Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20143 del 23/09/2010

Cassazione civile sez. lav., 23/09/2010, (ud. 25/05/2010, dep. 23/09/2010), n.20143

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. DI NUBILA Vincenzo – Consigliere –

Dott. STILE Paolo – rel. Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore avv.to S.

G.P., in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. –

Societa’ di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati

MARITATO LELIO, CORRERA FABRIZIO, CORETTI ANTONIETTA, SGROI ANTONINO,

giusta mandato in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

WHIRLPOOL EUROPE S.R.L., ESATRI S.P.A. CONCESSIONARIO DEL SERVIZIO

RISCOSSIONI PER LA PROVINCIA DI VARESE;

– intimati –

e sul ricorso n. 4859/2007 proposto da:

WHIRLPOOL EUROPE S.R.L., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA L.G. FARAVELLI 22,

presso lo studio dell’avvocato MARESCA ARTURO, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato VALCANOVER FILIPPO, giusta mandato a

margine del controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore avv.to S.

G.P., in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. –

Societa’ di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati

MARITATO LELIO, CORRERA FABRIZIO, CORETTI ANTONIETTA, SGROI ANTONINO,

giusta mandato in calce alla copia notificata del ricorso;

– resistenti con mandato –

e contro

ESATRI S.P.A. CONCESSIONARIO DEL SERVIZIO RISCOSSIONI PER LA

PROVINCIA DI VARESE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 105/2005 della CORTE D’APPELLO di TRENTO,

depositata il 23/12/2005 R.G.N. 82/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/05/2010 dal Consigliere Dott. PAOLO STILE;

udito l’Avvocato VALCANOVER FILIPPO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio che ha concluso per il rigetto di tutti i ricorsi.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso del 7.04.2003 la societa’ Whirpool Europe s.r.l. adiva il Tribunale di Trento in funzione di Giudice del Lavoro, proponendo opposizione avverso la cartella esattoriale, notificata in data 25.2.2003, per avere l’INPS erroneamente ravvisato la violazione della L. n. 1369 del 1960, art. 1 concernente il divieto di intermediazione nelle prestazioni di lavoro, relativamente a 5 imprese artigiane, per tre delle quali lo stesso ispettore aveva riconosciuto la natura autonoma del rapporto.

Sosteneva la ricorrente che la cartella esattoriale doveva essere annullata in quanto, anche ove fosse stata accertata l’interposizione di manodopera vietata, ovvero la sussistenza di un rapporto di lavoro dipendente, all’INPS erano stati regolarmente versati i contributi prescritti dalla legge; pertanto, in forza dell’orientamento giurisprudenziale e dottrinale secondo cui, nell’ipotesi di intermediazione di manodopera, l’obbligo contributivo deve essere imputato non soltanto in capo all’imprenditore interponente ma anche, in via autonoma e concorrente, in capo all’interposto, l’INPS non poteva pretendere di vedersi versata due volte la medesima contribuzione, dato che il pagamento effettuato dall’interposto doveva ritenersi satisfattivo, con conseguente estinzione del credito dell’ente previdenziale.

Nel merito faceva presente che le ditte artigiane, dotate di proprie attrezzature di lavoro, avevano operato in assoluta autonomia organizzativa, mediante l’impiego di operai dalle stesse regolarmente assunti. I titolari delle ditte artigiane ed i dipendenti delle medesime non erano inseriti nel ciclo produttivo dell’azienda, non erano tenuti ad osservare orari di entrata e di uscita, non erano soggetti a vincoli di dipendenza gerarchica o funzionale, svolgendo la loro attivita’ in piena autonomia avvalendosi di una propria struttura tecnico organizzativa. Instauratosi il contraddittorio, si costituiva in giudizio l’INPS, facendo presente che la cartella esattoriale opposta trovava il suo fondamento logico – giuridico nel verbale di accertamento n. (OMISSIS) della sezione di P.G. presso la Procura della Repubblica di Trento.

Veniva dichiarata contumace l’Esatri s.p.a. quale concessionaria del servizio di riscossione per la provincia di Varese.

Con sentenza n. 167 del 17.09.2004 il Giudice accoglieva l’eccezione di estinzione delle obbligazioni contributive correlate ai crediti fatti valere dall’INPS per intervenuto adempimento ai sensi dell’art. 1180 c.c., comma 1; revocava, pertanto, l’iscrizione a ruolo dei relativi contributi, sanzioni e somme aggiuntive e dichiarava priva di efficacia esecutiva la cartella di pagamento n. (OMISSIS) per l’importo complessivo di Euro 969.222,42, notificata in data 25.2.2003; dichiarava interamente compensate tra le parti le spese del giudizio. Avverso tale decisione proponeva appello l’INPS, chiedendone la riforma, evidenziando che, sia rispetto al rapporto di lavoro che a quello previdenziale, unico soggetto obbligato era soltanto l’appaltante, datore di lavoro effettivo, e non anche l’appaltatore, datore di lavoro fittizio, non essendo ipotizzabile alcuna forma di fungibilita’ fra i soggetti tenuti all’adempimento delle obbligazioni previdenziali.

Instauratosi il contraddittorio, si costituiva la societa’ Whirpool Europe s.r.l., chiedendo il rigetto dell’appello e la conferma della impugnata sentenza, mentre la Esatri rimaneva contumace.

Con sentenza del 15 – 23 dicembre 2005, l’adita Corte di Appello di Trento rigettava il gravame, confermando la decisione di primo grado anche sotto il profilo argomentativo.

Per la cassazione di tale pronuncia ricorre l’INPS con due motivi.

Resiste la societa’ Whirpool Europe s.r.l con controricorso, proponendo altresi’ ricorso incidentale, affidato ad un unico motivo, e depositando anche memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Va preliminarmente disposta la riunione del ricorso principale e di quello incidentale, trattandosi di impugnazione avverso la medesima sentenza (art. 335 c.p.c.).

Col primo motivo di gravame l’Istituto ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione della L. n. 1369 del 1960, art. 1 e degli artt. 2115, 1180 e 2036 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3). In particolare, osserva che erroneamente la Corte territoriale aveva rigettato il proposto gravame, affermando la rilevanza dei versamenti effettuati dalla societa’ interposta. Per contro, in materia previdenziale, stante la natura pubblicistica del rapporto assicurativo, non era ipotizzabile alcuna forma di fungibilita’ fra soggetti tenuti all’adempimento delle obbligazioni, con la conseguenza che la posizione del terzo, unitamente al suo eventuale diritto a ripetere quanto in modo indebito pagato, risultava del tutto indifferente alla vicenda intercorrente fra l’ente previdenziale e l’effettivo datore di lavoro. Cio’ in quanto la nullita’ del contratto fra committente ed appaltatore comportava che solo sull’appaltante (o interponente) gravassero gli obblighi in materia di assicurazioni sociali, non potendosi configurare una concorrente responsabilita’ dell’appaltatore (o interposto) in virtu’ dell’apparenza del diritto e dell’apparente titolarita’ del rapporto di lavoro, stante la specificita’ del suddetto rapporto e la rilevanza sociale degli interessi ad esso sottesi.

Col secondo motivo di gravame il ricorrente lamenta la violazione del principio della corrispondenza fra il chiesto ed il pronunciato di cui all’art. 112 c.p.c. e la nullita’ del procedimento a causa dell’omessa pronuncia e motivazione su un punto decisivo della controversia.

Rileva che erroneamente la Corte territoriale, assumendo che l’adempimento delle obbligazioni contributive ad opera del soggetto interposto rendeva ininfluente ogni ulteriore accertamento, aveva omesso di verificare l’esistenza (o meno) nel caso di specie di una ipotesi di interposizione fittizia di manodopera, con violazione dell’art. 112 c.p.c. Il ricorso e’ fondato.

Ed invero, per quel che riguarda la problematica concernente la dedotta esistenza di effetti liberatori in relazione al versamento dei contributi effettuato dalla societa’ ed. interposta, ritiene il Collegio di non poter condividere l’impostazione fornita dalla Corte territoriale nell’impugnata sentenza circa la rilevanza dell’adempimento di tali obbligazioni da parte dell’appaltatore. Sul punto non ignora il Collegio che questa Corte ha gia’ avuto modo di evidenziare, sin dalla sentenza 23.1.2004 n. 12509, che alla luce del disposto di cui all’art. 1180 c.c., deve ritenersi che l’obbligazione puo’ essere adempiuta con effetti satisfattivi anche da un terzo; ed ha altresi’ rilevato, con riferimento ai pagamenti di contributi effettuati dal datore di lavoro fittizio (appaltatore o interposto), l’irripetibilita’ da parte dello stesso dei contributi gia’ versati, non essendo possibile ritenere (ai sensi dell’art. 2036 c.c.) la scusabilita’ dell’errore sulla identita’ dell’effettivo debitore, e non potendosi consentire, nell’ottica di assicurare al lavoratore una maggiore protezione, che sia annullata la posizione contributiva costituita a suo favore da parte del datore di lavoro apparente. Piu’ in dettaglio, questa Corte, esaminando analoga fattispecie di contributi previdenziali pagati dal datore di lavoro apparente, ed identica questione di diritto, ha affermato il principio che “in ipotesi di interposizione nelle prestazioni di lavoro, non e’ configurabile una concorrente obbligazione del datore di lavoro apparente con riferimento ai contributi dovuti agli enti previdenziali; rimane, tuttavia, salva l’incidenza satisfattiva di pagamenti eventualmente eseguiti da terzi, ai sensi dell’art. 1180 c.c., comma 1, ivi compreso lo stesso datore di lavoro fittizio” (Cass. sez. lav., 25.1.2008 n. 1666), rilevando altresi’, con riferimento all’argomento apparentemente ostativo tratto dall’art. 2036 c.c., comma 1 secondo cui chi ha pagato un debito altrui, credendosi debitore in base ad un errore scusabile, puo’ ripetere cio’ che ha pagato in tal modo eliminando l’effetto satisfattivo a favore del terzo -, che deve escludersi che possa considerarsi scusabile l’errore sull’identita’ dell’effettivo debitore di chi e’ corresponsabile della violazione della L. n. 1369 del 1960, art. 1. A tale conclusione non osterebbe -ad avviso di detta giurisprudenza – il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza 26.10.2006 n. 22910, richiamata dall’Istituto ricorrente, secondo cui gli obblighi in materia di trattamento economico e normativo scaturenti dal rapporto di lavoro, nonche’ gli obblighi in materia di assicurazioni sociali, gravano solo sull’appaltante (o interponente), sicche’ non puo’ configurarsi una concorrente responsabilita’ dell’appaltatore (o interposto) in virtu’ dell’apparenza del diritto e dell’apparente titolarita’ del rapporto di lavoro, stante la specificita’ del suddetto rapporto e la rilevanza sociale degli interessi ad esso sottesi.

Sennonche’ tale principio, pur tenuto presente dalla giurisprudenza di legittimita’ citata, esclude una responsabilita’ concorrente dell’interposto, ma – d avviso del Collegio – e correttamente valutato nell’intero contesto argomentativo della pronuncia, viene ad escludere altresi’, con riguardo al disposto di cui all’art. 1180 c.c., comma 1, l’effetto liberatorio del pagamento del terzo, quale deve ritenersi l’interposto.

Infatti, come si e’ puntualmente evidenziato in detta pronuncia, al fine di evitare, ai danni del lavoratore, un trattamento (sia sotto il versante economico che sotto quello normativo) ingiusto perche’ non corrispondente alle prestazioni rese e non parametrato sulla reale inserzione delle sue prestazioni nell’organizzazione produttiva dell’impresa, il legislatore si e’ attenuto al principio secondo cui il vero datore di lavoro e’ quello che effettivamente utilizza le prestazioni lavorative anche se i lavoratori sono stati formalmente assunti da un altro (datore apparente) e prescindendosi da ogni indagine (che tra l’altro risulterebbe particolarmente difficoltosa) sull’esistenza di accordi fraudolenti (tra l’interponente e l’interposto). E proprio su tali presupposti, la stessa pronuncia ha tenuto a rammentare come la propria giurisprudenza avesse gia’ avuto occasione di statuire, seppure in controversie attinenti a problematiche di natura processuale, che il divieto della L. n. 1369 del 1960, ex art. 1 – volto ad evitare che la dissociazione tra l’autore dell’assunzione e l’effettivo beneficiario delle prestazioni lavorative si risolva in un ostacolo al diritto del lavoratore di pretendere il piu’ vantaggioso trattamento che gli sarebbe spettato se assunto direttamente da tale beneficiario – opera oggettivamente prescindendo da un intento fraudolento o simulatorio delle parti e senza che l’incidenza del divieto stesso sia limitata al momento genetico del rapporto, ossia all’ipotesi in cui l’assunzione dei lavoratori da parte del datore di lavoro interposto coincida con l’inizio dell’esecuzione delle prestazioni lavorative a favore dell’effettivo beneficiario delle medesime (cfr. in tali sensi Cass., Sez. Un., 21 marzo 1997 n. 2517).

Al riguardo la richiamata pronuncia n. 22910/2006, dando maggiore compiutezza argomentativa a quanto appena riferito, ha ribadito che l’indirizzo volto a reputare il beneficiario delle prestazioni lavorative come l’unico tenuto, ai sensi della L. n. 1369 del 1960, art. 1, non solo all’adempimento degli obblighi connessi al trattamento economico e normativo spettante al lavoratore ma anche alla corresponsione dei contributi previdenziali, si pone in continuita’ logico – giuridico anche con altra propria precedente pronuncia, con cui, nel negare la configurabilita’ di un litisconsorzio necessario nel processo di accertamento dell’interposizione vietata – e di condanna del vero datore di lavoro a soddisfare i crediti del lavoratore – si era escluso che nella fattispecie di interposizione di manodopera fosse ravvisabile quell’unica “situazione giuridica complessa” richiesta ex art. 102 c.p.c..

Dalla impostazione appena delineata – ed alla quale va data piena adesione – discende che l’assunto, fatto proprio dalla impugnata decisione, secondo cui i pagamenti dei contributi da parte dell’intermediario (c.d. datore di lavoro apparente) hanno effetto estintivo del debito contributivo del datore di lavoro effettivo, non puo’ essere condiviso.

Invero, con riferimento all’argomento ostativo tratto dall’art. 2036 c.c., comma 1, secondo cui chi ha pagato un debito altrui, credendosi debitore in base ad un errore scusabile, puo’ ripetere cio’ che ha pagato, in tal modo eliminando l’effetto satisfattivo a favore del terzo, la non condivisa giurisprudenza, recepita dal Giudice a quo, sostiene – come accennato – che deve escludersi che possa considerarsi scusabile l’errore sull’identita’ dell’effettivo debitore di chi e’ corresponsabile della violazione della L. n. 1369 del 1960, art. 1. Ma cosi’ argomentando, mostra di non tener conto che, nelle controversie in parola, la posizione dell’interposto non viene in esame, per cui l’affermazione della consapevolezza ed inescusabilita’ dell’errore nel pagamento, appare del tutto apodittica. Non solo; ma se si considera che l’interposto non e’ parte in causa, si finisce inammissibilmente con attribuire forza di giudicato ad una circostanza – inescusabilita’ dell’errore sull’identita’ dell’effettivo debitore – riguardante un soggetto estraneo al giudizio, che, nella contestata prospettiva, non potrebbe – altrettanto inammissibilmente – giammai avanzare alcuna pretesa volta ad ottenere la ripetizione di quanto indebitamente versato.

Anche sotto il profilo eminentemente pratico, peraltro, la prospettata soluzione appare piu’ coerente rispetto al sistema, ove si consideri come, con l’individuazione in capo alla sola societa’ interponente delle obbligazioni previdenziali, si elimini, a priori ed in via definitiva, il rischio di attenuazione della tutela previdenziale ed assistenziale che potrebbe verificarsi, a discapito del lavoratore, per effetto del versamento contributivo di minore entita’ effettuato dalla impresa interposta inquadrata in un settore diverso e meno gravoso rispetto a quello di appartenenza della predetta interponente.

Deve pertanto ritenersi che il pagamento dei contributi da parte dell’intermediario (datore di lavoro apparente) non ha effetto estintivo rispetto al debito contributivo del datore di lavoro effettivo.

Va accolto anche il secondo motivo del ricorso in esame e, cosi’ pure, il ricorso incidentale proposto dalla societa’ con cui, analogamente a quanto dedotto con il predetto secondo motivo dalla controparte, si denuncia – sia pure per opposte finalita’ – la violazione dell’art. 112 c.p.c. e l’omessa pronuncia sulla questione attinente l’intermediazione di manodopera.

Entrambe le parti, infatti, lamentano che il Giudice a quo, sul presupposto della piena efficacia dell’adempimento contributivo ad opera della societa’ interposta (datore apparente), abbia ritenuto assorbita la questione relativa alla sussistenza o meno, nella specie, della denunciata intermediazione di manodopera.

In proposito, sia l’INPS che la Whirpool Europe s.r.l ritengono che il Giudice di appello non avrebbe dovuto limitarsi a prendere atto dell’avvenuto versamento dei contributi previdenziali da parte della societa’ interposta, ma avrebbe dovuto accertare la sussistenza/insussistenza, nel caso di specie, di una interposizione fittizia di manodopera, non avendo valore dirimente l’accenno, incidentalmente fatto in sentenza, circa l’accertamento operato in sede penale dalla Corte di Appello di Trento.

Ne discende l’accoglimento sia del secondo motivo del ricorso principale che dell’unico motivo del ricorso incidentale.

Per quanto precede, per effetto dell’accoglimento di entrambi i ricorsi, l’impugnata sentenza va cassata con rinvio per il riesame della controversia, alla luce del principio di diritto innanzi formulato, ad altra Corte di appello, designata in dispositivo, che provvedera’ anche alla regolamentazione delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

LA CORTE riunisce i ricorsi e li accoglie entrambi; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese di questo giudizio, alla Corte di Appello di Brescia.

Cosi’ deciso in Roma, il 25 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2010

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