Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20146 del 03/10/2011

Cassazione civile sez. I, 03/10/2011, (ud. 16/06/2011, dep. 03/10/2011), n.20146

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. CECCHERINI Aldo – rel. Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Maria Rosa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso 30089-2006 proposto da:

FALLIMENTO CASILLO GRANI S.N.C., (c.f. (OMISSIS)), in persona del

Curatore Dott. D.B.M., elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA ASIAGO 8, presso l’avvocato AURELI STANISLAO, rappresentato

e difeso dall’avvocato INZITARI BRUNO, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

BANCA POPOLARE DI VERONA E NOVARA SOC.COOP. A R.L. (C.F./p.i.

(OMISSIS)), in persona del Presidente pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA P. DA PALESTRINA 63, presso l’avvocato

CONTALDI MARIO, rappresentata e difesa dall’avvocato GRILLO BRANCATI

BRUNO, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 800/2005 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 29/07/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/06/2011 dal Consigliere Dott. ALDO CECCHERINI;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato PATRIZIA PARENTI, con delega,

che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito, per la controricorrente, l’Avvocato BRUNO GRILLO BRANCATI che

ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

PREMESSO IN FATTO E DIRITTO

che:

1. La curatela del Fallimento della s.n.c. Casillo Grani ha proposto una domanda revocatoria nei confronti della Banca Popolare di Verona e Novara s. c. a r. l., allegando che nel biennio anteriore alla dichiarazione di fallimento, e almeno fino a luglio 1993, le varie banche e società di factoring, spesso collegate agli istituti di credito o loro diretta emanazione, continuavano a prendere tutto ciò che era possibile prendere: esse si rendevano cessionarie di crediti di ogni tipo, facevano propri i fondi provenienti da banche estere, vendevano titoli e realizzavano quelli offerti in garanzia dalle varie società del gruppo riversandone il netto ricavo sui conti correnti che scoppiavano, incameravano i saldi dei libretti dati a garanzia e compensavano; si trattava di atti estintivi di debiti effettuati con mezzi anomali o, comunque, di prestazioni di garanzia per debiti preesistenti non scaduti, come tali sottoposti a revocatoria.

2. Tale domanda fu ritenuta nulla per indeterminatezza del petitum e della causa petendi dal giudice istruttore, che assegnò termine per la sua integrazione, e, sulla premessa che il fallimento non avesse ottemperato all’invito, il Tribunale di Foggia la dichiarò improcedibile.

3. La decisione di primo grado fu confermata dalla Corte d’appello di Bari, con la sentenza 29 luglio 2005. In essa si afferma che gli enunciati dell’atto introduttivo sono di genericità assoluta, e che inoltre essi riguardano banche e società di factoring indicate cumulativamente, sicchè non è possibile comprendere neppure quali atti revocabili riguardassero specificamente la banca convenuta, nè se si trattasse di azione promossa ai sensi della L. Fall., art. 67, comma 1 – e, in tal caso, di quale ipotesi specificamente – o del secondo comma della stessa disposizione. A tale indeterminatezza nessun rimedio aveva posto la memoria depositata dalla curatela fallimentare a seguito dell’invito ad integrare la domanda, formulato dal giudice istruttore ex art. 164 c.p.c., penultimo comma.

4. Con il ricorso proposto contro questa sentenza, il fallimento censura per violazione o falsa applicazione dell’art. 163 c.p.c., nn. 3 e 4 e art. 164 c.p.c. e vizi di motivazione il giudizio della corte territoriale, di indeterminatezza della domanda introduttiva per la mancata indicazione da parte del curatore degli atti oggetto di revocatoria, e sostiene che quegli atti sono specificamente indicati nella data e determinati nell’esatto ammontare, con l’indicazione del numero del conto corrente nel quale sono stati annotati, e che essi sono riferiti al libro giornale, scrittura contabile sottoposta al regime dell’art. 2711 cpv. c.c..

5. Con la memoria depositata a norma dell’art. 372 c.p.c., il fallimento richiama la sentenza pronunciata da questa corte in altra controversia su questione analoga concernente altro fallimento assistito dal medesimo difensore, 28 maggio 2008 n. 14065. In questa sentenza il corrispondente motivo di ricorso vertente sulla nullità della citazione (e proposta in quel giudizio dal convenuto in revocatoria) è qualificato come error in procedendo, e in forza di tale premessa si afferma che il sindacato di legittimità investe direttamente l’invalidità denunciata e la decisione che su di essa sia stata eventualmente già adottata dal giudice di merito, indipendentemente dalle motivazioni esibite al riguardo perchè in questi casi la Corte di Cassazione è giudice anche del fatto.

6. Sebbene la sentenza citata non sia stata massimata sul punto, identiche affermazioni di principio si rinvengono in motivazione in altre sentenze – neppure loro massimate – pronunciate in altre quattro controversie concernenti lo stesso fallimento oggi ricorrente, nn. 16592 del 2008, 18832 del 2008, 20364 del 2008 e 17284 del 2010.

7. Il collegio non ha ragione di dubitare della premessa generale, che il vizio del quale si discute, attinente alla valutazione della nullità dell’atto introduttivo del giudizio a norma dell’art. 164 c.p.c., comma 4, costituisce vizio in procedendo (in tale generica nozione dovendosi intendere inclusi i vizi contemplati sia nell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 e sia nell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), e non già in iudicando; e neppure intende discostarsi dal principio generale, che in materia di vizi in procedendo contemplati nell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 non è consentito alla parte di dedurre in sede di legittimità la censura di omessa motivazione. Il collegio rileva tuttavia che il vizio attinente al contenuto della citazione comporta l’esame e l’interpretazione del contenuto di essa, necessari al fine di identificare il thema decidendum, essendo l’affermazione della nullità l’esito di un giudizio che porta a ritenere non identificabile il contenuto della domanda giudiziale, con la conseguenza che sulla domanda proposta in causa non è emessa una pronuncia nel merito, bensì esclusivamente in rito.

8. Ciò premesso, sembra che il filone di giurisprudenza sopra richiamato si ponga in contrasto con altro orientamento della corte, per il quale, in sede di giudizio di legittimità, va tenuta distinta l’ipotesi in cui si lamenta l’omesso esame di una domanda, che sia stata ignorata dal giudice di merito, da quella in cui si censura l’interpretazione data alla domanda stessa – operazione nella quale deve ritenersi compresa la ricognizione del suo contenuto- ritenendosi in essa compresi o esclusi alcuni aspetti della controversia in base ad una valutazione non condivisa dalla parte.

Nel primo caso si verte propriamente in tema di violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e si pone un problema di natura tipicamente processuale, per risolvere il quale la Corte di Cassazione ha il potere dovere di procedere al diretto esame degli atti e di acquisire gli elementi di giudizio necessari alla richiesta pronunzia. Nel secondo caso, poichè l’interpretazione della domanda e l’apprezzamento della sua ampiezza e del suo contenuto costituiscono un tipico accertamento di fatto, come tale attribuito dalla legge al giudice del merito, alla Corte di legittimità è solo riservato il controllo della motivazione che sorregge sul punto la pronunzia impugnata (Cass. 15 aprile 1987 n. 3725.; 24 febbraio 1995 n. 2113;

17 marzo 1997 n. 2340; 19 settembre 1997 n. 9314; 5 novembre 1997 n. 10860; 5 novembre 1997 n. 10861; 5 novembre 1997 n. 10863; 5 novembre 1997 n. 10868; 5 novembre 1997 n. 10873; 5 novembre 1997 n. 10879; 21 maggio 1999 n. 4954; 6 agosto 1999 n. 8481; 24 marzo 2000 n. 3538; 22 maggio 2000 n. 6669; 30 maggio 2000 n. 7180; 18 agosto 2000 n. 10950;

28 agosto 2000 n. 11199; 3 ottobre 2000 n. 13148; 21 novembre 2000 n. 14999; 2 marzo 2001 n. 3016; 26 aprile 2001 n. 6066; 20 agosto 2002 n. 12259; 9 luglio 2004 n. 12871; 28 agosto 2004 n. 17254; 28 settembre 2004 n. 19416; 2 febbraio 2005 n. 2042; 5 agosto 2005 n. 16596; 7 luglio 2006 n. 15603; 21 giugno 2007 n. 14486; 26 giugno 2007 n. 14784). A questo indirizzo, del resto, si è uniformata in motivazione anche una sentenza pronunciata dalla corte in altra causa concernente lo stesso fallimento, Cass. 18 giugno 2008 n. 16591, in cui si afferma che le valutazioni sulla congruità del documento prodotto ad integrare la specificazione della domanda attengono al merito e, costituendo apprezzamenti di fatto delle risultanze processuali, suffragati da adeguata motivazione, si sottraggono al sindacato di legittimità.

9. Per ciò che riguarda specificamente la nullità della citazione per totale omissione o assoluta incertezza dell’oggetto della domanda, ai sensi dell’art. 164 c.p.c., la corte ha ripetutamente affermato che l’individuabilità del petitum e della causa petendi, avuto riguardo al contenuto sostanziale delle domande e conclusioni delle parti – desumibile dalla situazione dedotta in causa nonchè dalle precisazioni formulate nel corso del giudizio – è oggetto di una valutazione complessiva anche del loro effettivo interesse, la quale, costituendo apprezzamento di fatto, è censurabile in cassazione solo se non congruamente o correttamente motivata (Cass. 12 gennaio 1996 n. 188); 19 marzo 2001 n. 3911; 1 giugno 2001 n. 7448; 5 aprile 2005 n. 7074; 7 marzo 2006 n. 4828). La sottolineatura che si tratta di una valutazione da compiersi caso per caso, nel rispetto di alcuni criteri di ordine generale, con riguardo all’esigenza di porre immediatamente il convenuto nelle condizioni di apprestare adeguate e puntuali difese (prima ancora che di offrire al giudice l’immediata contezza del “thema decidendum”), con la conseguenza che non potrà prescindersi, nel valutare il grado di incertezza della domanda, dalla natura del relativo oggetto e dalla relazione in cui, con esso, si trovi eventualmente la controparte (Cass. 12 novembre 2003 n. 17023), parrebbe anzi comportare un’esaltazione del ruolo arbitrale delle valutazioni espresse dal giudice istruttore, all’interno del procedimento, con ordinanza regolatrice del contraddittorio ancora in fieri.

10. Il contrasto indicato investe il criterio stesso in base al quale la corte deve esaminare il presente ricorso, e perciò un punto decisivo, che induce il collegio a rimettere la causa al Presidente della Corte suprema di cassazione, perchè valuti l’opportunità dell’assegnazione del ricorso alle Sezioni unite.

P.Q.M.

La Corte rimette la causa al primo Presidente della corte per l’eventuale assegnazione alle Sezioni unite.

Così deciso a Roma, nella camera di consiglio della prima sezione della Corte suprema di cassazione, il 16 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 3 ottobre 2011

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