negli avvisi di accertamento, a loro volta annullati parzialmente e, quindi, sostituiti dalla sentenza di secondo grado, costituente il titolo della pretesa (Cass. n. 24092 del 12/11/2014);

14.3. in tale ottica, l’Amministrazione finanziaria potrà effettuare una nuova iscrizione a ruolo, previa riliquidazione degli importi dovuti e conseguente emissione di altra cartella di pagamento, solo a seguito del passaggio in giudicato della presente controversia;

15. con il settimo motivo di ricorso si deduce la necessità di applicazione retroattiva dello ius superveniens di cui al D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158, con conseguente irrogazione delle sanzioni nella misura del novanta per cento;

16. il motivo è inammissibile;

16.1. secondo la giurisprudenza di questa corte, “le modifiche apportate dal D.Lgs. n. 158 del 2015 non operano in maniera generalizzata in “favor rei”, rendendo la sanzione irrogata illegale, sicchè deve escludersi che la mera deduzione, in sede di legittimità, di uno “ius superveniens” più favorevole, senza specifiche allegazioni rispetto al caso concreto idonee ad influire sui parametri di commisurazione della sanzione, imponga la cassazione con rinvio della sentenza impugnata” (Cass. n. 31062 del 30/11/2018; Cass. n. 17143 del 28/06/2018; Cass. n. 15828 del 15/06/2018; Cass. n. 9505 del 12/04/2017);

16.2. nel caso di specie, la ricorrente si è limitata a chiedere l’applicazione del trattamento più favorevole, senza nulla dedurre in merito;

17. in conclusione, vanno accolti il secondo e il sesto motivo di ricorso incidentale, quest’ultimo nei limiti di cui sopra, e vanno rigettati il ricorso principale e gli altri motivi di ricorso incidentale; la sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti e rinviata alla CTR della Lombardia, in diversa composizione, per nuovo esame e per le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo ed il sesto motivo di ricorso incidentale, quest’ultimo nei limiti di cui in motivazione; rigetta il ricorso principale e gli altri motivi di ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 18 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 25 settembre 2020

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