Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20141 del 17/08/2017
Cassazione civile, sez. VI, 17/08/2017, (ud. 06/07/2017, dep.17/08/2017), n. 20141
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –
Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –
Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –
Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 19418-2016 proposto da:
S.C.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
VALSOVARANCHE, n. 2, presso lo studio dell’avvocato SIMONA
NAPOLITANO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato
SERGIO CELENTANO;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e
difende ope legis;
– resistente –
avverso la sentenza n. 233/25/2016 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE della PUGLIA SEZIONE DISTACCATA di FOGGIA, depositata il
29/01/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 06/07/2017 dal Consigliere Dott. GIULIA IOFRIDA.
Fatto
FATTI DI CAUSA
S.C.A. propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti dell’Agenzia delle Entrate (che non resiste), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Puglia Sezione staccata di Foggia n. 233/25/2016, depositata in data 29/01/2016, con la quale – in controversia concernente l’impugnazione di avvisi di accertamento, emessi per IRPEF ed addizionali, regionali e comunali, dovute in relazione agli anni d’imposta 2007 e 2008, a seguito di rideterminazione in via sintetica del reddito imponibile, – è stata riformata la decisione di primo grado, che aveva solo accolto il ricorso del contribuente.
In particolare, i giudici d’appello, nell’accogliere il gravame dell’Agenzia delle Entrate, hanno sostenuto che, in relazione alla prova contraria “rigorosa”, che il contribuente avrebbe dovuto offrire per contrastare la pretesa erariale, fondata sull’esistenza certa di beni-indice di capacità di spesa (retribuzione di collaboratrice domestica e possesso di un’autovettura), nella specie, il contribuente non aveva dimostrato, in via documentale, sia che la retribuzione della collaboratrice domestica fosse stata, in realtà, corrisposta dalla di lui madre sia che fosse eccessiva l’entità del maggior reddito contestatogli sulla base del possesso di autovettura.
A seguito di deposito di proposta ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti; il Collegio ha disposto la redazione della ordinanza con motivazione semplificata.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. La ricorrente lamenta, con il primo motivo, la violazione o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, avendo i giudici della C.T.R. errato nel ritenere che anche la spesa per la retribuzione di collaboratrice domestica, addetta all’assistenza di persone inferme od invalide, potesse rientrare “tra gli indici di spesa”. Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta poi l’omesso esame, ex art. 360 c.p.c., n. 5, di fatto decisivo rappresentato dalla tipologia del contratto di lavoro stipulato con la collaboratrice domestica.
2. Le censure sono inammissibili.
Invero, il contribuente non chiarisce, quanto al vizio di violazione di legge, in ogni caso, se egli aveva sollevato tale specifica doglianza (la non sussumibilità quali indice di spesa della retribuzione versata per la collaboratrice domestica, in quanto addetta all’assistenza della di lui madre), non risultante dalla sentenza impugnata (nella quale si espone soltanto il fatto che il contribuente aveva, negli anni oggetto dell’accertamento, “alle sue dipendenze” collaboratrice domestica, che retribuiva, oltre a possedere, per l’anno 2008, un’autovettura, e la argomentazione, in diritto, in ordine alla mancata prova documentale, da parte del contribuente, anzitutto sui presupposti fondanti l’eccezione relative alla destinazione delle prestazioni lavorative della domestica in favore della di lui madre, la quale gli avrebbe fornito la provvista “almeno in parte”) nei ricorse introduttivo.
Quanto poi al vizio motivazionale, ex art. 360 c.p.c., n. 5, da scrutinare in base al testo di tale disposizione risultante delle modifiche recate dal D.L. n. 83 del 2012, poichè la sentenza impugnata risulta depositata in data successiva all’11 settembre 2012, si rileva che, nel mezzo di ricorso, non si indicano fatti storici rilevanti e decisive (della cui deduzione nel giudizio di merito venga dato conto nel rispetto del canone dell’autosufficienza del ricorso per cassazione), il cui esame, omesso nella sentenza gravata, avrebbe portato ad una diversa ricostruzione dei fatti di causa, ma ci si limita a criticare l’apprezzamento delle risultanze processuali operato dai giudice di merito (fondato, si ripete, sulla conferma dell’esistenza dei beni-indice di maggiore capacità contributiva, individuati dall’Ufficio, e sulla mancata dimostrazione, ad opera del contribuente, che la spesa, per fare fronte ala gestione o al consumo dei suddetti beni, fosse stata “finanziata attraverso redditi esenti ovvero soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta”).
3. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso. Non v’è luogo a provvedere sulla liquidazione delle spese processuali, non avendo la resistente Agenzia delle Entrate svolto attività difensiva.
PQM
La Corte respinge il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Motivazione semplificata.
Così deciso in Roma, il 6 luglio 2017.
Depositato in Cancelleria il 17 agosto 2017