Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20146 del 25/07/2019

Cassazione civile sez. trib., 25/07/2019, (ud. 16/05/2019, dep. 25/07/2019), n.20146

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. GRASSO Giusep – rel. Consigliere –

Dott. NOVIK Adet Toni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14567/17 proposto da:

AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI – UFFICIO DEI MONOPOLI PER LA

PUGLIA, LA BASILICATA E IL MOLISE (SUCCESSORE EX LEGE

DELL’AMMINISTRAZIONE AUTONOMA DEI MONOPOLI DI STATO – AAMS), in

persona del Direttore pro – tempore, rappresentata e difesa

dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici domicilia

in Roma alla Via dei Portoghesi n. 12.

– ricorrente –

Contro

B.C. & C. SAS, in persona del suo legale rappresentante

pro tempore, e D.N., già titolare del Bar V.,

entrambi rappresentati e difesi dall’Avv. Francesco Grillo in forza

di procura speciale in calce al controricorso ed elettivamente

domiciliati in Roma alla via XX Settembre n. 3, Roma, presso lo

Studio dell’Avv. Piero Nodaro.

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 2964/2016 della Commissione tributaria

regionale della Puglia, depositata il 2 dicembre 2016.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

16 maggio 2019 dal Consigliere Gianluca Grasso.

Fatto

RITENUTO

che:

– La B.C. & C sas e D.N., in qualità di titolare dell’esercizio pubblico “Bar V.”, hanno proposto opposizione avverso l’avviso di accertamento relativo al prelievo unico erariale sulle somme giocate con un apparecchio di intrattenimento denominato (OMISSIS) – ascrivibile alla tipologia disciplinata dall’art. 110, comma 6, del TULPS – funzionante ma irregolare, in quanto privo di nulla osta di esercizio e quindi scollegato dalla rete telematica, in violazione alla L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 38, comma 4;

– la Commissione tributaria provinciale di Bari, con sentenza n. 2341/10/15, depositata il 28 maggio 2015, ha respinto il ricorso;

– la Commissione tributaria regionale della Puglia ha riformato la pronuncia di prime cure, ritenendo non adeguatamente comprovato il presupposto dell’effettivo funzionamento dell’apparecchio dell’anno 2009;

– l’Agenzia delle dogane ha proposto ricorso per cassazione affidato a un unico motivo;

– la società contribuente e D.N. resistono entrambi con un unico controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con l’unico motivo di ricorso si contesta la violazione e falsa applicazione del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 39 – quater, commi 2 e 3, conv. dalla L. 24 novembre 2003, n. 326, art. 1, comma 1, nonché degli art. 2697 e 2700 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3). Parte ricorrente evidenzia che la Commissione tributaria regionale ha errato nell’accogliere l’appello dei contribuenti sul presupposto che sarebbe stato provato che l’apparecchio in relazione al quale era stato predisposto l’accertamento impugnato non fosse funzionante. Invero, il presupposto d’imposta per il pagamento del prelievo erariale unico (PREU) si verifica ai sensi del D.L. n. 269 del 2003, art. 39-quater, comma 2, (introdotto dalla L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 84, a decorrere dal 1° gennaio 2007) anche quando gli apparecchi da gioco non risultino muniti del nulla osta di distribuzione e del nulla osta di messa in esercizio, come accaduto nella fattispecie che ci occupa. Pertanto, ai sensi dell’art. 39-quater, nel periodo in contestazione (anno d’imposta 2009) il PREU è dovuto anche per gli apparecchi privi del nulla osta o illecitamente messi in funzione. Soggetti obbligati sono infatti l’installatore e, a titolo di responsabilità solidale, il possessore dei locali ove essi sono installati;

– l’amministrazione, inoltre, sottolinea che l’apparecchio era stato trovato “acceso e funzionante” al momento del primo accesso dei verbalizzanti in data 7 marzo 2009 e che il relativo verbale di accertamento fa piena prova, fino a querela di falso, con riguardo a fatti attestati dal pubblico ufficiale rogante come avvenuti in sua presenza e conosciuti senza alcun margine di apprezzamento. Si tratta, pertanto, di fatti accertati direttamente dai verbalizzanti mentre del tutto irrilevante ai fini dell’accertamento del PREU effettuato dall’Ufficio risulta la circostanza che al momento del secondo accesso, in data 11 marzo 2010, l’apparecchio sequestrato era risultato sprovvisto della scheda di gioco. La circostanza che l’apparecchio sia risultato privo di scheda al momento del sopralluogo per la lettura dei contatori non esclude affatto che la macchina, totalmente sconosciuta all’anagrafe dell’amministrazione fiscale, abbia funzionato in un periodo precedente rispetto al sequestro, dal momento che è stata rinvenuta allacciata alla rete elettrica e contenente moneta, a riprova del passato funzionamento in spregio a tutte le norme poste a garanzia della legalità. L’Amministrazione, cui incombeva l’onere di provare il presupposto impositivo, avrebbe dunque dato piena prova dello stesso laddove non è stata data alcuna prova contraria da parte dei ricorrenti. Si evidenzia, infine, che la sentenza non ha tenuto conto che l’accertamento dell’Ufficio riguardava non genericamente l’anno 2009 bensì il periodo del 2009 antecedente il verbale di accesso in cui la macchina aveva funzionato e tale funzionamento è provato dalla presenza di moneta e dalla collocazione in un esercizio pubblico;

– il motivo è fondato;

– va respinta l’eccezione di inammissibilità formulata dai controricorrenti, giacché il motivo di doglianza non verte sulla valutazione di merito compiuta dalla Commissione tributaria regionale, ma sulle norme specificate nel motivo di ricorso e testé richiamate;

– secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, i verbali redatti dai pubblici ufficiali fanno prova, ex art. 2700 c.c., dei fatti che il verbalizzante attesti essere avvenuti in sua presenza, o essere stati da lui compiuti, mentre le altre circostanze che egli indichi di avere accertato, per averle apprese de relato, ovvero che siano frutto di sue deduzioni, costituiscono materiale indiziario soggetto al libero apprezzamento del giudice, il quale può valutarne l’importanza ai fini della prova, ma non può mai attribuirgli il valore di vero e proprio accertamento (Cass. 20 luglio 2004, n. 13449; Cass. 25 giugno 2003, n. 10128). Tale principio è valido anche in tema di accertamenti tributari, ove si specifica che il processo verbale di constatazione assume un valore probatorio diverso a seconda della natura dei fatti da esso attestati, potendosi distinguere al riguardo un triplice livello di attendibilità: a) il verbale è assistito da fede privilegiata, ai sensi dell’art. 2700 c.c., relativamente ai fatti attestati dal pubblico ufficiale come da lui compiuti o avvenuti in sua presenza o che abbia potuto conoscere senza alcun margine di apprezzamento o di percezione sensoriale, nonché quanto alla provenienza del documento dallo stesso pubblico ufficiale ed alle dichiarazioni a lui rese; b) quanto alla veridicità sostanziale delle dichiarazioni a lui rese dalle parti o da terzi – e dunque anche del contenuto di documenti formati dalla stessa parte e/o da terzi – esso fa fede fino a prova contraria, che può essere fornita qualora la specifica indicazione delle fonti di conoscenza consenta al giudice ed alle parti l’eventuale controllo e valutazione del contenuto delle dichiarazioni; c) in mancanza della indicazione specifica dei soggetti le cui dichiarazioni vengono riportate nel verbale, esso costituisce comunque elemento di prova, che il giudice deve in ogni caso valutare, in concorso con gli altri elementi, potendo essere disatteso solo in caso di sua motivata intrinseca inattendibilità o di contrasto con altri elementi acquisiti nel giudizio, attesa la certezza, fino a querela di falso, che quei documenti sono comunque stati esaminati dall’agente verificatore (Cass. 5 ottobre 2018, n. 24461);

– nel caso di specie, i militari hanno accertato, durante il primo accesso, che l’apparecchio che ha dato origine all’accertamento fosse “acceso e funzionante”. A fronte di una inequivoca affermazione di tale tenore, non sussistono margini per una diversa interpretazione, essendo sul punto il verbale assistito da fede privilegiata, ai sensi dell’art. 2700 c.c., per cui la contestazione del relativo contenuto si sarebbe dovuta proporre con le forme della querela di falso, nella specie non disposta. Alcun rilievo, pertanto, può essere riconosciuto a una diversa lettura della dichiarazione resa dai militari, valorizzando peraltro un verbale successivo redatto a distanza di oltre un anno dai fatti oggetto del primo accertamento e che non esclude di per sè l’avvenuto funzionamento dell’apparecchio in un periodo anteriore al momento del sequestro. Il presupposto d’imposta per il pagamento del prelievo erariale unico, ai sensi del D.L. n. 269 del 2003, art. 39-quater, comma 2, (introdotto dalla L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 84, a decorrere dal 1° gennaio 2007) nel testo applicabile ratione temporis, si verifica anche quando gli apparecchi da gioco non risultino muniti del nulla osta di distribuzione e del nulla osta di messa in esercizio di cui alla L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 38,comma 5, come emerso nel caso di specie;

– l’accoglimento del ricorso determina la cassazione della sentenza e, non essendo necessario nessun altro accertamento di merito, il ricorso originario deve essere rigettato;

– le spese del giudizio di merito vengono integralmente compensate, tenuto conto delle questioni affrontate e dell’esito del processo, mentre quelle di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come dispositivo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario. Compensa le spese della fase di merito e condanna il contribuente al pagamento delle spese processuali di legittimità che si liquidano in Euro 1.000,00 per onorari, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Quinta Sezione civile, il 16 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 25 luglio 2019

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