Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20166 del 25/07/2019

Cassazione civile sez. VI, 25/07/2019, (ud. 02/07/2019, dep. 25/07/2019), n.20166

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 36872-2018 proposto da:

M.G., elettivamente domiciliata in CORSO TRIESTE, 85,

presso lo studio dell’avvocato STERPETTI, che la rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

P.D.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

ROMEO RODRIGUEZ PEREIRA 129B, presso lo studio dell’avvocato GIULIO

MASOTTI, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6412/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 12/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 02/07/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ACIERNO

MARIA.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

La Corte d’appello di Roma ha rigettato l’appello proposto da M.G. avverso la sentenza parziale di separazione personale dal coniuge P.D.R..

A sostegno della decisione la Corte d’Appello ha affermato:

1) In relazione alla dedotta nullità della sentenza di primo grado, la rilevanza della data di pubblicazione e non di deliberazione della pronuncia, ai fini dell’acquisto dei caratteri di immutabilità ed imperatività. La erronea indicazione della data di deliberazione, non trattandosi di elemento essenziale della pronuncia, non comporta, di conseguenza, alcuna nullità.

2) Il Tribunale, ex art. 709 bis c.p.c., ha l’obbligo officioso di pronunciarsi sulla domanda separativa analogamente a ciò che accade con il divorzio quando la causa è matura per la decisione.

Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione la M. affidato a due motivi. Ha resistito con controricorso il D. che ha anche depositato memoria.

Nel primo motivo viene dedotta la violazione degli artt. 277 e 709 bis c.p.c. per avere il Tribunale prima e la Corte poi deciso in mancanza dell’apprezzabile interesse della parte richiedente a procedere alla pronuncia su un capo di domanda. La richiesta infatti è stata sostenuta da scopi meramente emulativi ed ha generato rilevanti pregiudizi alla ricorrente.

Nel secondo motivo viene dedotto l’omesso esame su un fatto decisivo relativo all’evidenza probatoria della volontà del D. di danneggiare la ricorrente ed i figli, attestata dall’opposizione alla composizione economico patrimoniale derivante dalla crisi coniugale.

I motivi, da esaminare congiuntamente in quanto logicamente collegati e sono manifestamente destituiti di qualsiasi fondamento.

L’art. 709 bis c.p.c. stabilisce in modo espresso che si può procedere officiosamente alla decisione parziale sul vincolo separativo, quando il processo deve proseguire per le statuizioni consequenziali. La chiarezza della norma è confermata dall’univocità degli orientamenti al riguardo così massimati:

“La disposizione di cui all’art. 709 bis c.p.c., come modificata dalla L. n. 263 del 2005, art. 1, comma 4, sancisce esplicitamente in materia di pronuncia immediata sullo “status”, la già ritenuta equiparazione fra il procedimento di separazione tra i coniugi e quello di divorzio, così evitando condotte processuali dilatorie tali da incidere negativamente sul diritto di una delle parti ad ottenere una pronuncia sollecita in ordine al proprio “status”.(Cass. 20666 del 2017; in precedenza 10484 del 2012).

Deve, pertanto, essere rigettato il ricorso proposto con applicazione del principio della soccombenza in ordine alle spese processuali del presente procedimento.

La natura esclusivamente dilatoria del ricorso esaminato, fondato su ragioni, incontestatamente contrarie alle norme processuali di riferimento ed ai principi su di esse elaborati dalla giurisprudenza di legittimità, induce all’applicazione dell’art. 96 c.p.c., comma 3, cui può procedersi anche d’ufficio, e, conseguentemente pone a carico della parte ricorrente il pagamento della somma di Euro 4000 in favore della controparte.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali da liquidarsi in E 6000 per compensi ed E 100 per esborsi, oltre accessori di legge nonchè al pagamento in favore della parte controricorrente della somma di Euro 4000 ex art. 96 c.p.c., comma 3.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del citato D.P.R. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere generalità ed atti identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 2 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 25 luglio 2019

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