Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20157 del 24/09/2020

Cassazione civile sez. lav., 24/09/2020, (ud. 08/01/2020, dep. 24/09/2020), n.20157

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – rel. Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26245-2014 proposto da:

T.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CRESCENZI0, 20,

presso lo studio dell’avvocato SALVINO GRECO, che la rappresenta e

difende;

– ricorrente –

nonchè contro

– I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 4830/2014 del TRIBUNALE di ROMA, depositata il

02/05/2014, R.G.N. 18931/2013;

Il P.M. ha depositato conclusioni scritte.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

CHE:

Con ricorsi poi riuniti, l’avv. T.G. proponeva opposizione avverso il rigetto dell’istanza di assegnazione emessa dal g.e. sul presupposto che la parte avrebbe violato le regole di correttezza frazionando l’originarla pretesa creditoria in più procedimenti nell’arco temporale di un decennio. Tanto premesso ha chiesto dichiararsi l’illegittimità della predetta ordinanza di estinzione e conseguentemente la validità della procedura esecutiva azionata dalla creditrice.

Nella resistenza dell’INPS, il Tribunale rigettava i ricorsi evidenziando che la T. aveva riconosciuto di aver intrapreso in ogni giudizio una precedente esecuzione (conclusasi con provvedimento di assegnazione) senza lamentare che il g.e. avesse attribuito una somma solo a “parziale soddisfo” del credito (e dunque senza proporre alcuna opposizione), proponendo solo successivamente (ed inammissibilmente) una nuova azione diretta ad ottenere una quota ulteriore del credito a titolo di spese generali.

Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso la T., affidato ad unico motivo, poi illustrato con memoria, mentre l’INPS è rimasto intimato.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

CHE:

La ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112,115,116 e 100 c.p.c., oltre all’art. 2697 c.c., lamentando che il Tribunale avesse presupposto erroneamente che l’originaria azione esecutiva comprendesse anche, tra le spese, la quota del 10% delle spese generali, mentre esse non erano state mai richieste.

Seguono diverse decine di pagine di fotocopie di provvedimenti giurisdizionali di merito.

Il ricorso è infondato in quanto, anche a voler prescindere dalla redazione del ricorso attraverso il mero assemblamento di vari provvedimenti giurisdizionali di cui non è chiarita la valenza, e prescindendo anche dalla questione sopra formulata, esso contrasta col principio di divieto di frazionamento di uno (nella specie determinato dall’ordinanza di assegnazione) o più crediti già esistenti al momento dell’originaria azione (Cass. SU n. 23726/07, Cass. ord. n. 19898/18, Cass. ord. n. 15398/19) contestuali o scaglionati nel tempo, in quanto tale scissione del contenuto dell’obbligazione, operata dal creditore per sua esclusiva utilità con unilaterale modificazione che aggrava la posizione del debitore, si pone in contrasto sia con il principio di correttezza e buona fede, che deve improntare il rapporto tra le parti non solo durante l’esecuzione del contratto ma anche nell’eventuale fase dell’azione giudiziale per ottenere l’adempimento, sia con il principio costituzionale del giusto processo, traducendosi la parcellizzazione della domanda giudiziale diretta alla soddisfazione della pretesa creditoria in un abuso degli strumenti processuali che l’ordinamento offre alla parte, nei limiti di una corretta tutela del suo interesse sostanziale.

Nè risulta meritevole di accoglimento la censura secondo cui il rimborso delle spese generali sarebbe divenuto esigibile solo dopo la sent. n. 8238/07 di questa Corte, essendo il diritto in parola stabilito dai vari D.M. in materia di tariffe professionali forensi, ed avendo questa Corte in tale occasione (dopo aver già stabilito che il rimborso forfettario delle spese generali ai sensi dell’art. 15 delle disposizioni generali della Tariffa professionale forense spetta automaticamente al professionista anche in assenza di allegazione specifica e di espressa richiesta dovendosi, quest’ultima, ritenere implicita nella domanda di condanna al pagamento degli onorari giudiziali, cfr. Cass. n. 603/03, n. 14596/00, n. 6637/00) solo ribadito che tale rimborso spetta automaticamente al professionista (ed a tal proposito diviene anche rilevante la mancata opposizione all’ordinanza di assegnazione delle somme).

Per le ragioni esposte il ricorso deve essere respinto, restando assorbita la questione di legittimità costituzionale del D.L. n. 669 del 1996, art. 14 comma 1 bis, successivamente convertito e poi modificato, laddove dispone, nelle ipotesi di esecuzione nei confronti delle pubbliche amministrazioni, che il pignoramento perde efficacia quando dal suo compimento sia trascorso un anno senza che sia stata disposta l’assegnazione.

Nulla per le spese non avendo l’INPS svolto attività difensiva.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Nulla sulle spese del presente giudizio. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo

unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza Camerale, il 8 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 settembre 2020

 

 

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