Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20142 del 25/07/2019

Cassazione civile sez. trib., 25/07/2019, (ud. 16/05/2019, dep. 25/07/2019), n.20142

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. GRASSO Giusep – rel. Consigliere –

Dott. NOVIK Adet Toni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23625/12 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro-tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

i cui uffici domicilia in Roma alla Via dei Portoghesi n. 12.

– ricorrente –

Contro

LI.VI. SRL, in persona del legale rappresentante pro – tempore.

– intimata –

avverso la sentenza n. 180/1/11 della Commissione tributaria

regionale delle Marche, depositata il 14 luglio 2011.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

16 maggio 2019 dal Consigliere Gianluca Grasso.

Fatto

RITENUTO

che:

– la Li.Vi. Srl ha proposto opposizione alla cartella di pagamento n. (OMISSIS), scaturente da controllo automatizzato ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, con cui l’Agenzia delle entrate aveva recuperato la somma indebitamente utilizzata dalla società in compensazione nel corso del 2005, senza indicare il credito nella dichiarazione annuale Iva;

– la Li.Vi. Srl aveva percepito un rimborso IVA pari a Lire 160.000.000 (Euro 82.633,00), maturato nell’anno 1999, a seguito della richiesta presentata il 23 aprile 2000 con modello VR in relazione all’acquisto di beni ammortizzabili. L’Agenzia delle Entrate di Pesaro, con atto di contestazione n. (OMISSIS), ha recuperato l’importo di Euro 56.810,26, evidenziando che una parte del credito risultava riferita all’acquisto di un terreno, dunque di un’immobilizzazione non rientrante nel novero dei beni ammortizzabili. La società ha restituito l’importo indebitamente rimborsato oltre agli interessi dovuti e, contestualmente ha chiesto il riconoscimento del credito ai fini del suo utilizzo in detrazione. L’Ufficio, con provvedimento prot. (OMISSIS) del (OMISSIS), ha autorizzato l’esercizio della detrazione;

– la Commissione tributaria provinciale di Pesaro ha accolto il ricorso, specificando che il credito IVA era stato riconosciuto dalla stessa Amministrazione;

– la Commissione tributaria regionale delle Marche ha respinto l’appello dell’Agenzia delle entrate;

– l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a un unico motivo;

– la società contribuente, pur regolarmente intimata, non si è costituita in giudizio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con l’unico motivo di ricorso si contesta la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, dell’art. 345 c.p.c., dell’art. 112 c.p.c. e dei principi in tema di ultrapetizione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Secondo quanto dedotto, la società contribuente – nel ricorso di primo grado – si è limitata a sostenere l’esistenza del credito di imposta fatto valere in compensazione, mentre soltanto nella memoria in grado di appello ha introdotto un nuovo thema decidendum, deducendo di avere indicato il credito di imposta nella dichiarazione annuale IVA;

– il motivo è fondato;

– secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, il contenzioso tributario ha un oggetto rigidamente delimitato dai motivi di impugnazione avverso l’atto impositivo dedotti col ricorso introduttivo, i quali costituiscono la causa petendi entro i cui confini si chiede l’annullamento dell’atto e la cui formulazione soggiace alla preclusione stabilita dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 24, comma 2, (Cass. 24 luglio 2018, n. 19616). Nel giudizio tributario d’appello è quindi inammissibile la deduzione di un nuovo motivo di illegittimità dell’avviso di accertamento (Cass. 24 ottobre 2014, n. 22662);

– nel caso di specie, come emerge dalla documentazione in atti, la società contribuente ha sostenuto di avere indicato il credito di imposta nella dichiarazione annuale IVA soltanto nella memoria prodotta in appello, mentre in primo grado si era limitata a evidenziare che il credito esisteva ed era stato certificato dal provvedimento emesso dall’amministrazione;

– la pronuncia impugnata è pertanto incorsa nel denunciato vizio di ultrapetizione;

– la sentenza va dunque cassata con riferimento al motivo accolto, con rinvio alla Commissione tributaria regionale delle Marche in diversa composizione anche per la liquidazione delle spese di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese di legittimità, alla Commissione tributaria regionale delle Marche in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Quinta Sezione civile, il 16 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 25 luglio 2019

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