Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20166 del 25/09/2020

Cassazione civile sez. trib., 25/09/2020, (ud. 22/10/2019, dep. 25/09/2020), n.20166

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. PANDOLFI Catello – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 28560/2013 proposto da:

A.A., rappresentato e difeso dagli avv.ti Paola Alliata

e Guido Granzotto con domicilio eletto in Roma via Lazzaro

Spallanzani n. 22;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale

dello Stato con domicilio in Roma via dei Portoghesi 12;

– controricorrente –

Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del

Piemonte n. 109/36/13, depositata il 22/05/2013;

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 22 ottobre 2019

dal Consigliere Dott. Catello Pandolfi;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. De Augustinis Umberto che ha concluso chiedendo il

rigetto del ricorso;

Udito per l’Avvocatura Generale dello Stato l’Avv. Barbara Tidore

Marinella di Cave. Nessuno per la ricorrente.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

A.A. titolare di un’attività di caffetteria e bar ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Piemonte n. 109/36/13 depositata il 22/05/2013.

La vicenda trae origine dalla notifica di due avvisi di accertamento notificati il 10.07.2009 relativi rispettivamente all’anno 2004 e all’anno 2005.

L’attività accertativa era avvenuta con le modalità di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38.

In particolare, per gli anni suindicati era emerso un maggior reddito conseguente ad uno scostamento di almeno il 25% rispetto al reddito dichiarato. L’Ufficio, per l’anno 2005, aveva ritenuto di non tener conto della percezione da parte del contribuente della somma di Euro 31.414,00 per la cessione di ramo d’azienda, avvenuto nel dicembre del 2005, in quanto tenuto conto della data della percezione, la somma non avrebbe potuto contribuire a fronteggiare la spese per quell’anno.

L’ A. aveva opposto gli avvisi di accertamento innanzi alla CTP di Novara che accoglieva il ricorso che l’Ufficio appellava con esito favorevole. Il contribuente proponeva impugnazione con il ricorso in esame fondato su due motivi.

Resiste l’Agenzia delle Entrate con controricorso. Il contribuente ha presentato anche memoria ex art. art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente rileva violazione dell’art. 149 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 1 e 3 sul presupposto della nullità/inesistenza della notifica dell’avviso di accertamento in esame. Vizio che avrebbe potuto/dovuto essere rilevato d’ufficio, senza che dovesse essere dedotto come motivo d’appello.

Ritiene, inoltre, che il principio dell’effetto sanante della notifica ex artt. 156 e 160 c.p.c., derivante dal raggiungimento dello scopo, valga solo per le notifiche di atti di natura esclusivamente processuale. Ambito nel quale non rientrerebbe l’avviso di accertamento.

Erra al riguardo il ricorrente. Infatti, la giurisprudenza di questa Corte, cui s’intende dare continuità, ha più volta affermato che ” La natura sostanziale e non processuale (nè assimilabile a quella processuale) dell’avviso di accertamento tributario – che costituisce un atto amministrativo autoritativo attraverso il quale l’amministrazione enuncia le ragioni della pretesa tributaria – non osta all’applicazione di istituti appartenenti al diritto processuale…….con la conseguenza che la proposizione del ricorso del contribuente produce l’effetto di sanare la nullità della notificazione dell’avviso di accertamento per raggiungimento dello scopo dell’atto, ex art. 156 c.p.c. (Sez. U, Sentenza n. 19854 del 05/10/2004). Come pure, ribadendo il principio dell’efficacia sanante della piena conoscenza dell’atto, ha precisato che “In tema di atti d’imposizione tributaria, la notificazione non è un requisito di giuridica esistenza e perfezionamento, ma una condizione integrativa d’efficacia, sicchè la sua inesistenza o invalidità non determina in via automatica l’inesistenza dell’atto, quando ne risulti inequivocamente la piena conoscenza da parte del contribuente entro il termine di decadenza concesso per l’esercizio del potere all’Amministrazione finanziaria…(Sez. 5 – Ordinanza n. 21071 del 24/08/2018).

Pertanto, stante l’intervenuta conoscenza dell’atto impositivo (peraltro, non contestata), si è verificato l’effetto sanante con conseguente perfezionamento della procedura notificatoria. La CTR non doveva, quindi, rilevare d’ufficio un vizio comunque sanato. E che, semmai, avrebbe dovuto essere dedotto come motivo di appello, ma non lo è stato, ragion per cui il motivo va considerato inammissibile.

Quanto al secondo motivo di ricorso, esso, invece, va accolto.

La CTR ha sostenuto, condividendo la tesi dell’Amministrazione resistente, che, correttamente, l’Ufficio non aveva tenuto conto, nel commisurare lo scostamento dal reddito accertato, del ricavato della cessione da parte del ricorrente di un ramo d’azienda “in ragione della mancata relazione temporale tra le spese sostenute nel biennio 200-2005 e l’incasso conseguente alla cessione di azienda avvenuto nel dicembre 2005”. Ha cioè ritenuto che la somma ricavata fosse pervenuta alla fine del 2005 e che quindi, pur formalmente relativa a quell’anno, non avrebbe potuto contribuire a far fronte alle spese relative al periodo considerato dalla verifica.

La doglianza del ricorrente appare condivisibile.

Il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 4 pone come parametri, per giustificare l’accertamento sintetico, le disponibilità di beni del contribuente riferibili agli anni considerati e il raffronto tra il dichiarato e il reddito accertabile sinteticamente

Nel caso in esame, risulta oggettivamente che, sia pure nel dicembre del 2005, il contribuente abbia avuto la disponibilità, in quell’anno, di Euro 31.414,00.

La norma non pone alcun altro indicatore, per computare la percentuale di scostamento, legittimante il metodo di accertamento applicato, se non la disponibilità nell’anno d’imposta in verifica, senza alcun riferimento al mese, dell’anno medesimo, in cui il contribuente abbia potuto disporre della risorsa. Nel caso in esame, poi dichiarata con il modello unico 2006.

La tesi dell’Ufficio, se accolta, introdurrebbe, in aggiunta alla lettera della norma, una variabile non prevista, un elemento mobile di incertezza per valutare la legittimità del ricorso all’accertamento sintetico. Oltre che attribuire una discrezionalità all’Ufficio nello stabilire se il periodo dell’anno, in cui il contribuente sia venuto nella disponibilità di una nuova entrata, renda questa utilmente valutabile per legittimare o meno l’accertamento sintetico.

L’Ufficio assume poi che la situazione reddituale, cui far riferimento per giustificare il ricorso all’accertamento induttivo, sia quella sussistente all’inizio dell’attività accertativa, ma tale dato giustifica l’avvio dell’accertamento con quella metodologia, ma non fissa di per sè la legittimità dell’avviso di accertamento, anche se nel corso dell’anno in verifica sopravvenga un’entrata che escluda lo scostamento.

Pertanto, il secondo motivo va accolto, inammissibile il primo. La sentenza va cassata e rinviata alla CTR del Piemonte in diversa composizione, per il riesame della controversia nei limiti del motivo accolto, oltre che per la definizione delle spese.

P.Q.M.

Accoglie il secondo motivo, dichiara inammissibile il primo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR Piemonte in diversa composizione per il riesame nei limiti indicati in motivazione, oltre che per la definizione delle spese.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 22 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 25 settembre 2020

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