Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20156 del 24/09/2020

Cassazione civile sez. lav., 24/09/2020, (ud. 08/01/2020, dep. 24/09/2020), n.20156

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – rel. Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23460-2014 proposto da:

R.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI GOZZADINI 30,

presso lo studio dell’avvocato ALBERTO PROSPERINI, che la

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

– I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA n. 29 presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati MAURO RICCI,

CLEMENTINA PULLI e EMANUELA CAPANNOLO;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 10094/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 25/03/2014, R.G.N. 6562/2011.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

CHE:

Con sentenza depositata il 25.3.14, la Corte d’appello di Roma rigettava il gravame, inerente unicamente la quantificazione delle spese di lite, proposto da R.C. avverso la sentenza del Tribunale con cui le era stato riconosciuto l’assegno di invalidità civile. Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso la R., affidato a triplice motivo; l’INPS ha depositato unicamente procura in calce al ricorso notificato.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

CHE:

La ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione della L. n. 794 del 1942, art. 4, del D.M n. 127 del 2004, del R.D.L. n. 1578 del 1933, art. 64, comma 1 e art. 60, comma 4, lamentando che l’estrema semplicità della controversia, in base alla quale la Corte capitolina ritenne corretta la liquidazione in base alla dimidiazione prevista dal cit. art. 4, non era affatto motivata.

Con secondo motivo la ricorrente lamenta che la sentenza impugnata respinse anche la doglianza inerente le competenze (diritti), in quanto la relativa domanda non sarebbe stata proposta.

Con terzo motivo la R. censura la sentenza impugnata per aver escluso talune voci delle competenze (diritti) per difetto di prova dello svolgimento delle relative attività.

Il ricorso è solo parzialmente fondato.

Risulta infatti inammissibile la prima doglianza inerente una valutazione della corte capitolina circa la semplicità della controversia (avente ad oggetto il riconoscimento di provvidenza previdenziale già vagliata da c.t.u.). Tale valutazione è riservata al giudice del merito su cui questa Corte non può intervenire salvo macroscopici errori logici o giuridici, nella specie neppure evidenziati.

Quanto alle competenze deve invece rilevarsi che la censura risulta ritualmente proposta, e le voci escluse dalla Corte capitolina non tengono conto del principio secondo cui tali voci (assistenza alla parte, corrispondenza informativa, esame fascicolo, etc.) spettano comunque al difensore, secondo il consolidato orientamento di questa Corte (Cass. n. 23059/17, n. 30906/18).

La sentenza impugnata va pertanto entro tali limiti cassata, con rinvio ad altro giudice, in dispositivo indicato, per la determinazione dei diritti di avvocato.

PQM

La Corte accoglie il terzo ed il quarto motivo di ricorso e rigetta gli altri. Cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia, anche per le spese inerenti il presente giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Adunanza Camerale, il 8 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 settembre 2020

 

 

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