Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20150 del 24/09/2020

Cassazione civile sez. III, 24/09/2020, (ud. 20/07/2020, dep. 24/09/2020), n.20150

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – rel. Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso 29534-2018 proposto da:

TI.AN., TI.AR., T.A., elettivamente domiciliati

in ROMA, VIA AGOSTINO DEPRETIS 60, presso lo studio dell’avvocato

DONATELLA CERE’, che li rappresenta e difende unitamente

all’avvocato MATTEO DE POLI;

– ricorrenti –

contro

REV GESTIONE CREDITI SPA, RAPPRESENTATA E DIFESA DALL’AVV. MARIA

ANNALISA SICONOLFI, E DALL’AVV. GIANLUCA BRANCALORO;

– controricorrente –

nonchè contro

CASSA DI RISPARMIO DI FERRRARA SPA in l.c.a.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1528/2018 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 05/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/07/2020 dal Consigliere Dott. FIECCONI FRANCESCA.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

1. Con ricorso notificato il 10/10/2018, i sig.ri Ti.An., Ti.Ar. e T.A. propongono ricorso per cassazione, affidato a sei motivi e illustrato da memoria, avverso la sentenza n. 1528/2018 della Corte d’Appello di Bologna notificata in data 11/7/2018. Con controricorso notificato il 14/11/2018, resiste REV Gestione crediti s.p.a. in qualità di mandataria di PURPLE SPV s.r.l. titolare del credito, società unipersonale a responsabilità limitata.

2. Per quanto qui d’interesse, gli attuali ricorrenti, quali garanti della Vima s.r.l. della quale erano soci di minoranza, convenivano davanti al Tribunale di Ferrara la Cassa di risparmio di Ferrara s.p.a., chiedendo al giudice adito di dichiarare l’estinzione di due fideiussioni da loro prestate a garanzia di due mutui erogati a Vima s.r.l.. Gli attori deducevano che i mutui, formalmente qualificati come fondiari, erano in realtà mutui di scopo, diretti a finanziare alcune opere edili (acquisto e urbanizzazione di un’area nel comune di Vigarano Mainarda, nonchè costruzione di immobili); tuttavia, poichè il denaro era stato destinato dall’amministratore unico della Vima, sig. B.G., a finalità estranee i mutui dovevano ritenersi nulli e, per l’effetto, anche le garanzie prestate. In via subordinata, chiedevano che la nullità delle predette fideiussioni fosse dichiarata in quanto i mutui dissimulavano dei mutui semplici e tali negozi pregiudicavano il diritto di rivalsa dei garanti che, in tesi, avevano rilasciato la garanzia personale in vista dello scopo edilizio mai realizzato. In via ulteriormente subordinata, chiedevano di accertare che i sig.ri Ti. non erano tenuti alla prestazione ex art. 1460 c.c., poichè la Cassa di Risparmio, omettendo di vigilare sulla mutuataria, aveva agito in violazione dei canoni di buona fede e diligenza nell’esecuzione del contratto, così pregiudicando il regresso dei garanti. Il Tribunale, con sentenza n. 1484/2014, rigettava le domande attoree con conseguente condanna alle spese di lite in favore della Banca.

3. Avverso la sentenza, i sig.ri Ti. proponevano gravame dinanzi alla Corte d’Appello di Bologna che, integralmente confermando la pronuncia di prime cure, riteneva i mutui normali mutui fondiari e, comunque, che le somme erogate non fossero state distratte in quanto di fatto utilizzate i B. per l’acquisto del fondo di Vigarano Mainarda e per la costruzione ivi di immobili, donde in ogni caso i contratti erano validi e, di conseguenza, anche le relative fideiussioni. In riferimento alla domanda di simulazione spiegata in via subordinata, rilevava che non fossero emersi elementi per ritenere sussistente la simulazione oggettiva dedotta dagli appellanti. Infine, quanto alla domanda proposta in via ulteriormente subordinata, non ravvisava la violazione dei canoni di buona fede e di diligenza non essendovi stato alcuno sviamento dallo scopo dei finanziamenti, in primo luogo poichè si tratta di mutui fondiari e, in secondo luogo, non può sostenersi che la Banca avesse continuato negligentemente ad erogare ulteriore credito alla Vima, avendo interrotto le relative erogazioni con richiesta di rientro dei prestiti, in conseguenza del mancato pagamento di due rate del mutuo.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

1. Con il primo motivo si censura – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – la violazione o falsa applicazione degli artt. 1362,1363,1367 e 1370 c.c.. I ricorrenti assumono errata la sentenza impugnata per aver ritenuto che i contratti di mutuo conclusi tra la Cassa di Risparmio e la Vima non rientrassero nel paradigma del mutuo di scopo ma fossero semplici mutui fondiari, così violando i principi e le norme dettate in materia di interpretazione dei contratti. Adducono che la previsione di uno scopo – consistente nel finanziare l’acquisto, le opere di urbanizzazione e la costruzione dell’immobile sito in (OMISSIS) emergerebbe esplicitamente dalle espressioni utilizzate nei contratti (art. 2, comma 1 e art. 3, comma 7 dei contratti di mutuo); nonchè, dalla circostanza che fosse esclusa e sanzionata con la risoluzione una diversa destinazione delle somme (artt. 11 e 12 dei Capitolati allegati ai contratti di mutuo, clausole che peraltro avrebbero dovuto essere interpretate, nel dubbio, a favore dell’altro contraente ex art. 1370 c.c., in quanto inserite nelle condizioni generali di contratto); dal fatto che la Vima aveva l’obbligo di realizzare e portare a termine le opere previste entro una data determinata (art. 3, comma 7, dei contratti di mutuo); infine, in quanto la destinazione delle somme non era posta nell’esclusivo interesse della mutuataria, ma anche del mutuante, che solo con la realizzazione delle opere avrebbe visto accrescere il valore dei beni su cui aveva iscritto ipoteca.

2. Con il secondo motivo si denuncia- ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione o falsa applicazione degli artt. 1343 e 1418 c.c., per non avere la sentenza dichiarato la nullità dei contratti di mutuo per mancanza o illiceità della causa. I ricorrenti adducono che, trattandosi di mutui di scopo funzionali all’acquisto e all’edificazione dell’area sita in (OMISSIS), i contratti di muto avrebbero dovuto essere stipulati in data antecedente all’acquisto, mentre la stessa area era già di proprietà della Vima; in ogni caso, le somme rinvenienti da quei contratti avrebbero dovuto essere utilizzate esclusivamente per quelle finalità, di contro, vennero utilizzate per liberare i vecchi soci della Vima dalle fideiussioni prestate e, peraltro, di questa diversa destinazione la Cassa di Risparmio era a conoscenza prima ancora della stipulazione dei mutui, come emergerebbe dalla lettera inviata alla Banca dal sig. B. (amministratore unico della Vima). Tanto premesso, la diversa destinazione delle somme date a mutuo, nonchè l’esistenza di un accordo tra mutuante e mutuataria in ordine a tale diversa destinazione rispetto a quella indicata espressamente nel contratto, determinerebbero la nullità dello stesso per mancanza di causa e, per l’effetto, la nullità delle fideiussioni.

3. Con il terzo motivo si denuncia – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – la violazione o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., per avere la Corte d’Appello ritenuto provata l’effettiva destinazione delle somme mutuate all’acquisto del fondo di (OMISSIS) sulla base di circostanze mai allegate in causa e non avvalorate da idonea fonte di prova, in quanto risultanti esclusivamente dalla comparsa di risposta depositata dal sig. B. in un procedimento arbitrale ed incidentalmente depositata nell’odierno contenzioso. Adducono che, anche a prescindere dalla qualificazione dei contratti di mutuo come mutui di scopo, la provvista rinveniente dal primo contratto di mutuo era stata distratta dal sig. B. per effettuare pagamenti a favore della B. Investimenti s.r.l., nonchè a favore del medesimo B.G., circostanze mai contestate dalla Cassa di Risparmio e, dunque, che la Corte territoriale avrebbe dovuto ritenere pacifiche.

4. Con il quarto motivo si prospetta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’art. 1939 c.c., nella parte in cui la Corte territoriale ha omesso di rilevare la nullità delle fideiussioni, nonostante la presenza nei contratti di clausole contrastanti con il disposto della norma de qua, sull’assunto che le stesse fossero garanzie autonome e non, come sostengono i ricorrenti, accessorie ai contratti di mutuo. In particolare, riportano il testo dell’art. 8 contenuto in entrambe le fideiussioni per cui “Art. 8 – Nell’ipotesi in cui le obbligazioni garantite siano dichiarate invalide, la fideiussione si intende fin d’ora estesa a garanzia dell’obbligo di restituzione delle somme comunque erogate”.

5. Con il quinto motivo si censura – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione o falsa applicazione degli artt. 1419 e 1341 c.c.. I ricorrenti adducono che la cd. “clausola di sopravvivenza” – contenuta nell’art. 8 delle fideiussioni – secondo cui i garanti rispondono anche nel caso in cui le obbligazioni garantite siano dichiarate invalide ha natura di clausola vessatoria ex art. 1341 c.c. e, poichè non specificamente approvata per iscritto, avrebbe dovuto essere dichiarata invalida ed inefficace.

6. Con il sesto motivo si prospetta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione o falsa applicazione dell’art. 2, comma 2, lett. a) della L. n. 287 del 1990 e dell’art. 1419 c.c.. I ricorrenti deducono che la “clausola di sopravvivenza” dianzi riportata per cui i garanti rispondono anche nel caso in cui le obbligazioni garantite siano dichiarate invalide, riporta lo stesso schema contrattuale predisposto dall’ABI che aveva formato oggetto dell’istruttoria della Banca d’Italia, esitato nel provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005 con cui l’Autorità aveva dichiarato che gli artt. 2, 6 e 8 dello schema contrattuale predisposto dall’Associazione bancaria per la stipula delle fideiussioni da sottoscrivere a garanzia delle operazioni bancarie (cd. fideiussioni omnibus), contenevano disposizioni in contrasto con la L. n. 287 del 1990, art. 2, comma 2, lett. a), poichè risultanti da un’intesa restrittiva della concorrenza. Rilevano, peraltro, che questa Corte (Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 29810 del 12/12/2017) abbia espressamente sancito la nullità – rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado – dei contratti “a valle” di intese concorrenziali vietate dall’art. 2 della legge Antitrust. Del pari, dunque, anche le singole fideiussioni stipulate dai ricorrenti, espressamente ricomprendendo le clausole oggetto d’istruttoria della Banca d’Italia avrebbero dovuto essere dichiarate nulle, a maggior ragione poichè stipulate successivamente all’accertamento da parte della Banca d’Italia.

7. Tutto quanto considerato, e ritenuto che i motivi toccano questioni di rilievo nomofilattico in relazione al mutuo di scopo per le quali si rende utile la discussione in pubblica udienza.

P.Q.M.

La Corte rinvia la controversia a nuovo ruolo affinchè venga fissata la discussione in pubblica udienza.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile, il 20 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 settembre 2020

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