Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2016 del 26/01/2017

Cassazione civile, sez. VI, 26/01/2017, (ud. 06/10/2016, dep.26/01/2017),  n. 2016

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20490-2015 proposto da:

T.J.S., ((OMISSIS)), in qualità di genitore

esercente la potestà sul minore P.K., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA TARVISIO, 1, presso lo studio dell’avvocato

FRANCESCO BARBIERI, rappresentata e difesa dagli avvocati FRANCESCO

MACCARONE e PASQUALE ANDRIZZI, giusta procura speciale in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, ((OMISSIS)),

in persona del Direttore Assistenza e invalidità Civile, delegato

dal Presidente e legale rappresentante pro tempore elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto Medesimo, rappresentato e difeso dagli

avvocati MAURO RICCI, EMANUELA CAPANNOLO e CLEMENTINA PULLI, giusta

procura speciale in calce al ricorso notificato;

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di VIBO VALENTIA, emesso il

27/1/2015 e depositato il 28/1/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

6/10/2016 dal Consigliere Relatore Dott. CATERINA MAROTTA;

udito l’Avvocato CLEMENTINA PULLI, per il resistente, che si riporta

ai motivi del ricorso.

Fatto

FATTO E DIRITTO

1 – Il Consigliere relatore, designato ai sensi dell’art. 377 c.p.c., ha depositato in cancelleria la seguente relazione ex artt. 380 bis e 375 c.p.c., ritualmente comunicata alle parti:

“Con ricorso del 16/1/2013, T.J.S., nella qualità di genitore esercente la potestà sul minore P.K., presentava istanza per accertamento tecnico preventivo, ai sensi dell’art. 445 bis c.p.c., per la verifica della condizione di invalido del minore con difficoltà persistenti a compiere i compiti e le funzioni proprie dell’età ai fini del riconoscimento del diritto all’indennità di frequenza (già in godimento e revocata a seguito della visita straordinaria di verifica in data (OMISSIS)). Il c.t.u. officiato accertava la sussistenza del requisito sanitario con decorrenza dalla visita di verifica del (OMISSIS). Avverso tali conclusioni non venivano mosse contestazioni. Il Tribunale, con decreto ai sensi dell’445 bis c.p.c., comma 5, omologava l’accertamento relativo requisito sanitario. Con lo stesso decreto il Giudice compensava tra le parti le spese di lite e poneva a carico dell’I.N.P.S. le spese della c.t.u., liquidate come da separato decreto.

Con ricorso straordinario ex art. 111 Cost., T.J.S. impugna la pronuncia suddetta.

L’I.N.P.S. ha depositato procura in calce al ricorso notificato.

Con il motivo la ricorrente censura la sentenza per violazione dell’art. 91 c.p.c., art. 92 c.p.c., comma 2, e art. 113 c.p.c. in relazione all’art. 445 bis c.p.c., comma 5; lamenta che la Corte territoriale, a fronte di una consulenza totalmente favorevole alla parte istante, non abbia fatto applicazione del principio della soccombenza ed abbia disposto la compensazione delle spese senza alcuna motivazione atta a giustificare la deroga rispetto all’ordinario criterio.

Il ricorso è ammissibile sulla scorta di quanto già affermato dalla giurisprudenza di questa Corte Suprema (cfr. Cass. n. 6084/14, cui si rinvia in parte qua), perchè, là dove statuisce sulle spese, costituisce un provvedimento definitivo, di carattere decisorio, che incide indubbiamente sui diritti patrimoniali e che è non soggetto ad impugnazione in altre sedi.

Il ricorso è, altresì, manifestamente fondato.

La pronuncia sulle spese dell’ATP ex art. 445 bis c.p.c. è esplicitamente prevista dal comma 5 cit. art., ma deve pur sempre coordinarsi con i criteri di cui agli artt. 91 c.p.c. e ss., in primis con il principio della soccombenza.

Nel caso in esame, il giudizio è stato instaurato con ricorso depositato dinanzi al Tribunale di Vibo Valentia il 16/1/2013 e, dunque, opera la modifica introdotta dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 45, comma 11, che – per i giudizi instaurati successivamente alla sua entrata in vigore -, intervenendo nuovamente sull’art. 92 c.p.c., comma 2 dopo la novella di cui alla L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, comma 1, lett. a), già applicabile ai procedimenti instaurati a far data dal 1 marzo 2006 (art. 2, comma 4cit. Legge, come mod. dal D.L. 30 dicembre 2005, n. 273, art. 39 quater conv. con mod. nella L. 23 febbraio 2006, n. 51), ha previsto che “se vi è soccombenza reciproca o concorrono altre gravi ed eccezionali ragioni, esplicitamente indicate nella motivazione, il giudice può compensare, parzialmente o per intero, le spese fra le parti”.

Alla norma è stata apportata successivamente una nuova modifica di tenore ulteriormente restrittivo – dal D.L. 1 settembre 2014, n. 132, art. 13, comma 1, convertito, con modificazioni, in L. 10 novembre 2014, n. 162, applicabile ai procedimenti introdotti a decorrere dal trentesimo giorno successivo all’entrata in vigore della legge di conversione, nel senso che la compensazione è limitata alle ipotesi di soccombenza reciproca “ovvero nel caso di assoluta novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti”.

Il testo della norma applicabile ratione temporis alla fattispecie, ossia la versione introdotta dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 45, comma 11, consente, come detto, la compensazione solo in presenza di soccombenza o nel concorso di “altre gravi ed eccezionali ragioni, esplicitamente indicate nella motivazione”. La locuzione “gravi ed eccezionali ragioni” è stata ricondotta – nell’interpretazione offerta dalle Sezioni Unite di questa Corte – nell’alveo delle ‘norme elastichè, quale clausola generale che il legislatore ha previsto per adeguarla ad un dato contesto storico-sociale o a speciali situazioni, non esattamente ed efficacemente determinabili a priori, ma da specificare in via interpretativa da parte del giudice del merito, con un giudizio censurabile in sede di legittimità, in quanto fondato su norme giuridiche (Cass., Sez. Un., 22 febbraio 2012, n. 2572).

Nel caso in esame la disposta compensazione sulle spese non è sorretta da alcuna motivazione il che senza dubbio integra la denunciata violazione di legge.

In conclusione, si propone l’accoglimento del ricorso e la cassazione del decreto di omologa nella parte relativa alla regolamentazione delle spese processuali; il tutto con ordinanza, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., n. 5. Valuterà il Collegio se la causa possa essere decisa nel merito ex art. 384 c.p.c.”.

2 – Non solo state depositate memorie ex art. 380 bis c.p.c., comma 2.

3 – Questa Corte ritiene che le osservazioni in fatto e le considerazioni e conclusioni in diritto svolte dal relatore siano del tutto condivisibili, siccome coerenti alla giurisprudenza di legittimità in materia e che ricorra con ogni evidenza il presupposto dell’art. 375 c.p.c., n. 5 per la definizione camerale del processo.

4 – Da tanto consegue che il ricorso deve essere accolto ed il decreto di omologa cassato in parte qua; considerato che per la decisione della causa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., la sufficienza degli accertamenti di fatto deve emergere dal provvedimento impugnato (Cass. 13 settembre 2013, n. 21045), condizione, questa, insussistente nel caso di specie, va disposto il rinvio al Tribunale di Vibo Valentia che, in diversa composizione, procederà ad una nuova regolamentazione delle spese del procedimento per a.t.p. e provvederà anche su quelle del presente giudizi() di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto di omologa impugnato e rinvia, anche per le spese, al Tribunale di Vibo Valentia, in diversa composizione.

Dispone che, in caso di diffusione del presente provvedimento, siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, artt. 50 e 52.

Così deciso in Roma, il 6 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2017

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