Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20149 del 23/09/2010

Cassazione civile sez. trib., 23/09/2010, (ud. 24/06/2010, dep. 23/09/2010), n.20149

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MERONE Antonio – Presidente –

Dott. CARLEO Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

B.E., elettivamente domiciliato in Roma Via Sicilia n.

50, presso lo studio dell’Avv.to Di Cunzolo Sara, rappresentato e

difeso dall’Avv. Emi Sandro, giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i

cui uffici e’ domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale

dell’Abruzzo 118/1/07;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio dal

Consigliere Dott. Giovanni Carleo.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Premesso che il relatore ha depositato la seguente relazione: “1. Il contribuente propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo n. 118/1/07, depositata il 4.12.2007, con la quale e’ stato respinto l’appello dello stesso contribuente avverso la sentenza di primo grado della CTP di L Aquila con cui era stato accolto il ricorso del contribuente avverso l’avviso di accertamento Irpef Iva ed Irap 1999. L’Agenzia delle entrate si e’ costituita con controricorso.

2) Il ricorrente ha lamentato con la prima doglianza la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 7 e del D.P.R. n. 633, art. 51, comma 2 per illegittima ed errata valutazione degli elementi e delle prove in atti e con la seconda doglianza l’insufficiente o contraddittoria motivazione della sentenza impugnata circa un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 deducendo che la CTR avrebbe errato nel ricondurre le movimentazioni bancarie relative ad un soggetto privato ad attivita’ svolte in nome e per conto di un’associazione ed avrebbe motivato in maniera non corretta nel collegare il suo conto bancario con l’attivita’ del circolo ippico. I motivi in questione possono essere trattati congiuntamente, proponendo sostanzialmente profili di censura connessi fondati sul comune presupposto dell’erroneita’ della valutazione effettuata dalla Commissione di merito circa la sussistenza di un collegamento tra il B. e l’Associazione. Entrambe le censure sono inammissibili. Ed invero, deve premettersi che le ragioni della decisione si fondano su alcuni precisi rilievi di fatto quali:

1) la circostanza che il ricorrente era proprietario del compendio dove sorge il maneggio, rivestiva la carica di presidente dell’associazione e non aveva altra forma di sostentamento se non gli emolumenti corrispostigli dall’associazione stessa a titolo di rimborso spese.

2) la circostanza che sul conto corrente bancario del B., ad onta della mancanza di altra forma di sostentamento, furono pero’ rilevate ingenti movimentazioni bancarie senza che il contribuente fornisse la prova liberatoria dimostrando la riferibilita’ di ogni singola movimentazione del conto ad attivita’ estranee all’attivita’ dell’associazione, dalla quale riceveva gli unici emolumenti.

3) la circostanza che il centro ippico non fosse provvisto di scritture contabili Cio’ premesso, considerato che il ricorrente, pur deducendo con il primo motivo il vizio di violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32 e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, comma 2 non evidenzia pero’ profili di violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ma muove, nella sostanza delle cose, cosi’ come fa con il secondo motivo di doglianza, censure attinenti a profili di merito, contestando l’errata valutazione degli elementi e delle prove in atti dedotti;

considerato che a questa Corte non e’ riconosciuto dalla legge il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico – formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione operata dal giudice del merito ai quale soltanto spetta individuare le fonti del proprio convincimento, valutarne le prove, controllarne l’attendibilita’ e la concludenza; tutto cio’ premesso e considerato, si ritiene in conclusione che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio in quanto manifestamente infondato”;

considerato che il Collegio ha condiviso le considerazioni contenute nella relazione, ritualmente comunicata al P.G. e notificata ai difensori;

ritenuto, in conclusione, che il ricorso deve essere pertanto rigettato per la sua manifesta infondatezza e che a tale declaratoria segue la condanna della ricorrente alle spese liquidate come in dispositivo.

PQM

LA CORTE rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese che liquida in Euro 5.100,00 di cui Euro 100,00 per esborsi oltre accessori di legge.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 24 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2010

 

 

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