Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20163 del 24/09/2020

Cassazione civile sez. lav., 24/09/2020, (ud. 08/01/2020, dep. 24/09/2020), n.20163

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – rel. Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26569-2014 proposto da:

B.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA UGO BARTOLOMEI

23, presso lo studio dell’avvocato ENRICO IVELLA, che lo rappresenta

e difende unitamente all’avvocato MASSIMO TIRELLI;

– ricorrente –

contro

– I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA n. 29 presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati SERGIO PREDEN,

ANTONELLA PATTERI, LIDIA CARCAVALLO e LUIGI CALIULO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 493/2013 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 05/11/2013, R.G.N. 463/2011.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

CHE:

Il Tribunale di Verona, con sentenza 19/10/2010, respingeva la domanda proposta da B.E. nei confronti dell’Inps, volta al riconoscimento dei benefici contributivi sanciti dalla L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8, sul rilievo che le mansioni espletate di magazziniere non avessero determinato un’esposizione all’amianto superiore al limite stabilito dal D.Lgs. n. 277 del 1991.

Avverso tale decisione interponeva gravame il lavoratore con appello depositato in data 6/5/2011. Si costituiva l’Istituto previdenziale che eccepiva la tardività dell’appello. La Corte distrettuale, ritenuta fondata l’eccezione di parte appellata, dichiarava inammissibile il ricorso.

Nel pervenire a tale convincimento la Corte territoriale osservava che il giudice di primo grado aveva accolto le domande di una pluralità di lavoratori, connotate dalla medesima causa petendi del diritto azionato dal B., unico dei ricorrenti a vedere respinta la propria istanza. Osservava che la sentenza del Tribunale adito dai lavoratori era stata da questi notificata all’Inps in data 3/12/2010. Posto che nella relata di notifica da parte del difensore degli originari ricorrenti, non era stato specificato che la stessa veniva eseguita solo per alcuni di essi, riteneva che egli avesse agito in nome e per conto di tutti i lavoratori da lui rappresentati nel giudizio di primo grado, ivi compreso il B..

La cassazione di tale pronuncia è domandata dal lavoratore sulla base di unico motivo, al quale l’Inps oppone difese.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

CHE:

1. Con unico motivo è denunciata violazione e falsa applicazione degli artt. 137 e segg. c.p.c., artt. 325,326,434 e 285 c.p.c. e/o omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio.

Il ricorrente deduce che nella relata di notifica della sentenza di primo grado all’Inps, veniva fatta menzione dei lavoratori rimasti vittoriosi, ma non di esso ricorrente, come desumibile dal tenore dell’atto, specificamente riportato per il principio di autosufficienza che governa il ricorso per cassazione.

Nell’ottica descritta, i principi giurisprudenziali di cui la Corte distrettuale aveva disposto applicazione – secondo i quali la notifica della sentenza ad istanza del procuratore di una pluralità di parti, delle quali alcune vittoriose ed altre soccombenti, qualora non sia stato chiarito che egli abbia agito per conto di alcuni soltanto dei rappresentati, è idonea a far decorrere il termine breve per l’impugnazione nei confronti di tutte le parti rappresentate non poteva ritenersi applicabile alla fattispecie – considerata.

2. Il motivo è fondato e va accolto.

Ed invero, alla stregua del tenore della notifica della sentenza di primo grado perfezionata nei confronti dell’Inps – che risulta puntualmente riportato in conformità al principio di specificità che governa il ricorso per cassazione ex art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 6, – è evincibile che la relativa istanza sia stata proposta “a richiesta degli avv.ti Massimo Tirelli e Silvia Bissa, proc. e dom. dei Signori B.G., T.G., Be.Pi. e Tr.Ro.”…

S’impone, dunque, l’evidenza che la sentenza di primo grado fosse stata notificata dai difensori dei predetti lavoratori, vittoriosi in giudizio, esclusivamente in nome e per conto degli stessi, con esclusione di B.E., rimasto soccombente.

Nell’ottica descritta, la giurisprudenza invocata dalla Corte di merito a fondamento del decisum – secondo cui nel caso in cui la notificazione sia eseguita dal procuratore di una pluralità di parti delle quali alcune vittoriose ed altre soccombenti, tale notifica è idonea a far decorrere il termine breve per l’impugnazione nei confronti delle parti soccombenti difese dall’unico procuratore – non appare attagliarsi alla fattispecie concreta scrutinata, riferendosi specificamente alle ipotesi in cui il procuratore comune non abbia chiarito per conto di quale dei soggetti rappresentati egli stia agendo; premesso che l’art. 285 c.p.c., legittima entrambe le parti del processo (e non solo quella vittoriosa) a notificare la sentenza ai fini della decorrenza del termine breve di impugnazione, va rimarcato che solo nella descritta ipotesi di omessa indicazione delle parti rappresentate, può ragionevolmente presumersi che il difensore abbia eseguito la notifica per conto di tutti i soggetti patrocinati, con conseguente decorso nei confronti degli stessi, del termine breve d’impugnazione (cfr. Cass. 3/4/2002 n. 4753 in motivazione).

Ed allora, deve ritenersi che il giudice del merito sia incorso nel denunciato vizio di sussunzione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, consistente, secondo l’insegnamento di questa Corte, nella riconduzione della fattispecie concreta in una qualificazione giuridica che non le si addice, perchè la fattispecie astratta da essa prevista non è idonea a regolarla così come nella fattispecie – oppure nel trarre dalla norma, in relazione alla fattispecie concreta, conseguenze giuridiche che ne contraddicono la pur corretta interpretazione (vedi da ultimo, Cass. 25/9/2019 n. 23851).

3. La pronuncia non può ritenersi conforme a diritto, considerando altresì gli approdi ai quali è pervenuta la giurisprudenza di legittimità, secondo cui in tema di impugnazioni, il principio in base al quale nel processo con pluralità di parti vige la regola dell’unitarietà del termine d’impugnazione (sicchè la notifica della sentenza eseguita a istanza di una sola delle parti segna, nei confronti della stessa e della parte destinataria della notificazione, l’inizio della decorrenza del termine breve per la proposizione dell’impugnazione contro tutte le altre parti), trova applicazione soltanto nelle ipotesi di cause inscindibili (o tra loro comunque dipendenti), ovvero in quella in cui la controversia concerna un unico rapporto sostanziale o processuale; certamente non anche quando si tratti – come, all’evidenza, nel caso di specie – di cause scindibili o, comunque, tra loro indipendenti, per le quali, in applicazione del combinato disposto degli artt. 326 e 332 c.p.c., è esclusa la necessità del litisconsorzio. In tali ipotesi, il termine per l’impugnazione non è unico, ma decorre dalla data delle singole notificazioni della sentenza a ciascuno dei titolari dei diversi rapporti definiti con l’unica sentenza, mentre per le altre parti si applica la norma dell’impugnabilità nel termine di cui all’art. 327 c.p.c. (vedi Cass. 13/2/2004 n. 2799).

4. Nè appare prospettabile nella specie, un’ipotesi di vizio revocatorio, secondo la tesi prospettata dall’Istituto, non essendo idonea ad integrare l’errore rilevante ai sensi ed agli effetti di cui all’art. 391 bis c.p.c. e art. 395 c.p.c., n. 4) la valutazione, ancorchè errata, del contenuto degli atti di parte, trattandosi di vizio costituente errore di giudizio e non di fatto (arg. da Cass. 27/4/2018 n. 10184, Cass. 22/10/2019 n. 26890).

In definitiva, alla stregua delle sinora esposte considerazioni, la impugnata pronuncia va pertanto cassata, con rinvio alla Corte d’Appello designata in dispositivo che, nello scrutinare la vicenda sottoposta alla sua delibazione, si atterrà ai principi summenzionati, disponendo altresì in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’Appello di Venezia in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche in ordine alle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Adunanza Camerale, il 8 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 settembre 2020

 

 

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