Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20148 del 15/07/2021

Cassazione civile sez. trib., 15/07/2021, (ud. 11/02/2021, dep. 15/07/2021), n.20148

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – rel. Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. FRAULINI Paolo – Consigliere –

Dott. MAISANO Giulio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 22058/2014 R.G. proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del direttore p.t., rappresentata e

difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici, in

Roma, in via dei Portoghesi, n. 12, è domiciliata;

– ricorrente –

contro

C.O., rappresentato e difeso dall’avv. Domenico Columba

(Ndr: Testo originale non comprensibile), presso cui è

elettivamente domiciliato in Roma, alla via Archimede n. 143;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 186/29/14 della Commissione tributaria

regionale del Veneto, pronunciata in data 20 gennaio 2014,

depositata in data 4 febbraio 2014 e non notificata.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio dell’11 febbraio

2021 dal consigliere Andreina Giudicepietro.

 

Fatto

RILEVATO

che:

l’Agenzia delle entrate ricorre con un unico motivo avverso C.O. per la cassazione della sentenza n. 186/29/14 della Commissione tributaria regionale del Veneto, pronunciata in data 20 gennaio 2014, depositata in data 4 febbraio 2014 e non notificata, che, in controversia avente ad oggetto l’impugnativa dell’avviso di accertamento per maggiori Ires ed Irap per l’anno di imposta 2004, ha rigettato l’appello principale dell’ufficio ed incidentale del contribuente avverso la sentenza della C.t.p. di Vicenza, che aveva accolto parzialmente il ricorso del contribuente, annullando l’avviso relativamente alla maggiore Irap accertata;

la C.t.r. premetteva in fatto che l’Agenzia delle Entrate di (OMISSIS) aveva notificato al sig. C.O., ultimo legale rappresentante della società INCOM s.r.l., un avviso avente per oggetto l’accertamento delle imposte per l’anno 2004 in esito ai controlli effettuati dall’ufficio antifrode con conseguenti denunce penali a carico di vari soggetti tra i quali il destinatario dell’avviso;

con l’accertamento venivano dichiarati nulli, in quanto non documentati, costi per complessivi Euro 14.836.037,00, oltre ad IVA per Euro 2.967.207,00, con la motivazione che il sig. C.O. si era rifiutato di rispondere ai quesiti posti dai funzionari dell’ufficio antifrode e di esibire le scritture e la documentazione necessaria per il riscontro contabile dei suddetti costi;

conseguentemente venivano rettificati il reddito imponibile della società ai fini IRES e il valore della produzione ai fini IRAP e riliquidata l’IVA annuale, con conseguenti maggiori imposte rispettivamente di Euro 4.895.892, Euro 630.850 ed Euro 2.967.207;

la società INCOM s.r.l., a mezzo del sig. C.O., proponeva ricorso, eccependo il difetto di notifica e la contraddittorietà e il difetto della motivazione dell’atto di accertamento, e la C.t.p. di Vicenza accoglieva parzialmente il ricorso riducendo la rettifica del valore imponibile ai fini IRES e IRAP a Euro 1.714.037,00 e confermando il recupero dell’IVA come da accertamento;

la C.t.r. del Veneto, a sua volta, in accoglimento dell’appello dell’ufficio, annullava la sentenza impugnata e dichiarava inammissibile il ricorso di primo grado della società per difetto di legittimazione del C., non più legale rappresentante della società, già estinta all’epoca della proposizione del gravame;

in data (OMISSIS), la direzione provinciale di Vicenza notificava al sig. C.O. e al sig. F.P. in qualità, il primo di ex socio, legale rappresentante e liquidatore, e il secondo in qualità di ex socio, l’avviso di accertamento oggetto del giudizio riguardante la società INCOM s.r.l.;

avverso tale atto C.O. ha proposto ricorso lamentando l’illegittimità dell’avviso per decadenza, ai sensi del novellato D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, comma 3, la carente motivazione dell’atto impositivo e la sua contraddittorietà; la C.t.p. di Vicenza, in parziale accoglimento del ricorso, ha ritenuto non dovute la maggiore IRAP accertata e le sanzioni, limitando la responsabilità del ricorrente all’IRES con i relativi interessi;

l’Ufficio proponeva appello, ribadendo che l’amministrazione finanziaria aveva rilevato in capo alla INCOM s.r.l. la sussistenza di costi registrati, ma non documentati, creati in modo fittizio al solo scopo di abbattere l’IVA e la plusvalenza derivante da un’operazione immobiliare;

secondo l’ufficio, tale operazione aveva visto il pieno coinvolgimento di C.O., all’epoca dei fatti socio, amministratore e liquidatore della INCOM s.r.l., al quale pertanto era stata contestata la responsabilità, ai sensi dell’art. 36, commi 3 e 4;

si costituiva il contribuente, ribadendo i motivi avanzati in prime cure e contestando l’incompetenza dell’Agenzia delle Entrate di (OMISSIS) in quanto il contribuente era residente ed aveva il proprio domicilio fiscale in Conegliano, provincia di Treviso, come dimostrato dalle stesse notifiche degli atti di accertamento effettuate dall’Agenzia delle Entrate Direzione Provinciale di (OMISSIS);

invocava per tale motivo, il rilievo d’ufficio della nullità assoluta degli atti, lamentando, comunque, che l’accertamento era stato riemesso oltre il termine di decadenza;

sosteneva, infine, che l’applicazione dell’art. 2495 c.c., invocata dall’ufficio e relativa all’attività del liquidatore, risultava inconferente in quanto, alla data della cancellazione, la INCOM s.r.l. non era stata destinataria di alcun atto di accertamento;

con la sentenza impugnata la C.t.r. riteneva che “l’eccezione preliminare proposta dal contribuente relativa all’incompetenza dell’Ufficio di Vicenza, non merita accoglimento” in quanto “l’Ufficio competente a formare il ruolo non va identificato in base alla mera residenza del contribuente al momento della formazione del ruolo, ma in considerazione alla residenza “fiscale” di quel contribuente in relazione all’imposta iscritta a ruolo”;

il giudice di appello concludeva, quindi nel senso che non vi era dubbio che “l’attività di accertamento prende spunto dalla posizione fiscale della INCOM s.r.l. la cui sede in (OMISSIS) (VI) determina la competenza dell’Agenzia di Vicenza”;

inoltre, in relazione all’appello dell’Ufficio, la C.t.r. riteneva che non meritasse accoglimento, in quanto “la pretesa applicabilità dell’art. 2495 c.c., non è condivisibile in quanto, al momento della cancellazione della INCOM s.r.l., la società non risultava destinataria di alcun atto di accertamento con il quale si fosse determinato un debito erariale. Manca pertanto in capo al liquidatore il presupposto soggettivo in quanto il preteso debito sociale (tributario) non era, al momento della liquidazione, né noto, né determinato. Appare pertanto condivisibile quanto disposto dai primi giudici in applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 36; e in questo senso la sentenza impugnata merita totale conferma”;

a seguito della notifica del ricorso, il contribuente resiste con controricorso;

il ricorso è stato fissato per la Camera di Consiglio dell’11 febbraio 2021, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., e dell’art. 380 bis-1 c.p.c., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, conv. in L. 25 ottobre 2016, n. 197.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con l’unico motivo, l’Agenzia ricorrente denunzia la violazione dell’art. 2495 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;

il motivo è fondato e va accolto;

invero, nella sentenza impugnata il giudice dà atto che l’avviso di accertamento era stato notificato al sig. C.O. in qualità di ex socio, legale rappresentante e liquidatore della società, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 36;

nella motivazione, la stessa C.t.r. esclude la legittimità dell’avviso nei confronti del C., in qualità di liquidatore, in quanto, al momento della liquidazione, non erano stati iscritti a ruolo i tributi oggetto della pretesa erariale;

la soluzione adottatta è in linea con la più recente giurisprudenza di questa Corte, secondo cui “la responsabilità del liquidatore rispetto agli obblighi sullo stesso identificati dal D.P.R. n. 60271973, art. 36, comma 1, trova la sua fonte in un’obbligazione civile propria ex lege, in relazione agli artt. 1176 e 1218 c.c., ed è esercitabile a condizione che i tributi a carico della società siano stati iscritti a ruolo e che sia acquisita certezza legale che i medesimi non siano stati soddisfatti con le attività di liquidazione medesima” (Cass., Sez. VI, 14/09/2020, n. 19008; vedi anche Cass., Sez. trib., 20/07/2020, n. 15377);

ciò in quanto, “nel caso di liquidazione e successiva cancellazione della società dal registro delle imprese, non si realizza alcuna successione del liquidatore nei debiti tributari della società contribuente, con la conseguenza che, una volta che questa sia stata liquidata e cancellata, viene meno il suo potere di rappresentanza dell’ente estinto e dunque la sua legittimazione passiva in ordine all’atto impositivo, potendo egli rispondere soltanto per il titolo autonomo di responsabilità derivante dalla carica rivestita, di natura civilistica, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 36, e dell’art. 2495 c.c., di cui il debito tributario della società costituisce mero presupposto” (Cass., Sez. trib., 19/11/2019, n. 29969);

tuttavia, la sentenza impugnata non esamina l’ulteriore profilo dell’eventuale responsabilità del C. in qualità di socio, pur avendo dato atto che l’avviso gli era stato notificato anche in tale qualità;

ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 36, comma 3, “I soci o associati, che hanno ricevuto nel corso degli ultimi due periodi di imposta precedenti alla messa in liquidazione danaro o altri beni sociali in assegnazione dagli amministratori o hanno avuto in assegnazione beni sociali dai liquidatori durante il tempo della liquidazione, sono responsabili del pagamento dell’imposte dovute dai soggetti di cui al comma 1, nei limiti del valore dei beni stessi, salvo le maggiori responsabilità stabilite dal codice civile. Il valore del denaro e dei beni sociali ricevuti in assegnazione si presume proporzionalmente equivalente alla quota di capitale detenuta dal socio od associato, salva la prova contraria”;

la responsabilità dei soci costitituisce una specificazione ed integrazione della previsione di cui all’art. 2495 c.c., comma 3, secondo cui ” Ferma restando l’estinzione della società, dopo la cancellazione i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, e nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi. La domanda, se proposta entro un anno dalla cancellazione, può essere notificata presso l’ultima sede della società”;

questa Corte ha più volte rilevato come l’estinzione della società, di persone o di capitali, conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, determina un fenomeno di tipo successorio, in forza del quale i rapporti obbligatori facenti capo all’ente non si estinguono – venendo altrimenti sacrificato ingiustamente il diritto dei creditori sociali – ma si trasferiscono ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda del regime giuridico dei debiti sociali cui erano soggetti “pendente societate” (vedi da ultimo Cass., sez. trib., 30/07/2020, n. 16362, in tema di legittimazione processuale);

inoltre, questa Corte si è andata ormai consolidando nell’affermare che “i soci abbiano goduto, o no, di un qualche riparto in base al bilancio finale di liquidazione non è dirimente (…) ai fini dell’esclusione dell’interesse ad agire del Fisco creditore – Cass. n. 9094 del 2017 -, sicché l’assenza nel bilancio di liquidazione della società estinta di ripartizioni agli ex soci non esclude l’interesse dell’Agenzia a procurarsi un titolo nei confronti dei soci in considerazione della natura dinamica dell’interesse ad agire, che rifugge da considerazioni statiche allo stato degli atti – conf. Cass. n. 12953 del 2017, Cass. n. 9672 del 2018, Cass. n. 17243 del 2018, Cass. n. 29117 del 2018 -“;

dunque, “il limite di responsabilità dei soci di cui all’art. 2495 c.c., non incide sulla loro legittimazione processuale rispetto all’atto di accertamento emesso nei loro confronti, ma, al più, sull’interesse ad agire dei creditori sociali, interesse che, tuttavia, non è di per sé escluso dalla circostanza che i soci non abbiano partecipato utilmente alla ripartizione finale potendo, ad esempio, sussistere beni e diritti che, sebbene non ricompresi nel bilancio di liquidazione della società estinta, si sono trasferiti ai soci”” (Cass. S.U. ord. n. 619/2021, in motivazione);

la sentenza impugnata non esamina in alcun modo la pretesa tributaria avanzata dall’amministrazione finanziaria con l’avviso di accertamento nei confronti del C. in qualità di socio;

pertanto essa va cassata con rinvio alla C.t.r. del Veneto in diversa composizione, che provvederà anche alle spese del giudizio di legittimità;

per quanto riguarda il controricorso avanzato dal contribuente, deve rilevarsi che con esso il C. ha chiesto rilevarsi d’ufficio la nullità dell’avviso di accertamento oggetto di impugnazione, perché emesso da un ufficio dell’Agenzia delle entrate territorialmente incompetente;

sul dedotto presupposto che l’incompetenza territoriale dell’ufficio che ha emanato l’atto impositivo costituisce causa di nullità di quest’ultimo, sia rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, in quanto “ogni atto impositivo deve essere emesso dall’organo territorialmente competente”” (Cass., sent. n. 8049 del 2017);

com’e’ noto, la competenza territoriale degli Uffici finanziari è individuata dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 31, con riferimento al domicilio fiscale del contribuente;

nello specifico, i citato art. 31, prevede che a livello territoriale “La competenza spetta all’ufficio distrettuale nella cui circoscrizione è il domicilio fiscale del soggetto obbligato alla dichiarazione alla data in cui questa è stata o avrebbe dovuto essere presentata”; mentre, ai sensi dello stesso D.P.R. n. 600 del 1973, art. 58, “il contribuente è tenuto a comunicare ogni variazione del domicilio fiscale, permanendo in caso contrario la competenza territoriale dell’Ufficio individuato in riferimento al precedente domicilio” (così Cass. n. 8049/2017; Cass. ord. n. 12190 del 2015);

nel caso di specie, tuttavia, la C.t.r. ha esaminato espressamente la questione, sollevata per la prima volta dal contribuente in appello, ed ha ritenuto che non vi fosse la lamentata incompetenza;

su tale statuizione, non impugnata dal controricorrente con ricorso incidentale, deve ritenersi formato il giudicato interno, preclusivo dell’eventuale rilievo officioso della nullità del provvedimento impositivo per l’incompetenza territoriale dell’ufficio che lo ha emanato;

egualmente non risulta ammissibile la questione, sollevata dal contribuente per la prima volta con il controricorso in cassazione, dell’invalidità, per così dire “derivata”, dell’avviso di accertamento nei confronti del socio, in quanto preceduto dall’avviso di accertamento invalido ed inefficace, perché emesso nei confronti della società ormai estinta;

sul punto, deve ribadirsi che le cause di invalidità dell’atto tributario, di norma, non sono rilevabili d’ufficio, né possono essere fatte valere per la prima volta nel giudizio di Cassazione, in quanto il processo tributario è circoscritto alla legittimità della pretesa impositiva avanzata con l’atto impugnato sulla base dei motivi di impugnazione contenuti nel ricorso originariamente avanzato dal contribuente;

“nelle ipotesi di invalidità degli atti impositivi (nella specie, per violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, comma 3), opera il generale principio di conversione dei vizi in motivi di gravame, in ragione della struttura impugnatoria del processo tributario, nel quale la contestazione della pretesa fiscale è suscettibile di essere prospettata solo attraverso specifici motivi di impugnazione dell’atto, sicché le nullità, ove non dedotte con il ricorso originario, non possono essere rilevate d’ufficio né fatte valere per la prima volta nel giudizio di legittimità” (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 12313 del 18/05/2018);

ciò a prescindere dall’evidente considerazione che, nel caso di specie, non può configurarsi alcuna invalidità “derivata” dell’avviso di accertamento emesso nei confronti del socio, che ha una propria autonomia rispetto all’avviso di accertamento emesso nei confronti della società (il cui contenuto è un mero presupposto fattuale dell’atto impositivo emesso nei confronti del socio);

in conclusione, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla C.t.r. del Veneto, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità;

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla C.t.r. del Veneto, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 11 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2021

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