Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20145 del 07/10/2016


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Cassazione civile sez. trib., 07/10/2016, (ud. 07/07/2016, dep. 07/10/2016), n.20145

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALVAGO Salvatore – Presidente –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –

Dott. DE MASI Oronzo – rel. Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 26556-2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

OCMS CAR LUCARELLI SRL, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIALE REGINA MARGHERITA

290, presso lo studio dell’avvocato MARIA BRUNA CHITO, rappresentato

e difeso dall’avvocato GIUSEPPE FAUSTO DI PEDE giusta delega a

margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 123/2011 della COMM.TRIB.REG. di POTENZA,

depositata il 27/09/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/07/2016 dal Consigliere Dott. ORONZO DE MASI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIACALONE Giovanni, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

IN FATTO

Con sentenza n. 123/2/11 del 17/11/2010, depositata il 27/9/2011, la Commissione Tributaria Regionale di Potenza – Sezione 2^ respingeva l’appello proposto, in data 22/11/2006, dall’Agenzia delle Entrate, avverso la decisione n. 54/01/07, del 2/5/2007, pronunciata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Matera, che aveva accolto il ricorso della O.C.M.S. CAR LUCARELLI S.R.L., avente ad oggetto l’avviso di recupero di credito d’imposta, relativo agli anni 2002-2003-2004-2005, per nuovi investimenti in aree svantaggiate (spese di acquisto di opificio industriale) ai sensi della L. n. 388 del 2000, art. 8, e rilevava che la locazione ad altra impresa dell’immobile, costituito da un capannone, bene strumentale per natura, rientrava nelle finalità lucrative tipiche della società appellante sicchè nessuna ipotesi di revoca del beneficio si era in concreto verificata, avendo la contribuente acquistato il diritto al credito d’imposta, ai sensi della L. n. 248 del 2005, art. 7, comma 1 bis, disposizione che fa esplicito riferimento al secondo periodo del comma 7 dell’art. 8 Legge citata.

Avverso la sentenza l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo con cui deduce violazione e falsa applicazione di norme di diritto, ex art. 360 c.p.c., n. 3 in relazione alla L. n. 388 del 2000, art. 8 e D.L. n. 203 del 2005, art. 7, convertito in L. n. 248 del 2005, per non avere la C.T.R. considerato che non è consentito l’utilizzo dei beni agevolati da parte di “terzi”, direttamente o indirettamente, in forza anche di meccanismi negoziali atipici, e che con la locazione del capannone ad altra impresa è venuto a mancare l’utilizzo esclusivo del bene oggetto dell’investimento nell’attività dell’impresa beneficiaria dell’agevolazione.

La società intimata ha resistito con controricorso eccependo, in via pregiudiziale, l’improcedibilità e inammissibilità del ricorso avversario.

Diritto

IN DIRITTO

Preliminarmente, devono essere respinte le eccezioni di improcedibilità del ricorso ex art. 369 c.p.c., per difetto di allegazione, e quella di inammissibilità ex art. 366 c.p.c., per violazione del principio di autosufficienza, la prima, in quanto giustificata solo mediante un richiamo alla giurisprudenza di questa Corte e priva di qualsiasi motivazione circa i documenti rilevanti dei quali sia mancata l’indicazione, la seconda, in quanto la trascrizione degli atti del processo appare adeguata rispetto alle necessità dell’impugnazione e, segnatamente, ai punti rilevanti per la risoluzione delle questioni dedotte.

L’ Agenzia delle Entrate ricorrente deduce la violazione di legge, con riguardo alla L. n. 388 del 2000, art. 8, comma 7, ed al D.L. n. 203 del 2005, art. 7, convertito in L. n. 248 del 2005, per avere la Commissione Tributaria Regionale ritenuto compatibile con il beneficio in oggetto l’acquisto di un bene (opificio) e la cessione in locazione dello stesso, sia pure soltanto per alcuni mesi, ad impresa diversa da quella fruente dell’agevolazione. Evidenzia che non possono essere agevolati gli immobili strumentali per natura se destinati a finalità estranee all’esercizio dell’impresa, ovvero dati in uso a terzi, e ciò anche alla luce della modifiche apportate dalla L. n. 248 del 2005, ricorrendo nella specie la locazione di una singola unità immobiliare, non legata da alcun vincolo funzionale con altre unità immobiliari facenti parte di un più vasto complesso immobiliare.

Questa Corte ha più volte avuto modo di rilevare che l’agevolazione in oggetto “si pone l’obiettivo di favorire l’innovazione tecnologica e, più in generale, l’effettuazione di nuovi investimenti in beni strumentali – in determinati settori – all’interno delle aree territoriali svantaggiate (ammesse, in quanto tali, alle deroghe già previste dall’art. 87, par. 3, letta) e c) del Trattato Istitutivo), individuate sulla base delle indicazioni provenienti dalla Commissione UE.” (Cass. n. 13422/2016), che la “novità” dell’investimento va, dunque, apprezzata in termini economici, e cioè in riferimento alla sua idoneità a promuovere lo sviluppo della zona interessata (cfr. in tema di esenzione dall’IRPEG, del D.P.R. n. 218 del 1978, ex art. 105, Cass. n. 2273 del 2004; n. 19510 del 2004; n. 4417 del 2005), ben potendo la predetta agevolazione essere riconosciuta anche nel caso di acquisizione di un immobile preesistente, essendo, in astratto, configurabile come investimento nuovo la radicale trasformazione di una struttura precedentemente utilizzata ad altri fini ed ormai dismessa (Cass. n. 1165 del 2010), che il requisito della “strumentante” del bene acquisito deve ritenersi integrato quando il bene stesso si inserisca in una struttura produttiva (già esistente o che venga impiantata) effettivamente operante nella zona svantaggiata, non solo al fine di imputarvi costi e ricavi, ma per realizzare, in quel territorio, l’oggetto stesso dell’attività di impresa (Cass. n. 8120 del 2015; Cass. n. 3310 del 2009; Cass. n. 24936 del 2011).

Orbene, secondo il comma 7 della disposizione in esame, il recupero del credito è possibile “se, entro il quinto periodo d’imposta successivo a quello nel quale sono entrati in funzione, i beni sono dismessi, ceduti a terzi, destinati a finalità estranee all’esercizio dell’impresa ovvero destinati a strutture produttive diverse da quelle che hanno diritto all’agevolazione”.

Nel caso in esame assume rilievo decisivo il fatto che, seppure strumentale per natura, trattandosi di un capannone, il bene in questione non era destinato ad essere inserito ed utilizzato nell’ambito della struttura produttiva, operante in area svantaggiata, della società acquirente, la O.C.M.S. CAR LUCARELLI S.R.L., dichiaratamente operante nel settore della “produzione di mobili imbottiti”, bensì era destinato ad essere utilizzato da una diversa impresa, la SOFT SOFA’, e cioè da un soggetto giuridicamente ed economicamente autonomo, a cui il godimento del bene venne concesso a titolo di locazione, in quanto le ragioni economiche – “scopo di lucro” – cui la sentenza impugnata fa leva per far rientrare l’iniziativa imprenditoriale tra le “finalità tipiche della società di capitali”, per questo non estranea all’esercizio della impresa, appaiono del tutto inconcludenti.

L’acquisto del bene può, infatti, costituire investimento nuovo dal punto di vista economico ove esso si dimostri idoneo a promuovere lo sviluppo della zona interessata e non già il mero conseguimento di un guadagno da parte della impresa che intende avvalersi del beneficio.

Tuttavia i beni immobili concessi in locazione non sono inseriti e utilizzati nella struttura produttiva del locatore e neppure possono essere considerati, a loro volta, come autonome strutture produttive, sicchè del tutto giustificata risulta l’esclusione di tale tipo di investimento da quelli agevolabili e del tutto legittimo il provvedimento di recupero del credito d’imposta. Va, peraltro, ricordato che il D.L. n. 203 del 2005, art. 7, comma 1 bis, convertito nella L. n. 248 del 2005, ha stabilito che la norma più volte citata “si interpreta nel senso che gli immobili strumentali per natura, ai sensi del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 43, comma 2, secondo periodo, i quali costituiscono un complesso immobiliare unitario polifunzionale destinato allo svolgimento di attività commerciale, qualora siano locati a terzi, non si intendono destinati a struttura produttiva diversa, a condizione che gli stessi vengano destinati allo svolgimento di attività d’impresa ai sensi dell’art. 55 del citato testo unico”.

Ad avviso della controricorrente, l’immobile per cui è causa può ricondursi nella predetta nozione di “complesso immobiliare unitario polifunzionale destinato allo svolgimento di attività commerciale”. Inoltre, l’identità tra l’attività di impresa svolta dalla locataria SOFT SOFA’, consistente nella produzione di mobili imbottiti, e quella esercitata dalla società che ha fruito dell’agevolazione, unitamente alla circostanza che il capannone locato confina con un piazzale di proprietà della società locatrice, ma utilizzato promiscuamente per la sosta di autovetture e veicoli commerciali di entrambe le imprese, con conseguente condivisione di servizi comuni, confermerebbero l’esistenza – di un “collegamento funzionale tra locatario e locatore”, oltre che la destinazione dell’immobile locato all’esercizio dell’attività d’impresa ex art. 55 del TUIR, nei termini richiesti dal citato art. 7, comma 1 bis, avente efficacia retroattiva, e dunque la ricorrenza di tutte le condizioni per il mantenimento del beneficio nonostante la locazione a terzi.

Le argomentazioni difensive della società contribuente, pedissequamente fatte proprie dal giudice del gravame nella sentenza impugnata, non convincono affatto e, in ossequio all’onere probatorio incombente sul soggetto che intende avvalersi del beneficio (Cass. n. 28532/2013), la società contribuente avrebbe dovuto fornire elementi concreti e sufficienti per valutare la novità dell’acquisizione senza limitarsi, quanto alle prospettate caratteristiche del bene agevolato, a mere affermazioni.

Appare, pertanto, fondata la deduzione della ricorrente Agenzia delle Entrate circa l’impossibilità di individuare nel bene del quale si discute, per come descritto in atti, un “insieme di unità immobiliari le quali, pur avendo una propria autonomia in quanto idonee ad essere utilizzate in modo indipendente le une dalle altre, tuttavia, mantengono con le altre unità un collegamento economico-funzionale dovuto alla contiguità delle stesse ovvero al fatto che tra le singole porzioni di fabbricato sussiste un comune interesse legato sia all’eventuale condivisione di servizi comuni (pulizia, illuminazione, vigilanza), sia al fatto che l’esercizio delle singole attività nel medesimo complesso immobiliare crea sinergie ed economie di scopo” (cfr. Circolare n. 29/2007).

Conclusivamente, il ricorso va accolto e, non sussistendo l’esigenza di ulteriore istruzione ex art. 384 c.p.c., la conseguente cassazione della sentenza conduce al rigetto del ricorso originario della società contribuente.

Trattasi di motivazione che appare del tutto logica ed ancorata alle risultanze processuali e, come tale, non sindacabile in questa sede di legittimità.

La peculiarità della fattispecie esaminata induce a ritenere giustificata la compensazione delle spese della fase di merito, mentre le spese del presente giudizio di cassazione, secondo soccombenza, sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, rigetta il ricorso originario. Dichiara compensate fra le parti le spese di giudizio della fase di merito e condanna la O.C.M.S. CAR LUCARELLI S.R.L. a rifondere a favore dell’Agenzia delle Entrate le spese del presente giudizio, che liquida in complessivi Euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 7 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 7 ottobre 2016

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