Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20144 del 23/09/2010

Cassazione civile sez. lav., 23/09/2010, (ud. 25/05/2010, dep. 23/09/2010), n.20144

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. DI NUBILA Vincenzo – Consigliere –

Dott. STILE Paolo – rel. Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.R.C., M.A., S.G., A.

S., domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA

DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi

dall’avvocato FERRARA RAFFAELE, giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati FABIANI

GIUSEPPE, TRIOLO VINCENZO, giusta mandato in calce alla copia

notificata del ricorso;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 3932/2005 del TRIBUNALE di NAPOLI, depositata

il 15/12/2005 r.g.n. 42120/98;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/05/2010 dal Consigliere Dott. PAOLO STILE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio che ha concluso per il rigetto del primo motivo,

accoglimento del secondo.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorsi depositati il 28-5-1997 e poi riuniti, A.S., C.R.C., D.L.S., M.A., P.M. e S.G., premesso di avere lavorato alle dipendenze della Gepin srl fino al 15-12-1994, data in cui il rapporto di lavoro era cessato a seguito di licenziamento intimato ai sensi della L. n. 223 del 1991, artt. 4 e 24 lamentavano che l’INPS non avesse loro riconosciuto il diritto alla percezione dell’indennita’ di mobilita’, sull’erroneo presupposto che l’attivita’ svolta dalla societa’ datrice di lavoro non era attivita’ commerciale in senso stretto. Nel precisare che in realta’ l’attivita’ svolta dalla citata ditta, in quanto consistente in microfilmatura, elaborazione e catalogazione di ricette mediche provenienti dalle farmacie della regione Campania doveva considerarsi di natura industriale, i ricorrenti chiedevano accertarsi il proprio diritto alla suddetta indennita’ con condanna dell’istituto al pagamento della somma di L. 26.957.244 ciascuno, oltre accessori di legge. Non si costituiva l’INPS e il Pretore decideva la causa, accogliendo la domanda. Avverso detta sentenza proponeva appello l’INPS con ricorso depositato il 26 – 1998, deducendo, in relazione alla societa’ datrice di lavoro, la carenza del presupposto della natura commerciale in senso stretto o industriale dell’attivita’ esercitata. In subordine chiedeva che, in caso di riconoscimento del diritto, dalle somme riconosciute con la sentenza di primo grado venisse decurtato quanto pagato ai lavoratori a titolo di indennita’ di disoccupazione ordinaria e per i primi 12 mesi l’importo del 5,84% ex L. n. 41 del 1986.

Si costituiva il solo S.G. che chiedeva il rigetto dell’appello. Con sentenza del 9 novembre – 5 dicembre 2005, l’adito Tribunale di Napoli, in accoglimento dell’impugnazione, rigettava le domande proposte con il ricorso introduttivo. A sostegno della decisione, osservava come, in applicazione della classificazione di cui alla L. n. 88 del 1989, art. 49 l’attivita’ espletata dalla Gepin srl, non presentasse ne’ le caratteristiche delle attivita’ del settore industria (manifatturiere, estrattive, impiantistiche; di produzione e distribuzione dell’energia, gas ed acqua; dell’edilizia;

dei trasporti e comunicazioni; della pesca; dello spettacolo; nonche’ per le relative attivita’ ausiliari), perche’ il risultato dell’attivita’ di classificazione e trasposizione delle ricette mediche su nastro – quale quella svolta dalla societa’ – non era idoneo a dar luogo alla creazione di alcun prodotto per entita’ e natura diverso da quello di partenza, limitandosi la novita’ semplicemente alla catalogazione e conservazione su supporto diverso, ne’ quelle del settore terziario (commerciali, ivi comprese quelle turistiche; di produzione, intermediazione e prestazione ei servizi anche finanziari; per le attivita’ professionali ed artistiche;

nonche’ le relative attivita’ ausiliarie).

Per la cassazione di tale pronuncia ricorrono i lavoratori con due motivi. L’INPS ha apposto procura al ricorso notificato.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo mezzo d’impugnazione i ricorrenti, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. in relazione all’art. 116 c.p.c., nonche’ omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5), censurano l’affermazione del Tribunale di Napoli, secondo cui la sentenza del Pretore di Napoli del 03.02.97 n. 4856, che aveva ritenuto di natura industriale l’attivita’ della GEPIN, intentata da altri dipendenti, non avrebbe alcun valore nel presente procedimento, in mancanza della sua produzione in giudizio con l’attestazione del passaggio in giudicato.

Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione della L. n. 88 del 1989, art. 49, comma 3 violazione e falsa applicazione dell’art. 2195 c.c., nonche’ omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5).

In particolare, contestano la linea argomentativa adottata dal Tribunale di Napoli secondo cui, i criteri di classificazione tassativamente stabiliti dalla L. n. 88 del 1989, art. 49 costituirebbero le uniche regole di principio alle quali occorrerebbe fare riferimento per l’inquadramento previdenziale dei datori di lavoro. Pertanto, stante la rigida previsione, l’attivita’ della GEPIN S.r.l. non rientrerebbe ne’ nel settore industriale, poiche’ il risultato dell’attivita’ di classificazione e trasposizione delle ricette mediche su nastro non sarebbe idoneo a creare alcun prodotto nuovo e diverso da quello di partenza, limitandosi alla semplice catalogazione e conservazione su supporto diverso, ne’ nel settore terziario. Il ricorso e’ fondato nei termini che seguono.

Premesso che il Giudice a quo, nel disconoscere il valore di cosa giudicata ad una decisione non prodotta in giudizio, con l’attestazione del passaggio in giudicato, si e’ uniformato all’orientamento di questa Corte, alla cui stregua, affinche’ il giudicato esterno possa far stato nel processo, e’ necessaria la certezza della sua formazione, da provarsi attraverso la produzione della sentenza con il relativo attestato di cancelleria (Cass. n. 10623/09), fondata appare la critica mossa alla impugnata decisione, che, riportandosi ai criteri di classificazione di cui alla L. n. 88 del 1989, art. 49 ha negato il diritto alla percezione della indennita’ di mobilita’. Erroneamente, infatti, il Tribunale di Napoli ha ritenuto applicabile alla fattispecie in esame la L. n. 88 del 1989, art. 49. Ed invero, la L. n. 88 del 1989, art. 49 recita:

“….1. La classificazione dei datori di lavoro disposta dall’Istituto ha effetto a tutti i fini previdenziali ed assistenziali ed e’ stabilita sulla base dei seguenti criteri:

a) settore industria, per le attivita’: manifatturiere, estrattive, impiantistiche; di produzione e distribuzione dell’energia, gas ed acqua; dell’edilizia; dei trasporti e comunicazioni; della pesca;

dello spettacolo; nonche’ per le relative attivita’ ausiliarie;

b) settore artigianato, per le attivita’ di cui alla L. 8 agosto 1985, n. 443;

c) settore agricoltura, per le attivita’ di cui all’art. 2135 c.c. ed alla L. 20 novembre 1986, n. 778, art. 1;

d) settore terziario, per le attivita’: commerciali, ivi comprese quelle turistiche; di produzione, intermediazione e prestazione dei servizi anche finanziari; per le attivita’ professionali ed artistiche; nonche’ per le relative attivita’ ausiliarie;

e) credito, assicurazione e tributi, per le attivita’: bancarie e di credito; assicurative; esattoriale, relativamente ai servizi tributari appaltati.

2. I datori di lavoro che svolgono attivita’ non rientranti fra quelle di cui al comma i sono inquadrati nel settore “attivita’ varie”; qualora non abbiano finalita’ di lucro sono esonerati, a domanda, dalla contribuzione alla Cassa unica assegni familiari, a condizione che assicurino ai propri dipendenti trattamenti di famiglia non inferiori a quelli previsti dalla legge.

3. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale sara’ stabilito a quale dei settori indicati nel precedente comma si debbano aggregare, agli effetti previdenziali ed assistenziali, i datori di lavoro che svolgono attivita’ plurime rientranti in settori diversi. Restano comunque validi gli inquadramenti gia’ in atto nei settori dell’industria, del commercio e dell’agricoltura o derivanti da leggi speciali o conseguenti a decreti emanati ai sensi del D.P.R. 30 maggio 1955, n. 797, art. 34.

Non avendo tale previsione carattere interpretativo e non avendo, dunque, efficacia per il periodo anteriore alla propria entrata in vigore, considerato il disposto dell’art. 49, comma 3, deve affermarsi che il relativo regime e’ “applicabile solo alle imprese che hanno iniziato la loro attivita’ a partire da tale data (28 marzo 1989)”, rilevando altrimenti, “in difetto di specifici criteri, le regole classificatorie dettate dal c.c.” (tra le tante Cass. 11865/95). In particolare, “nel regime anteriore alla L. 9 marzo 1989, n. 88, art. 49 al fine di stabilire se un’impresa abbia o no carattere industriale occorre aver riguardo ai criteri desumibili dall’art. 2195 c.c. (Cass. 12136/95). Conferma dell’esistenza di una durevole disciplina transitoria e’ venuta in via legislativa, con la duplice previsione contenuta nella L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 234 e art. 2, comma 215 i quali hanno dato attuazione ai principi fondamentali affermati con le pronunce 4837/94 delle S.U. e 378/94 della Corte Costituzionale, che avevano evidenziato la mancata fissazione di un termine iniziale per la vigenza del sistema di classificazione della L. n. 88 del 1989. In base a tali norme della Legge Finanziaria ‘96, dal 01.01.97 cessa l’efficacia del regime transitorio di cui all’art. 49, comma 3, secondo periodo; pertanto, a far tempo da tale data, la classificazione dei datori di lavoro deve essere effettuata esclusivamente sulla base dei criteri di inquadramento stabiliti dal predetto art. 49.

Ora, e’ pacifico tra le parti, che l’esercizio della GEPIN sia iniziato ben prima dell’entrata in vigore della L. n. 88 del 1989 ed il periodo in discussione, cioe’ la data della messa in mobilita’ dei lavoratori, risale al 15.12.94, antecedente, quindi, al 01.01.97.

Bisogna, pertanto, rifarsi ai canoni di classificazione codicistici e, in special modo, a quelli enucleati dall’art. 2195 c.c. ai fini della determinazione dell’inquadramento della societa’ datrice di lavoro e del riconoscimento del diritto preteso dai ricorrenti.

Non essendosi il Giudice a quo riportato a detti canoni, l’impugnata decisione va cassata con rinvio alla Corte di Appello di Napoli, che provvedera’ anche alla regolamentazione delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

LA CORTE accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Appello di Napoli.

Così deciso in Roma, il 25 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2010

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