Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20153 del 23/09/2010

Cassazione civile sez. trib., 23/09/2010, (ud. 24/06/2010, dep. 23/09/2010), n.20153

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MERONE Antonio – Presidente –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – rel. Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore, domiciliata in Roma,

via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura generale dello Stato, che

la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

B.A.;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Sicilia, sez. 7, n. 203 del 14/1/08.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Considerato che il Consigliere relatore, nominato ai sensi dell’art. 377 c.p.c., ha depositato la relazione scritta prevista dall’art. 380 bis, nei termini che di seguito si trascrivono:

“L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia che ha rigettato l’appello dell’Ufficio contro la pronuncia di primo grado, che aveva accolto il ricorso del contribuente contro avvisi di liquidazione per imposte ipotecaria e catastale, liquidate da esso notaio rogante in misura fissa anziche’ proporzionale in atto di compravendita registrato in via telematica il (OMISSIS).

L’intimato non si e’ costituito.

Il ricorso contiene due motivi. Puo’ essere trattato in camera di consiglio (art. 375 c.p.c., n. 5) e rigettato, per manifesta infondatezza, alla stregua delle considerazioni che seguono:

Con il secondo motivo, potenzialmente assorbente, la ricorrente deduce che il R.D. 28 aprile 1938, n. 1165, art. 26 posto dal giudice tributario a fondamento della decisione, sarebbe stato abrogato prima dal D.P.R. n. 601 del 1973, art. 42 e poi dal D.Lgs. n. 347 del 1990, art. 10 mentre con il primo motivo assume che comunque la norma si applicherebbe solo alle cessioni poste in essere da enti pubblici.

Entrambi i motivi sono inammissibili.

La sentenza impugnata e’ motivata, infatti, con riferimento anche il D.L. n. 331 del 1993, art. 66, comma 6 bis, convertito con modificazioni dalla L. 29 ottobre 1993, n. 427, successivo alle leggi abrogatrici indicate dalla ricorrente, secondo cui sono soggetti all’imposta in misura fissa gli atti relativi alle operazioni previste dagli statuti delle societa’ cooperative di abitazione.

La mancanza di qualsiasi riferimento a tale norma nei due motivi di violazione di legge ne giustifica la declaratoria di inammissibilita’”;

che le parti non hanno presentato memorie;

che il collegio condivide la proposta del relatore;

che pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile, con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in Euro 1.200,00, di cui Euro 1.000,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

P.Q.M.

LA CORTE dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in Euro 1.200,00, di cui Euro 1.000,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione tributaria, il 24 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2010

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