Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20162 del 25/07/2019

Cassazione civile sez. VI, 25/07/2019, (ud. 17/04/2019, dep. 25/07/2019), n.20162

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12330-2018 proposto da:

LCB SAS DI S.M.R. & C, in persona del legale

rappresentante pro tempore, M.A. e S.M.R.,

rappresentati e difesi dall’avvocato LUIGI CROCE e domiciliati

presso la cancelleria della Corte di Cassazione

– ricorrenti –

contro

AGENZIA TUTELA SALUTE DI PAVIA, in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TIZIANO n. 108,

presso lo studio dell’avvocato GIORGIO ALLOCCA, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato MAURO CASARINI

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 365/2017 del TRIBUNALE di PAVIA, depositata il

24/02/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/04/2019 dal Consigliere Dott. OLIVA STEFANO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con ricorso del 26.9.2016 la società LCB SAS di S.M.R. & C, M.A. e S.M.R. proponevano opposizione avverso l’ordinanza-ingiunzione emessa nei loro confronti dalla Azienda Tutela della Salute (A.T.S.) di Pavia, con la quale era stato ingiunto il pagamento della somma di Euro 2.016,93 a fronte della violazione del D.Lgs. n. 151 del 2007, art. 7 comma 1, per aver trasportato su un proprio automezzo una bovina inidonea al trasporto ai sensi del Regolamento CE 1/2005. I ricorrenti sostenevano innanzitutto l’incompetenza territoriale della A.T.S. di Pavia, poichè l’infrazione non sarebbe stata commessa al macello Melca di Monticelli Pavese (PV) -ove essa è stata effettivamente contestata- ma piuttosto al momento del carico dell’animale sul mezzo, avvenuto presso l’azienda agricola di M.A. situata in territorio del Comune di Turano Lodigiano; di conseguenza sarebbe stata competente per l’accertamento della contestata violazione la A.T.S. di Lodi. Il ricorrente M.A. eccepiva poi la propria carenza di legittimazione passiva, avendo egli venduto la bovina alla ditta LCB all’atto del carico sul mezzo di quest’ultima società.

Si costituiva la A.T.S. di Pavia resistendo all’opposizione ed invocandone il rigetto.

Con sentenza n. 365/2017 il Tribunale di Pavia rigettava l’opposizione condannando i ricorrenti aule spese del grado.

Interponevano appello gli odierni ricorrenti e la Corte di Appello di Milano, con ordinanza dei 16.2.2018 dichiarava inammissibile l’appello.

Propongono ricorso per la cassazione della decisione di prima istanza, ai sensi di quanto previsto dall’art. 348-ter c.p.c., LCB SAS di S.M.R. & C, M.A. e S.M.R., affidandosi a due motivi.

Resiste con controricorso la A.T.S. di Pavia.

I ricorrenti hanno depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo i ricorrenti lamentano la violazione della L. n. 689 del 1981, art. 17, comma 5 e art. 18 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 perchè il Tribunale avrebbe erroneamente ravvisato la competenza territoriale della A.T.S. di Pavia per l’accertamento dell’infrazione, laddove sarebbe invece stata competente la A.T.S. di Lodi.

Il motivo è infondato.

Va invero ribadito che “In materia di sanzioni amministrative, il giudice territorialmente competente a decidere sulla opposizione ad ordinanza ingiunzione di cui alla L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 22 è quello del luogo di accertamento dell’infrazione, presuntivamente ritenuto coincidente con quello di commissione dell’illecito, o quello del luogo di commissione del fatto, quando questo risulti pacificamente diverso da quello dell’accertamento; quando sussista una pluralità di luoghi di commissione dell’infrazione, la competenza territoriale è stabilita daì luogo di accertamento dell’illecito” (Cass. Sez. 6-L, Ordinanza n. 7397 del 28/03/2014, Rv.629996; cfr. anche Cass. Sez. 6-L, Ordinanza n. 8754 del 04/04/2017, Rv.644060).

Questa Corte ha altresì affermato che la presunzione di coincidenza tra luogo di accertamento dell’infrazione e luogo di e commissione dell’illecito può essere superata, per assenza della base logica su cui essa riposa, soltanto quando il rapporto informativo dell’organo accertatore indichi un luogo della commissione del fatto diverso da quello dell’accertamento, relegando quest’ultimo a mero luogo del reperimento delle prove di un illecito commesso altrove (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3923 del 18/02/2010, Rv. 611572).

Nel caso di specie, essendo stato l’illecito pacificamente accertato a Monticelli Pavese (PV), al momento dell’ingresso della bovina nel macello, e non essendo stati dedotti dai ricorrenti -nè emergendo dalla lettura della sentenza impugnata- elementi atti a ritenere che l’accertamento indicasse che l’illecito era stato commesso altrove, la presunzione di coincidenza tra luogo di accertamento e luogo di commissione va ritenuta pienamente operativa. Da ciò deriva la competenza territoriale della A.T.S. di Pavia ed il rigetto del motivo in esame.

Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano invece la violazione del D.Lgs. n. 151 del 2007, art. 1, comma 2 e art. 7 e dell’art. 2 del Regolamento CE n. 1/2005 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 perchè il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto sussistente la legittimazione passiva in capo al M.A., in presenza della prova che costui aveva alienato la bovina già all’atto del carico della stessa sul mezzo di proprietà della società LCB. Vertendosi in materia di vendita di cosa mobile, infatti, il passaggio della proprietà coinciderebbe -ad avviso dei ricorrenti- con la traditio della cosa venduta.

La censura è inammissibile sotto due diversi punti di vista.

Innanzitutto essa si riduce ad un’istanza di revisione del giudizio di merito e dell’apprezzamento delle risultanze istruttorie svolti dal Tribunale, non consentita in Cassazione. Ed invero va ribadito che il motivo di ricorso non può mai risolversi in una richiesta di riesame del merito (Cass. Sez. U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv. 627790) nè di rivalutazione del materiale istruttorio acquisito agli atti del giudizio (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12362 del 24/05/2006, Rv.589595: conf. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11511 del 23/05/2014, Rv.631448; Cass. Sez. L, Sentenza n. 13485 del 13/06/2014, Rv.631330).

In secondo luogo, il motivo difetta di specificità poichè i ricorrenti allegano che il M. avrebbe venduto l’animale alla LCB all’atto del carico sul mezzo di proprietà di quest’ultima società, ma non censurano adeguatamente il punto della sentenza impugnata nel quale il Tribunale ha ravvisato la proprietà dell’animale in capo al M.. Il primo giudice infatti, dopo aver rilevato -con ragionamento del tutto condivisibile- che il D.Lgs. n. 151 del 2007, art. 7 prevede la responsabilità del mero “detentore” delìanimale in solido con il trasportatore (con la conseguenza che la proprietà della bovina diventa un argomento di per sè stesso assolutamente irrilevante ai fini della contestazione della sanzione oggetto di causa) ha ravvisato la proprietà dell’animale in capo al M. sia in base alle risultanze del verbale di constatazione, sia in considerazione dell’assenza di prova circa l’effettiva ricomprensione della bestia di cui si discute nella vendita di “vacche da macello” genericamente riportata nella fattura n. 19/2013 e nel relativo documento di trasporto n. 31/2013.

In assenza della prova dell’effettiva alienazione dell’animale, che era onere del ricorrente fornire, il giudice di merito ha correttamente ravvisato la proprietà della bovina in capo al M. e, quindi, la concorrente responsabilità di quest’ultimo, in solido con il trasportatore e il detentore della bestia, prevista dal già richiamato dal D.Lgs. n. 151 del 2007, art. 7.

In definitiva il ricorso va rigettato. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

Poichè il ricorso per cassazione è stato proposto successivamente al 30 gennaio 201:3 ed è rigettato, va dichiarata la sussistenza, ai sensi del Testo Unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dei presupposti per l’obbligo di versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

la Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, tra loro in solido, al pagamento in favore della controricorrente delle spese del presente giudizio di cassazione, che liquida in Euro 1.700 di cui Euro 200 per esborsi, oltre rimborso delle spese generali nella misura del 15%, iva e cassa avvocati come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile, il 17 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 25 luglio 2019

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