Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20155 del 07/10/2016


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Cassazione civile sez. trib., 07/10/2016, (ud. 21/07/2016, dep. 07/10/2016), n.20155

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 8948/2011 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

D.I.A., rappresentato e difeso dall’Avv. Sandro De Paola

del Foro di Isernia ed elettivamente domiciliato in Roma, via

Ippolito Nievo, n. 61, scala D, giusta procura speciale in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del

Molise, n. 16/4/2010, depositata il 19/02/2010.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21

luglio 2016 dal Relatore Cons. Dott. Emilio Iannello;

udito per la ricorrente l’Avvocato dello Stato Barbara Tidore;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso, il quale ha concluso per l’accoglimento.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. D.I.A. impugnava avanti la C.T.P. di Isernia l’avviso di accertamento notificatogli in data (OMISSIS) con cui l’Agenzia delle entrate, con riferimento ai redditi dichiarati per l’anno d’imposta (OMISSIS), riprendeva a tassazione oneri ritenuti indebitamente dedotti, per un importo di Lire 26.705.000, relativi a contributi trattenuti dalla regione Molise sull’indennità di carica (consigliere regionale) per finanziare l’erogazione di assegno vitalizio.

Il ricorrente eccepiva l’illegittimità dell’avviso in quanto notificato tardivamente al di là dei termini previsti, a pena di decadenza, dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, artt. 36-ter e 43; ciò sull’assunto che non potesse nel caso di specie trovare applicazione la proroga biennale dei termini di accertamento prevista dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 10, in quanto riguardante i soli termini di accertamento e non anche quelli di rettifica della dichiarazione a seguito di controllo formale, come – secondo il ricorrente – avrebbe dovuto essere qualificata quella posta in essere dall’amministrazione finanziaria.

Il ricorso era accolto, sotto tale preliminare profilo, dalla adita C.T.P., con sentenza confermata in grado d’appello dalla C.T.R. del Molise, la quale infatti rilevava che, indipendentemente da come era stata qualificata dall’Ufficio, quella posta in essere costituiva una “mera attività di liquidazione operata sulla base della dichiarazione presentata dal Di lodo: l’Ufficio non ha proceduto infatti ad espletare nessuna procedura che possa essere definita di vero e proprio accertamento avendo per contro utilizzato le procedure proprie dell’attività di controllo formale o di liquidazione di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 36-ter e 36-bis”.

2. Avverso la sentenza d’appello l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione con unico mezzo, cui resiste il contribuente depositando controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

3. Con l’unico motivo di ricorso, l’Agenzia delle entrate denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, artt. 36-bis, 36-ter e 38, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la C.T.R. ritenuto che l’attività di controllo nella specie espletata non eccedesse i limiti del controllo formale, là dove invece, secondo l’amministrazione ricorrente, si rendeva necessario un vero e proprio avviso di accertamento, unico atto idoneo a rendere edotto il contribuente del processo logico e giuridico seguito in sede di rettifica; ciò in quanto il contribuente aveva indebitamente portato in deduzione l’importo dei contributi suindicati sulla base di una unilaterale e arbitraria qualificazione giuridica degli stessi, per contrastare la quale si rendeva necessaria e doverosa, da parte dell’amministrazione, una congrua e adeguata motivazione, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 42, onde dar conto dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche che inducevano a negare la deducibilità degli stessi.

4. Con il proposto controricorso, il contribuente eccepisce preliminarmente l’inammissibilità del ricorso per intervenuta acquiescenza ex art. 329 c.p.c., avendo l’ufficio espresso, in data 3/12/2010, la volontà di non impugnare la sentenza d’appello.

5. E’ inammissibile l’eccezione preliminarmente opposta dal controricorrente, per difetto del requisito di autosufficienza, non risultando prodotta documentazione alcuna che consenta di verificare l’affermata esistenza di una manifestazione di volontà da parte dell’amministrazione univocamente intesa a prestare acquiescenza alla sentenza in questa sede impugnata.

6. Nel merito, la censura posta a fondamento del ricorso è fondata.

Secondo principio costantemente affermato nella giurisprudenza di questa Corte il potere degli uffici finanziari di escludere, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis, comma 2, lett. d), la deduzione, dal reddito complessivo delle persone fisiche, degli oneri non contemplati dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 10, non è esercitatile (essendo all’uopo, invece, necessario un formale atto di accertamento compiutamente motivato), quando, l’indeducibilità di detti oneri sia ricavabile dall’interpretazione della documentazione allegata o della norma giuridica, giacchè il potere di liquidazione D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36-bis, trovando la sua fonte in una norma di carattere eccezionale, è esercitatile solo allorquando l’indeducibilità degli oneri sia desumibile ictu oculi, dal controllo formale della dichiarazione (e della allegata documentazione), da cui emerga che il titolo è diverso da quello previsto dalla lettera della legge (v. Cass. 14019/07; 14021/06, 8359/06, 21274/05).

Tanto premesso in linea di principio, deve considerarsi in concreto, che, nel caso di specie, la valutazione dell’indeducibilità del contributo dedotto in controversia e la conseguente pretesa fiscale dell’Ufficio non scaturì dal puro e semplice riscontro cartolare della dichiarazione del contribuente, essendosi resa, altresì, necessaria un’attività d’interpretazione complessiva della norma giuridica contenuta nella L.R. Molise 13 aprile 1988, n. 10, art. 3, che ha indotto alla conclusione che il contributo in oggetto – finalizzato all’erogazione ai consiglieri regionali cessati dal mandato di un assegno vitalizio e, in quanto tale, astrattamente rientrante nell’ambito della previsione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 10, lett. e) – non poteva ritenersi deducibile in quanto non avente natura previdenziale.

Secondo i criteri sopra evidenziati, deve, dunque, concludersi che la pretesa impositiva dedotta in controversia non poteva essere azionata con la procedura di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis, ma richiedeva l’emissione di un formale avviso di accertamento, dovendosi di conseguenza ritenere immune da censure sotto tale profilo l’atto impugnato e inoltre perfettamente tempestivo in quanto emesso nel termine fissato dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 43, siccome prorogato dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 10.

7. Peraltro, appare ancor prima dirimente il rilievo che, diversamente da quanto postulato dal giudice a quo, non risulta censurabile la scelta dell’amministrazione di procedere alla contestazione della pretesa impositiva con avviso di accertamento anzichè procedere direttamente ad iscrizione a ruolo D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ex art. 36-ter, quand’anche ne sussistessero i presupposti (il che, come detto, non può comunque affermarsi nel caso di specie).

E’ l’ipotesi opposta che può dar luogo, infatti, a nullità dell’azione impositiva (diretta iscrizione a ruolo al di là dei casi previsti, salvo in tal caso che la cartella non offra congrua motivazione della pretesa), non certo l’adozione di una procedura più garantista per il contribuente anche quando avrebbe potuto procedersi direttamente ai sensi degli artt. 36-bis o 36-ter D.P.R. cit..

8. La questione di merito relativa alla deducibilità degli oneri in questione non può essere esaminata nel presente giudizio di legittimità – e ciò nemmeno ove fosse stato proposto rituale ricorso incidentale condizionato, trattandosi di questione non esaminata dal giudice del merito e rimasta assorbita (v. ex aliis Cass., Sez. 5, n. n. 574 del 15/01/2016, Rv. 638333; Sez. 5, n. 11947 del 10/06/2016; Sez. L, n. 6572 del 03/12/1988, Rv. 460885; Sez. 3, n. 767 del 09/02/1982, Rv. 418591; Sez. L, n. 1980 del 07/04/1981, Rv. 412685) – ma andrà riproposta davanti alla C.T.R., alla quale per tale motivo la causa va rinviata, anche per il regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per il regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità, alla C.T.R. del Molise, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 21 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 7 ottobre 2016

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