Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20148 del 07/10/2016


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Cassazione civile sez. trib., 07/10/2016, (ud. 11/07/2016, dep. 07/10/2016), n.20148

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – rel. Consigliere –

Dott. DI STEFANO Pierluigi – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6928-2011 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

IPOPLASTIC SRL, EQUITALIA ETR SPA;

– intimati –

nonchè da:

IPOPLASTIC SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA PANAMA 74, presso lo studio

dell’avvocato GIANNI EMILIO IACOBELLI, rappresentato e difeso

dall’avvocato RAFFAELE D’INNELLA giusta delega a margine;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

EQUITALIA ETR SPA, in persona dell’Amm.re Delegato e legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA

NOMENTANA 403 B/2, presso lo studio dell’avvocato ANTONELLA FIORINI,

rappresentato e difeso dall’avvocato IVANA CARSO giusta delega in

calce;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 36/2010 della COMM.TRIB.REG. di BARI,

depositata il 23/02/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/07/2016 dal Consigliere Dott. ENRICO MANZON;

udito per il ricorrente l’Avvocato GUIZZI che si riporta agli scritti

difensivi depositati e chiede l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato CARSO che deposita n. 2

cartoline di notifica del controricorso e chiede il rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DEL

CORE Sergio, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

principale e rigetto del ricorso incidentale.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1.Con sentenza in data 19 novembre 2009 la Commissione tributaria regionale della Puglia rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate, locale Direzione, avverso la sentenza depositata in data 17 marzo 2008,con la quale la Commissione tributaria provinciale di Bari aveva accolto il ricorso proposto da Ipoplastic srl contro la cartella di pagamento emessa nei suoi confronti per IVA, IRES e IRAP 2002. La CTR, nelle parti che qui rilevano, osservava che la mancata specifica previsione normativa del consolidamento del condono L. n. 289 del 2002, ex art. 9 bis, in caso di mancato pagamento delle rate successive alla prima non poteva considerarsi ostativa a ritenere che l’effetto “clemenziale” fosse comunque perfezionato, potendosi applicare per analogia le disposizioni in tal senso espressamente date per le altre ipotesi di condono previste dalla medesima fonte normativa. La CTR peraltro rilevava altresì l’infondatezza dell’appello incidentale proposto dalla società contribuente in relazione a vizi formali della cartella impugnata.

2. Contro la decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate deducendo due motivi. La Ipoplastic resiste con deposito di controricorso e ricorso incidentale deducendo due motivi. L’Agente della riscossione ha depositato controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso principale dell’Agenzia delle entrate è fondato in ordine al primo motivo, con assorbimento del secondo.

2. Tale censura -puntualmente e specificamente riguardante gli effetti conseguenti al mancato pagamento delle rate successive alla prima in caso di condono L. n. 289 del 2002, ex art. 9 bis, – trova infatti dirimente riscontro in un principio di diritto ormai consolidato nella giurisprudenza di questa Corte secondo il quale “Le disposizioni in materia di condoni fiscali sono derogatorie di quelle generali dell’ordinamento tributario ed integrano sistemi compiuti di natura eccezionale. Ne consegue che anche ciascuna delle diverse ipotesi di definizione agevolata previste dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, costituisce una propria specifica disciplina, di stretta interpretazione, non suscettibile di essere integrata in via ermeneutica nè dalle norme generali dell’ordinamento tributario, nè da quelle dettate per altre forme di definizione, persino se contemplate dalla medesima legge, dovendosi, quindi, escludere l’applicabilità dei principi elaborati con riguardo all’ipotesi di condono fiscale regolati dalla L. 30 dicembre 1991, n. 413, art. 62 bis, alla previsione di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 9 bis, in quanto solo con riguardo a quest’ultima ipotesi (di condono cosiddetto clemenziale) è necessaria, non venendo in discussione la sussistenza dei debiti tributari emergenti dalle dichiarazioni dello stesso contribuente, l’integrità e la tempestività di tutti i versamenti in sanatoria. (Principio reso dalla S.C. con riguardo alla tesi, non accolta, di riduzione proporzionale delle sanzioni, commisurate all’ammontare di versamenti eseguiti in termini, di contro alla tesi, ribadita, della definizione della lite pendente solo con il pagamento rateale integrale e tempestivo)” (tra le molte, Sez. 6-5, n. 25238 del 2013).

Peraltro, poichè uno degli omessi versamenti de quibus riguarda l’IVA, ancora più specificamente va ribadito e dato seguito all’ulteriore specifico arresto della giurisprudenza di legittimità secondo il quale “La L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 9 bis, nella parte in cui consente di definire una controversia con l’Amministrazione finanziaria evitando il pagamento delle sanzioni connesse al ritardato od omesso versamento dell’IVA, deve essere disapplicato a prescindere da specifiche deduzioni di parte e senza che possano ostarvi preclusioni procedimentali o processuali (quale, nella specie, il carattere “chiuso” del giudizio di cassazione), essendo in contrasto con gli obblighi previsti dagli artt. 2 e 22 della 6 direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, n. 77/388 CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative all’IVA, secondo l’interpretazione resa dalla Corte di giustizia nella sentenza 17 luglio 2008, causa C-132/06, che ascrive a dette norme comunitarie portata generale. Invero, anche tale forma di condono cosiddetto clemenziale, come le ipotesi di condono premiale previste dalla menzionata L. n. 289 del 2002, artt. 7 ed 8, è idonea a pregiudicare seriamente il funzionamento del sistema comune dell’imposta sul valore aggiunto, incidendo sulla corretta riscossione di quanto dovuto” (ex pluribus, Sez. 5, n. 20435 del 2014).

Tali considerazioni evidenziano peraltro la non pertinenza e Vultroneità delle eccezioni preliminari di inammissibilità/improcedibilità del ricorso sollevate dalla resistente Ipoplastic, posto che il primo, assorbente, motivo di ricorso per cassazione dell’Agenzia delle entrate verte su di una puntuale questione di diritto che ha come presupposti fatti assolutamente pacifici, ossia il mancato pagamento delle rate di condono L. n. 289 del 2002, ex art. 9 bis, successivi alla prima.

3. L’accoglimento del primo motivo del ricorso rende necessario affrontare i due motivi del ricorso incidentale di Ipoplastic srl, profilandosi la possibilità di decidere la controversia nel merito in questa sede (v. infra), sicchè non può dubitarsi dell’inveramento della “condizione processuale” per l’esame dell’impugnazione della resistente, ancorchè “praticamente” totale vincitrice nel grado di appello.

L’apparentemente contraria consolidata giurisprudenza di questa Corte citata dalla controricorrente Equitalia E.T.R. spa (Sez. 3 n. 25821 del 2009 e 12728 del 2010) non è infatti a ben vedere pertinente. Ciò in quanto, se si dovessero ritenere fondati, i due motivi dell’impugnazione incidentale risulterebbero dirimenti, potendo condurre anch’essi ad una pronuncia di merito in questa sede, non essendo all’evidenza necessari ulteriori accertamenti in fatto, posto che tali questioni giuridiche riguardano aspetti formali degli atti impugnati che sono del tutto pacifici.

Nel caso in esame deve dunque farsi applicazione del diverso principio di diritto, anche recentemente affermato, che “Alla stregua del principio costituzionale della ragionevole durata del processo, secondo cui fine primario di questo è la realizzazione del diritto delle parti ad ottenere risposta nel merito, il ricorso incidentale proposto dalla parte totalmente vittoriosa nel giudizio di merito, che investa questioni pregiudiziali di rito, ivi comprese quelle attinenti alla giurisdizione, o preliminari di merito, ha natura di ricorso condizionato, indipendentemente da ogni espressa indicazione di parte, e deve essere esaminato con priorità solo se le questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito, rilevabili d’ufficio, non siano state oggetto di decisione esplicita o implicita da parte del giudice di merito. Qualora, invece, sia intervenuta detta decisione, tale ricorso incidentale va esaminato dalla Corte di cassazione, solo in presenza dell’attualità dell’interesse, sussistente unicamente nell’ipotesi della fondatezza del ricorso principale” (Sez. 1, n. 4619 del 2015 conforme a Sez. U, n. 7381 del 2013).

Ciò posto in limine, bisogna passare all’esame dei due motivi del ricorso incidentale “necessariamente condizionato”.

3.1 Con il primo motivo Ipoplastic srl lamenta -ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, – la nullità della sentenza per omessa pronuncia sulla eccezione di inesistenza della cartella impugnata a causa dell’omissione della relata di notifica e dell’indicazione dell’ufficio postale utilizzato per la spedizione dell’atto.

Pur vero che, in astratto il vizio può ritenersi sussistente, dato che nella sentenza di appello non vi è traccia di argomenti spesi sulla questione, essendosene dunque evidentemente ritenuto l’assorbimento, stante la totale “vittoriosità pratica” della società contribuente nel secondo grado del giudizio, tuttavia non può comunque farsi luogo a cassazione con rinvio per la decisione di merito e relativa motivazione sul punto de quo, poichè l’eccezione in questione è del tutto infondata.

E’ infatti giurisprudenza costante di questa Corte che “In tema di riscossione delle imposte, la notifica della cartella esattoriale può avvenire anche mediante invio diretto, da parte del concessionario, di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, in quanto il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 26, comma 1 seconda parte, prevede una modalità di notifica, integralmente affidata al concessionario stesso ed all’ufficiale postale, alternativa rispetto a quella della prima parte della medesima disposizione e di competenza esclusiva dei soggetti ivi indicati. In tal caso, la notifica si perfeziona con la ricezione del destinatario, alla data risultante dall’avviso di ricevimento, senza necessità di un’apposita relata, visto che è l’ufficiale postale a garantirne, nel menzionato avviso, l’esecuzione effettuata su istanza del soggetto legittimato e l’effettiva coincidenza tra destinatario e consegnatario della cartella, come confermato implicitamente dal penultimo comma del citato art. 26, secondo cui il concessionario è obbligato a conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notificazione o con l’avviso di ricevimento, in ragione della forma di notificazione prescelta, al fine di esibirla su richiesta del contribuente o dell’amministrazione” (tra le molte, Sez. 5, n. 6395 del 2014).

Essendo tale rilievo comunque assorbente, è altresì evidente che la mancata indicazione dell’ufficio postale utilizzato dall’agente della riscossione non può avere alcun effetto invalidante dell’atto notificatorio speciale, tenuto in ogni caso conto dei principi generali di cui all’art. 156 cod. proc. civ..

3.2 Con il secondo motivo la Ipoplastic – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (nel testo previgente, senz’altro applicabile nel processo de quo)-si duole di vizio della motivazione in ordine alle questioni, riproposte con l’appello incidentale, della mancate sottoscrizione della cartella ed indicazione del responsabile del procedimento.

Il motivo è infondato.

Anzitutto non risulta affatto sussistente il dedotto vizio motivazionale, poichè la CTR ha specificamente argomentato sulla questione di diritto de qua, affermando trattarsi di “vizi (forse – rectius – “irregolarità”) formali” che non inficiano la validità dell’atto, non incidendo sul diritto di difesa del destinatario dell’atto stesso.

Peraltro, così decidendo il giudice di appello null’altro ha fatto se non adeguarsi a principi consolidati della giurisprudenza di legittimità -che devono essere ribaditi- secondo i quali, rispettivamente in ordine ai due profili fattuali de quibus, per un verso “In tema di riscossione delle imposte, la mancanza della sottoscrizione della cartella di pagamento da parte del funzionario competente non comporta l’invalidità dell’atto, quando non è in dubbio la riferibilità di questo all’Autorità da cui promana, giacchè l’autografia della sottoscrizione è elemento essenziale dell’atto amministrativo nei soli casi in cui sia prevista dalla legge, mentre, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, la cartella va predisposta secondo il modello approvato con decreto del Ministero competente, che non prevede la sottoscrizione dell’esattore, ma solo la sua intestazione” (ex pluribus, Sez. 5 n. 26053 del 2015), per altro verso ” La cartella esattoriale che ometta di indicare il responsabile del procedimento, se riferita a ruoli consegnati agli agenti della riscossione in data anteriore all’1 giugno 2008, non è affetta da nullità, atteso che il D.L. 31 dicembre 2007, n. 248, art. 36, comma 4 ter, convertito nella L. n. 31 del 2008, ha previsto tale sanzione solo in relazione alle cartelle riferite ai ruoli consegnati agli agenti della riscossione a decorrere dall’1 giugno 2008, nè, essendo la disposizione di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 7 priva di sanzione, annullabile, trovando applicazione la L. n. 241 del 1990, art. 21 octies, che esclude tale esito ove il provvedimento, adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti, per la natura vincolata dello stesso non avrebbe potuto avere un contenuto diverso da quello in concreto adottato” (da ultimo, v. Sez. 6-5, n. 332 del 2016).

4. In conclusione, il ricorso principale dell’Agenzia delle entrate va accolto, essendone assorbentemente fondato il primo motivo; il ricorso incidentale va rigettato e, potendosi decidere nel merito ex art. 384 cod. proc. civ. non occorrendo alcun ulteriore accertamento in fatto, cassata la sentenza, si deve rigettare il ricorso della contribuente, con condanna della medesima alla rifusione delle spese del presente grado alla ricorrente principale, liquidate come in dispositivo, compensate le spese dei gradi di merito.

PQM

Accoglie il ricorso principale; rigetta l’incidentale. Cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito, rigetta il ricorso della contribuente.

Compensa le spese dei due gradi di merito.

Condanna la ricorrente incidentale a rifondere all’Agenzia delle entrate le spese del presente grado che liquida in complessivi Euro 10.0001 oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 11 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 7 ottobre 2016

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