Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20159 del 25/07/2019

Cassazione civile sez. VI, 25/07/2019, (ud. 17/04/2019, dep. 25/07/2019), n.20159

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11911-2018 proposto da:

B.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA NOMENTANA n.

257, presso lo studio dell’avvocato ANDREA CIANNAVEI, rappresentato

e difeso dall’avvocato DANIELE MASSACCESI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO ECONOMIA FINANZE, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI n. 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 172/2018 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 13/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/04/2019 dal Consigliere Dott. OLIVA STEFANO;

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con ricorso del 25.6.2009 B.G. proponeva opposizione avverso il decreto di ingiunzione n. (OMISSIS) del 20.5.2009, notificatogli il 28.5.2009, con il quale il Ministero del Tesoro gli aveva intimato il pagamento della sanzione pecuniaria di Euro 162.911,00 -in solido con la Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.a. (M.P.S.)- a titolo di violazione della L. n. 197 del 1991, art. 3, perchè il ricorrente aveva omesso di segnalare, nella sua veste di responsabile dell’agenzia di Civitanova Marche della Banca Nazionale dell’Agricoltura S.p.a. (confluita in M.P.S.) le operazioni sospette eseguite da L.A. sul conto corrente n. (OMISSIS) al medesimo intestato nel periodo tra il 30.7.1998 e il 14.9.1999. Detto provvedimento era stato emesso dal Ministero a seguito del verbale di contestazione di sanzione amministrativa elevato dalla Guardia di Finanza in data 14.1.2004, notificato al B. il 15.1.2004.

Si costituiva il Ministero resistendo al ricorso e il Tribunale di Macerata, con sentenza n. 332/2010, annullava il provvedimento opposto compensando le spese del grado, sul presupposto che la notifica del decreto di ingiunzione sarebbe avvenuta dopo la scadenza del termine di 90 giorni di cui alla L. n. 689 del 1981, art. 14, da calcolarsi a decorrere dal giorno della notificazione della contestazione della Guardia di Finanza, e quindi dal 15.1.2004.

Interponeva appello il Ministero e si costituiva il B. per resistere al gravame.

Con la sentenza oggi impugnata, n. 172/2018, la Corte di Appello di Ancona accoglieva l’appello, condannando il B. alle spese del doppio grado.

Propone ricorso per la cassazione di detta decisione B.G. affidandosi a cinque motivi.

Resiste con controricorso il Ministero del Tesoro.

Il ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, art. 14 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 perchè la Corte di Appello avrebbe erroneamente ritenuto tempestiva la notifica del provvedimento di ingiunzione opposto, calcolando il termine di 90 giorni previsto dal richiamato dalla L. n. 689 del 1981, art. 14 soltanto a decorrere dal momento in cui il verbale della Guardia di Finanza era materialmente pervenuto a conoscenza del Ministero del Tesoro, e non invece dalla data antecedente in cui esso era stato notificato al ricorrente.

La censura è infondata.

Va infatti ribadito il principio secondo cui “In tema di sanzioni amministrative, qualora non sia avvenuta la contestazione immediata della violazione, il momento dell’accertamento -in relazione al quale collocare il dies a quo del termine previsto dalla L. n. 689 del 1981, art. 14, comma 2, per la notifica degli estremi di tale violazione 5 non coincide con quello in cui viene acquisito il fatto nella sua materialità da parte dell’autorità cui è stato trasmesso il rapporto, ma va individuato nel momento in cui detta autorità abbia acquisito e valutato tutti i dati indispensabili ai fini della verifica dell’esistenza della violazione segnalata, ovvero in quello in cui il tempo decorso non risulti ulteriormente giustificato dalla necessità di tale acquisizione e valutazione” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3043 del 06/02/2009, Rv. 606557; cfr. anche Cass. Sez. 2, Sentenza n. 9316 del 17/04/2009, Rv. 607915; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 25836 del 02/12/2011, Rv. 620363; Cass. Sez. L, Sentenza n. 7681 del 02/04/2014, Rv. 630503; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 9254 del 16/04/2018, Rv. 648081).

Ne discende che il termine di 90 giorni di cui alla L. n. 689 del 1981, art. 14 non poteva in nessun caso decorrere dalla data in cui il verbale presupposto dal provvedimento ingiuntivo emesso dal Ministero del Tesoro era stato notificato al B., perchè certamente in quel momento il Ministero non aveva ancora conseguito alcuna conoscenza dell’esistenza del predetto verbale.

Va peraltro rilevato che la sentenza impugnata fa decorrere il termine di cui si discute non già -come affermato dalla consolidata giurisprudenza di questa Corte sopra richiamata- dal momento in cui la P.A. ha esaurito le verifiche e necessarie al vaglio della notizia ricevuta dall’organo accertatore (nella specie, la Guardia di Finanza), ma al precedente momento in cui il Ministero aveva avuto materiale conoscenza del processo verbale, adottando quindi una soluzione di maggior favore per il B..

Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, art. 28 perchè la Corte di Appello avrebbe omesso di ravvisare l’intervenuta maturazione del termine di prescrizione della pretesa punitiva, quantomeno in relazione alle operazioni anteriori al 5.6.1999.

Il motivo è infondato.

Ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 28 infatti il diritto a riscuotere i proventi della sanzione amministrativa pecuniaria è soggetto al termine quinquennale di prescrizione. Secondo il costante orientamento di questa Corte, detto termine è interrotto da qualsiasi atto del procedimento che abbia la funzione di far valere il diritto della P.A. alla riscossione della pena pecuniaria (Cass. Sez.1, Sentenza n. 5798 del 17/03/2005 Rv. 580306; cfr. anche Cass. Sez. 1, Sentenza n. 2334 del 02/02/2006, Rv.590755; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1081 del 18/01/2007, Rv.594480; Cass. Sez.. 2, Sentenza n. 18064 del 27/08/2007, Rv.599744; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 28238 del 26/11/2008, Rv.605761; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 19366 del 10/09/2010, Rv.614859; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 185 del 04/01/2011, Rv.615496; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 14886 del 20/07/2016, Rv.640659; Cass. Sez. L, Sentenza n. 22388 del 13/09/2018, Rv.650538).

Nel caso di specie, la sentenza impugnata dà atto che la notifica del processo verbale della Guardia di Finanza è stata eseguita il 15.1.2004, la contestazione è stata notificata al ricorrente in data 5.6.2004 e in data 11.10.2004 si è svolta o l’audizione personale del B. (cfr. pag.11 della decisione impugnata). Ne deriva che il dies a quo per il computo del termine quinquennale di prescrizione va fatto decorrere da tale ultima data. Pertanto, detto termine non era spirato al momento della notificazione al ricorrente del provvedimento ingiuntivo opposto, avvenuta il 28.5.2009.

Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e art. 115 c.p.c. perchè la Corte di Appello avrebbe immotivatamente respinto le istanze istruttorie dal medesimo formulate.

La doglianza è inammissibile alla luce del consolidato principio secondo cui la valutazione sull’ammissibilità e la rilevanza delle singole prove compete al giudice del merito e non è utilmente sindacabile in Cassazione (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12362 del 24/05/2006, Rv.589595: conf. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11511 del 23/05/2014, Rv.631448; Cass. Sez. L, Sentenza n. 13485 del 13/06/2014, Rv.631330; Cass. Sez. L, Sentenza n. 11933 del 07/08/2003, Rv.565755; Cass. Sez. L, Sentenza n. 322 del 13/01/2003, Rv.559636).

Con il quarto motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 231 del 2007, art. 69, come modificato dal D.Lgs. n. 90 del 2017, perchè la Corte marchigiana avrebbe omesso di applicare la legge più favorevole al destinatario della sanzione amministrativa.

La censura è fondata.

Il D.Lgs. n. 231 del 2007, art. 69, comma 1 e s.m.i. prevede infatti: “Nessuno può essere sanzionato per un fatto che alla data di entrata in vigore delle disposizioni di cui al presente Titolo non costituisce più illecito. Per le violazioni commesse anteriormente all’entrata in vigore del presente decreto, sanzionate in via amministrativa, si applica la legge vigente all’epoca della commessa violazione, se più favorevole, ivi compresa l’applicabilità dell’istituto del pagamento in misura ridotta”. Da ciò discende la necessaria applicazione, in favore del B., della disciplina di maggior favore, che nella specie è costituita da quella prevista dalla normativa di cui al richiamato D.Lgs. n. 231 del 2007. Va sul punto ribadito il principio già affermato da questa Corte, secondo cui la previsione di cui all’art. 69 si applica a tutti i procedimenti sanzionatori non ancora definiti alla data di entrata in vigore della nuova disciplina, e quindi anche a quelli neii quali il provvedimento comminatorio della sanzione sia già stata emesso, ma sia stato tempestivamente impugnato nelle forme di legge e sia ancora sub iudice (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 28888 del 12/11/2018, Rv. 651383; cfr. anche Cass. Sez. 2, Sentenza n. 20697 del 09/08/2018, non massimata).

Va invece respinto il quinto motivo, con il quale il ricorrente lamenta l’ulteriore profilo di violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 231 del 2007, art. 60 e s.m.i., con riferimento al termine biennale per la conclusione del procedimento sanzionatorio decorrente dal momento in cui l’amministrazione procedente ha ricevuto la notificazione della contestazione della violazione, posto che l’art. 69, comma 2 prevede espressamente che detta nuova disciplina si applichi “Dalla data di entrata in vigore del presente articolo”. Ciò, a differenza di quanto ravvisato in relazione al comma 1, esclude esplicitamente l’applicabilità della nuova disciplina ai provvedimenti sanzionatori già emessi all’atto dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 231 del 2007, ancorchè essi siano stati oggetto di opposizione ed il relativo giudizio non si sia ancora concluso.

In definitiva, va accolto il quarto motivo, mentre vanno respinti tutti gli altri. La decisione va conseguentemente cassata in relazione alla censura accolta con rinvio della causa, anche per le spese del presente giudizio di Cassazione, ad altra sezione della Corte di Appello di Ancona.

P.Q.M.

la Corte accoglie il quarto motivo di ricorso e rigetta gli altri. Cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di Cassazione, ad altra sezione della Corte di Appello di Ancona.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile, il 17 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 25 luglio 2019

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