Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2015 del 29/01/2020

Cassazione civile sez. lav., 29/01/2020, (ud. 20/11/2019, dep. 29/01/2020), n.2015

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Presidente –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 16942-2017 proposto da:

TRA.DE.CO S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ANICIA 6, presso lo studio

dell’avvocato SIMONA BASTONI, rappresentata e difesa dall’avvocato

ANTONIO VITO DELUCIA;

– ricorrente –

contro

D.M., elettivamente domiciliato in ROMA, LARGO TRIONFALE 7,

presso lo studio dell’avvocato STEFANO FIORINI, rappresentato e

difeso dall’avvocato GABRIELE SILVETTI;

– controricorrente –

e contro

ECOEMME S.P.A. IN LIQUIDAZIONE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 226/2017 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 06/04/2017 R.G.N. 960/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/11/2019 dal Consigliere Dott. ELENA BOGHETICH;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MASTROBERARDINO PAOLA che ha concluso per inammissibilità del

ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 226 del 6.4.2017 la Corte di appello di L’Aquila, confermando la pronuncia del Tribunale di Pescara, ha accolto la domanda di D.M. di riassunzione presso la Tra.De.Co s.r.l. società subentrata alla Ecoemme s.p.a. nell’appalto del Comune di Montesilvano per i servizi di igiene ambientale, con conseguente condanna al risarcimento del danno corrispondente alle retribuzioni maturate da (OMISSIS) sino alla riassunzione effettiva.

2. La Corte territoriale, alla luce delle risultanze documentali acquisite (nella specie verbale di incontro tra le parti del (OMISSIS)), riteneva che la società Ecoemme pur avendo intimato al D. un licenziamento per cessazione dell’appalto in data (OMISSIS) aveva consegnato alla Tra.De.Co un elenco dei lavoratori ove compariva altresì il nome del suddetto lavoratore con l’indicazione del numero di giorni di assenza per malattia e della dicitura “comporto” ma rilevava che entrambe le società, convenendo di escludere il D. dal passaggio nella società subentrante, avessero concordemente violato la procedura prevista dal capitolato d’oneri e nel contratto collettivo di riferimento ove era prevista la riassunzione di tutti i lavoratori che risultavano alle dipendenze della vecchia gestione nei 240 giorni precedenti il subentro, con conseguente diritto all’assunzione del D..

3. Avverso detta decisione la società Tra.De.Co. propone ricorso affidandolo a tre motivi. Il lavoratore resiste con controricorso e memoria (ove si dà atto della declaratoria di fallimento concernente la società Tra.De.Co). La società Ecoemme è rimasta intimata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con i tre motivi di ricorso la società denuncia, ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione, travisamento di fatti, errata valutazione ed interpretazione delle prove documentali, violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei cc.c.c.nn.ll. nonchè inammissibilità della domanda ex art. 2932 c.c., avendo, la Corte distrettuale, trascurato che la società non era mai stata portata a conoscenza della lettera di licenziamento intimata, per giustificato motivo oggettivo, dalla Ecoemme, risultando – nell’elenco dei lavoratori – un altro motivo di licenziamento. La Corte ha omesso di pronunciarsi in ordine alla domanda di garanzia e di manleva proposta nei confronti della società Ecoemme e, infine, la sentenza del Tribunale di Pescara (contrariamente alla sentenza del giudice di appello) ha assunto una pronuncia costitutiva del rapporto di lavoro a fronte della previsione di un rapporto di natura meramente obbligatoria ed esclusivamente tra un soggetto pubblico (Comune di Montesilavano) e uno privato (Tra.De.Co. s.r.l.).

2. Preliminarmente, va rammentato il consolidato orientamento di questa Corte secondo cui l’intervenuta modifica dell’art. 43 L. Fall. per effetto del D.Lgs. n. 5 del 2006, art. 41 nella parte in cui stabilisce che “l’apertura del fallimento determina l’interruzione del processo”, non comporta l’interruzione del giudizio di legittimità, posto che in quest’ultimo, in quanto dominato dall’impulso d’ufficio, non trovano applicazione le comuni cause di interruzione del processo previste in via generale dalla legge (cfr. Cass. n. 21153 del 2010, Cass. n. 27143 del 2017).

3. Il ricorso deve ritenersi infondato.

Va osservato che, nonostante il formale richiamo alla violazione di norme di legge (che non sono nemmeno indicate) contenuto nell’intestazione dei motivi di ricorso, tutte le censure si risolvono nella denuncia di vizi di motivazione della sentenza impugnata per errata valutazione del materiale probatorio acquisito, ai fini della ricostruzione dei fatti.

Al riguardo va ricordato che la deduzione con il ricorso per cassazione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata non conferisce al Giudice di legittimità il potere di riesaminare il merito della vicenda processuale, bensì la sola facoltà di controllo della correttezza giuridica e della coerenza logica delle argomentazioni svolte dai Giudice del merito, non essendo consentito alla Corte di cassazione di procedere ad una autonoma valutazione delle risultanze probatorie, sicchè le censure concernenti il vizio di motivazione non possono risolversi nel sollecitare una lettura delle risultanze processuali diversa da quella accolta dal Giudice del merito (vedi, tra le tante: Cass. 18 ottobre 2011, n. 21486; Cass. 20 aprile 2011, n. 9043; Cass. 13 gennaio 2011, n. 313; Cass. 3 gennaio 2011, n. 37; Cass. 3 ottobre 2007, n. 20731; Cass. 21 agosto 2006, n. 18214; Cass. 16 febbraio 2006, n. 3436; Cass. 27 aprile 2005, n. 8718).

La sentenza in esame (pubblicata dopo l’11.9.2012) ricade sotto la vigenza della novella legislativa concernente l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (D.L. 22 giugno 2012, n. 83 convertito con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134). L’intervento di modifica, come recentemente interpretato dalle Sezioni Unite di questa Corte (sentenza n. 8053/2014), comporta una ulteriore sensibile restrizione dell’ambito di controllo, in sede di legittimità, sulla motivazione di fatto, che va circoscritto al “minimo costituzionale”, ossia al controllo sulla esistenza (sotto il profilo della assoluta omissione o della mera apparenza) e sulla coerenza (sotto il profilo della irriducibile contraddittorietà e dell’illogicità manifesta)”.

Nessuno di tali vizi ricorre nel caso in esame e la motivazione non è assente o meramente apparente, nè gli argomenti addotti a giustificazione dell’apprezzamento fattuale risultano manifestamente illogici o contraddittori.

La Corte distrettuale ha precisato che la risoluzione del rapporto di lavoro tra il D. e la Ecoemme, prevista per il 31.1.2014, era fondata sulla scadenza dell’appalto e sulla mancata comunicazione di una proroga, mentre nessun riferimento veniva effettuato – nella lettera di licenziamento – al superamento del periodo di comporto; che nell’elenco consegnato dalla Ecoemme alla Tra.De.Co. appariva anche il nome del D., con accanto l’indicazione dei giorni di assenza per malattia, al pari di altri lavoratori (successivamente assunti); che entrambe le società, nel verbale di incontro del (OMISSIS), convenivano di escludere dall’assunzione il D.; che dunque il D., non licenziato dalla Ecoemme per superamento del periodo di comporto, doveva ritenersi alle dipendenze della Ecoemme nei 240 giorni precedenti il nuovo appalto, condizione prevista dal contratto collettivo per l’insorgenza dell’obbligo, a carico del subentrante, di assunzione dei lavoratori; che, conseguentemente, “l’accordo intervenuto tra le parti peraltro rende entrambe responsabili nella stessa misura della violazione della procedura”.

4. Nel caso di specie, opera, inoltre, la modifica che riguarda il vizio di motivazione per la pronuncia “doppia conforme”.

L’art. 348 ter, comma 5, prescrive che la disposizione di cui al comma 4 – ossia l’esclusione del n. 5, dal catalogo dei vizi deducibili di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1 – si applica, fuori dei casi di cui all’art. 348 bis, comma 2, lett. a), anche al ricorso per cassazione avverso la sentenza d’appello che conferma la decisione di primo grado, con la conseguenza che il vizio di motivazione non è deducibile in caso di impugnativa di pronuncia c.d. doppia conforme.

Nel caso di specie, per l’appunto, la Corte ha confermato la statuizione del Tribunale che aveva disposto la riassunzione del D. e condannato la società Tra.De.Co. al pagamento del risarcimento del danno pari alle retribuzioni maturate da (OMISSIS) alla data di riassunzione.

Il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. nn. 26774 del 2016, Cass. n. 5528 del 2014), adempimento omesso nel caso di specie.

5. In ordine alla denuncia di omessa pronuncia, questa Corte ha affermato ripetutamente che il ricorso per cassazione, avendo ad oggetto censure espressamente e tassativamente previste dall’art. 360 c.p.c., comma 1, deve essere articolato in specifici motivi riconducibili in maniera immediata ed inequivocabile ad una delle cinque ragioni di impugnazione stabilite dalla citata disposizione, pur senza la necessaria adozione di formule sacramentali o l’esatta indicazione numerica di una delle predette ipotesi. Pertanto, nel caso in cui il ricorrente lamenti l’omessa pronuncia, da parte dell’impugnata sentenza, in ordine ad una delle domande o eccezioni proposte, non è indispensabile che faccia esplicita menzione della ravvisabilità della fattispecie di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 con riguardo all’art. 112 c.p.c., purchè il motivo rechi univoco riferimento alla nullità della decisione derivante dalla relativa omissione, dovendosi, invece, dichiarare inammissibile il gravame allorchè sostenga che la motivazione sia mancante o insufficiente o si limiti ad argomentare sulla violazione di legge (Cass. Sez.U., n. 17931 del 24/07/2013).

Anche questo motivo è, pertanto, inammissibile, pur rilevando che nessuna omissione può ritenersi essere intervenuta in ordine alla domanda di manleva proposta dalla Tra.De.Co nei confronti della Ecoemme, avendo precisato, la sentenza impugnata, che il danno subito dal lavoratore era ricollegabile al comportamento di entrambe le società, responsabili in solido nei confronti del D..

6. Infine, con particolare riguardo al terzo motivo, si tratta di censure che non colgono il senso della statuizione adottata dalla Corte territoriale, la quale non ha disposto la costituzione, ex art. 2932 c.c., di un rapporto di lavoro alle dipendenze della società Tra.De.Co bensì ha assunto una pronunzia di accertamento del diritto all’assunzione con conseguente condanna alla riassunzione.

7. In conclusione, il ricorso è infondato e le spese di lite seguono il criterio della soccombenza.

8. Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013) pari a quello – ove dovuto – per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 200,00 per esborsi e in Euro 5.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 20012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 20 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 29 gennaio 2020

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