Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20141 del 23/09/2010

Cassazione civile sez. lav., 23/09/2010, (ud. 12/05/2010, dep. 23/09/2010), n.20141

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. DI NUBILA Vincenzo – Consigliere –

Dott. STILE Paolo – rel. Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Z.A., Z.L., Z.V., Z.G.,

quali eredi di T.A., elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA STAZIONE MONTE MARIO 9, presso lo studio dell’avvocato GULLO

ALESSANDRA, rappresentati e difesi dall’avvocato MAGARAGGIA GIUSEPPE,

giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA N. 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO

ALESSANDRO, VALENTE NICOLA, GIANNICO GIUSEPPINA, giusta mandato in

calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1322/2006 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 03/07/2006 R.G.N. 955/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/05/2010 dal Consigliere Dott. PAOLO STILE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUZIO Riccardo che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato il 2 aprile 2004 A., L., V. e Z.G., nella qualita’ di eredi di T.A., proponevano appello avverso la sentenza del Tribunale di Brindisi, emessa in data 3 aprile 2003, con la quale era stata rigettata la domanda della loro dante causa di riconoscimento del diritto all’assegno o alla pensione d’invalidita’ civile.

Deducevano che il CTU, la cui relazione di consulenza tecnica era stata integralmente richiamata dal giudice di primo grado nella motivazione della sentenza, aveva sottovalutato le infermita’ accertate, trascurando di considerarne altre, cosi’ erroneamente pervenendo all’attribuzione di una percentuale invalidante finale inferiore al 74%.

Chiedevano, pertanto, la riforma della sentenza impugnata, previo rinnovo di consulenza tecnica, e, per l’effetto, il riconoscimento del diritto della loro dante causa all’assegno o alla pensione d’invalidita’ civile a decorrere dalla data della domanda amministrativa o da altra successiva e la condanna del Ministero dell’Economia e/o dell’INPS al pagamento delle relative prestazioni, da maggiorare degli interessi legali.

Con memoria di costituzione il Ministero dell’Economia e delle Finanze, in via incidentale, chiedeva che fosse dichiarato il suo difetto di legittimazione passiva e, nel merito, contestava le avverse argomentazioni chiedendo il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza appellata. L’INPS, sebbene ritualmente citato, non si costituiva.

Disposte ed espletate due nuove ctu, con sentenza del 21 giugno – 3 luglio 2006, l’adita Corte di Appello di Lecce, dichiarava il difetto di legittimazione passiva del Ministero e, in parziale accoglimento dell’appello principale, dichiarava che l’appellante aveva diritto alla pensione di invalidita’ civile con decorrenza dall’1.8.1999 sino al decesso; in conseguenza, condannava l’I.N.P.S. all’erogazione in suo favore della relativa prestazione, oltre rivalutazione monetaria o interessi legali dal giorno della maturazione del diritto.

Per la cassazione di tale pronuncia ricorrono gli eredi di T. A. con due motivi.

Resiste l’INPS con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso gli eredi di T.A., insistendo nella richiesta della pensione di inabilita’ ex L. n. 118 del 1971 dalla data della domanda amministrativa, denunciano motivazione omessa ed insufficiente, lamentando che la Corte d’appello, nonostante le doglianze specifiche espresse nei confronti dell’elaborato peritale, avrebbe del tutto omesso di argomentare in ordine alle critiche svolte nell’atto di gravame.

Lamentano, poi, con il secondo motivo, l’apodittica adesione alla ctu, incorrendo in vizio di motivazione e violazione della L. n. 118 del 1971, art. 12. Il ricorso, pur valutato nelle sue diverse articolazioni, e’ infondato. Invero la Corte di Lecce, dopo avere osservato che, cosi’ come richiesto dalla ricorrente nell’atto di appello, si era proceduto al rinnovo delle indagini medico – legali, mediante la nomina di due consulenti tecnici, ha chiarito che il primo CTU, aveva ritenuto il dante causa degli appellanti affetto dalle seguenti infermita’: “cardiopatia ipertensiva scompensata;

ulcera duodenale; steatosi epatica; vasculopatia diabetica e retinopatia diabetica da dislipidemia”. Ha aggiunto che detto CTU, dopo esame clinico generale e studio della documentazione prodotta dalle parti e acquisita d’ufficio, aveva accertato le patologie, concludendo per uno stato di inabilita’ totale con decorrenza dall’agosto 1999, come concordato, in sede di visita generale, con il consulente tecnico nominato dal Ministero appellato.

Ha soggiunto che il secondo CTU, nominato per accertare quando fosse stata raggiunta o superata la soglia del 74%, ai fini del riconoscimento del requisito sanitario utile per l’eventuale concessione dell’assegno d’invalidita’ civile, aveva ritenuto che le patologie accertate avessero determinato un’invalidita’ finale del 76% alla data del 1 gennaio 1999, anche se aveva fissato al gennaio 2000 il momento del raggiungimento dello stato invalidante totale.

Orbene, la Corte di Appello, tenendo presente le suddette conclusioni peritali, ha osservato che la dante causa degli appellanti era nata nel (OMISSIS), per cui alla data del gennaio (OMISSIS) non aveva ancora superato l’eta’ di 60 anni, onde avrebbe dovuto dare la prova del suo incollocamento al lavoro, requisito indispensabile per il riconoscimento del diritto all’assegno d’invalidita’ civile, che, pertanto, andava negato.

Ha, quindi, dichiarato il diritto dell’appellante alla pensione d’invalidita’ civile con decorrenza dall’18.1999, data indicata dal 1 CTU, in accordo con il consulente tecnico del Ministero, e, per l’effetto, ha condannato l’INPS al pagamento delle relative prestazioni, da maggiorare degli interessi legali a decorrere dal 121 giorno successivo al riconoscimento del diritto.

Coerente con gli accertamenti medico – legale effettuati, appare, dunque, la soluzione adottata dal Giudice a quo, che ha dovuto tener conto anche degli ulteriori requisiti richiesti dalla legge per il conseguimento degli invocati benefici. Da quanto esposto discende che l’attuale prospettazione del ricorrente si pone nell’ambito del mero dissenso diagnostico inidoneo, come tale, ad incidere sulla correttezza delle argomentazioni poste a base della impugnata decisione.

Il ricorso va, quindi, rigettato.

Nulla deve disporsi per le spese del presente giudizio ai sensi dell’art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo anteriore a quello di cui al D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 42, comma 11, nella specie inapplicabile ratione temporis.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso; nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 12 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2010

 

 

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