Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20161 del 07/10/2016

Cassazione civile sez. trib., 07/10/2016, (ud. 12/09/2016, dep. 07/10/2016), n.20161

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 358/2010 proposto da:

C.R., elettivamente domiciliato in ROMA VIALE GIULIO

CESARE 71, presso lo studio dell’avvocato GIANCARLO COSTA, che lo

rappresenta e difende con procura notarile del Not. Dr.

V.M. in (OMISSIS) rep. n. (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 57/2008 della COMM. TRIB. REG. di GENOVA,

depositata il 06/11/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/09/2016 dal Consigliere Dott. RAFFAELE SABATO;

udito per il ricorrente l’Avvocato COSTA che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato MELONCELLI che si rimette

alle determinazioni della Corte;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico, che ha concluso per l’inammissibilità del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’agenzia delle entrate ha notificato alla parte contribuente C.R. avviso di accertamento per i.r.pe.f., addizionale I.r.pe.f., I.r.a.p., I.v.a. e contributi INPS per l’anno di imposta (OMISSIS), a seguito di maggiori ricavi ricostruiti in processo verbale di constatazione redatto dalla guardia di finanza in data (OMISSIS).

Dopo vano tentativo di accertamento con adesione, il contribuente ha proposto ricorso presso la commissione tributaria provinciale di Imperia, che ha rigettato il ricorso dello stesso.

La sentenza, appellata dal contribuente, è stata confermata dalla commissione tributaria regionale della Liguria in Genova, rilevando essa che: 1) nonostante l’abrogazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 3, anteriormente all’emanazione di ordine di acquisizione del processo verbale di constatazione da parte della commissione tributaria provinciale, “alle commissioni è tuttora riconosciuto… ai fini istruttori di effettuare richieste di dati, informazioni e chiarimenti”; 2) “l’avviso di accertamento, anche se per relationem già trasmetteva tutte le indicazioni idonee alla conoscenze delle ragioni sulle quali lo stesso si fondava. Ragioni ben note alla parte ricorrente che era in possesso del p.v.c.”.

Avverso questa decisione la parte contribuente propone ricorso per cassazione, affidato a una narrazione unica, rispetto al quale l’agenzia resiste deposita controricorso, del quale risulta richiesta tempestiva notificazione, attestata dall’UNEP che dà tuttavia atto di smarrimento prima dell’effettuazione della notificazione stessa, rimasta ineseguita. L’agenzia partecipa comunque all’udienza pubblica, come da verbale.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Va preliminarmente preso atto che, pur per causa non imputabile, la difesa erariale non ha ottenuto la notificazione del controricorso, non avendo in particolare provato di aver richiesto la rinnovazione della notificazione stessa dopo lo smarrimento dell’atto processuale da parte dell’UNEP. Il controricorso è dunque inammissibile.

2. – Con un’unica narrazione la parte contribuente denuncia, senza specificamente richiamare parametri dell’art. 360 c.p.c., comma 1, l’erroneità della sentenza impugnata, lamentando tra l’altro che l’abrogazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 3, anteriormente all’emanazione di ordine di acquisizione del processo verbale di constatazione da parte della commissione tributaria provinciale non avrebbe consentito alla commissione provinciale stessa di acquisire il processo verbale di constatazione, la cui mancata rituale produzione faceva venire meno la motivazione dell’atto impugnato, benchè il verbale fosse in possesso del contribuente che tale vizio lamentava, non già la violazione del diritto di difesa.

3. – Il ricorso è inammissibile per omessa indicazione di specifici motivi, in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, che tale requisito pone a pena, appunto, di inammissibilità.

Nel procedimento civile il controllo di legittimità sulle pronunce dei giudici di merito demandato alla Corte suprema di cassazione non è configurato come terzo grado di giudizio, nel quale possano essere ulteriormente valutate le istanze e le argomentazioni sviluppate dalle parti ovvero le emergenze istruttorie acquisite nella fase di merito, ma è preordinato all’annullamento delle pronunce viziate da violazione di norme sulla giurisdizione o sulla competenza o processuali o sostanziali, ovvero viziate quanto alla motivazione, e che le parti procedano a denunziare in modo espresso e specifico, con puntuale riferimento ad una o più delle ipotesi previste dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nelle forme e con i contenuti prescritti dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4. Ne consegue che è inammissibile il ricorso prospettante una sequela di censure non aventi ad oggetto uno dei suindicati vizi e non specificamente argomentate con riferimento ai medesimi, bensì volte esclusivamente ad acriticamente contrapporre, senza sviluppare alcuna argomentazione in diritto, soluzioni diverse da quelle desumibili dalla sentenza impugnata (cfr. sez. 2, n. 1317 del 2004 e sez. n. 23799 del 2014).

Nel caso di specie, il ricorso è privo di rubriche e comunque non denuncia specificamente, nella parte intestata “diritto” (nè in alcuna altra parte), alcun vizio ex art. 360 c.p.c., comma 1 e cioè i motivi per i quali la sentenza viene impugnata.

In particolare, non risulta se le censure attengano a violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) ovvero a vizi di motivazione (n. 5 dello stesso comma).

Nè è consentito a questa Corte, attraverso l’esame del ricorso, individuare autonomamente i vizi denunziati trattandosi di attività che esula dai compiti del giudice di legittimità, il quale deve valutare la conformità a legge della sentenza impugnata sulla base delle violazioni denunciate dalla parte. Spetta, infatti, a quest’ultima definire il contenuto e la portata del giudizio di cassazione, attraverso la denuncia specifica degli errori in cui è asseritamente incorsa la sentenza impugnata, potendo il giudice di legittimità considerare solo le statuizioni di tale sentenza nei limiti dei motivi e delle richieste formulate dalla parte.

4. – Quand’anche potessero individuarsi nell’unica narrazione predisposta dalla parte uno o più motivi, essi sarebbero comunque inammissibili, ciò che qui può rilevarsi “ad abundantiam”. Invero al ricorso continua ad applicarsi l’art. 366 bis c.p.c., norma introdotta dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6 e applicabile – in virtù dell’art. 27, comma 2 del citato decreto – ai ricorsi per cassazione proposti avverso le sentenze e gli altri provvedimenti pubblicati a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto, cioè dal 2 marzo 2006, senza che possa rilevare la sua abrogazione ad opera della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47, comma 1, lett. d), in virtù della disciplina transitoria dell’art. 58 di quest’ultima. Ai sensi di detta norma, si impone per ciascun motivo di ricorso in cassazione la formulazione di un quesito di diritto (cui, per la deduzione di vizio di motivazione, corrisponde un analogo momento di sintesi del motivo, o quesito in fatto). Nel caso di specie, come eccepito dalla controricorrente, manca del tutto tale requisito, cui consegue la predetta inammissibilità.

5. – Ulteriore ragione – che sempre si espone “ad abundantiam” – di inammissibilità è da rinvenirsi nella circostanza che, avendo la commissione tributaria regionale motivato nel senso che “l’avviso di accertamento… già trasmetteva tutte le indicazioni idonee alla conoscenze delle ragioni sulle quali lo stesso si fondava”, “ben note alla parte ricorrente che era in possesso del p.v.c.”, la parte ricorrente ha censurato la decisione solo sostenendo la tesi (che non mette qui conto valutare) che il possesso del p.v.c. non impingeva sul difetto di motivazione dell’atto, trascurando di criticare l’autonoma “ratio decidendi” per la quale l’avviso di accertamento già di per sè “trasmetteva tutte le indicazioni idonee alla conoscenze. delle ragioni sulle quali lo stesso si fondava”, idonea da sola a sorreggere la decisione. Tale “ratio”, peraltro, è conforme alla giurisprudenza di questa Corte che ritiene sufficientemente motivato l’avviso di accertamento che riproduca il contenuto essenziale del processo verbale (cfr. ad es. sez. 5, n. 13110 del 2012).

6. – Consegue l’inammissibilità del ricorso, con spese secondo soccombenza da liquidarsi come in dispositivo, tenuto conto del potersi ritenere l’amministrazione avere ritualmente partecipato alla sola discussione in udienza pubblica.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente alla rifusione a favore della parte intimata delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro millecentocinquanta per compensi.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile, il 12 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 7 ottobre 2016

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