Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2014 del 29/01/2020

Cassazione civile sez. lav., 29/01/2020, (ud. 20/11/2019, dep. 29/01/2020), n.2014

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Presidente –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9100-2017 proposto da:

PREVENZIONE E INTERVENTO ROMA 81 SOC. COOP. SOCIALE A R.L., in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA CONFALONIERI 2, presso lo studio

dell’avvocato GIANFRANCO PARISI, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

D.T., D.A., C.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1529/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 17/03/2017 R.G.N. 5083/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/11/2019 dal Consigliere Dott. ELENA BOGHETICH;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MASTROBERARDINO PAOLA che ha concluso per l’accoglimento del

ricorso;

udito l’Avvocato GIANFRANCO PARISI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 1529 del 17.3.2017 la Corte di appello di Roma, confermando la pronuncia del Tribunale della medesima sede, ha dichiarato la illegittimità dei licenziamenti intimati dalla società Prevenzione e Intervento Roma 81 soc.c.oop.sociale a D.T., D.A. e C.A. con decorrenza dal 31.1.2015.

2. La Corte romana riteneva che, se pur in caso di cessazione dell’appalto il contratto collettivo applicato in azienda (c.c.n.l. cooperative del settore socio sanitario) prevedesse un sistema di procedure idonee a garantire la costituzione di un rapporto lavorativo ex novo con l’impresa subentrante, detta tutela non poteva escludere quella prestata al lavoratore dalla legge in caso di recesso del datore di lavoro, con particolare riguardo al mancato adempimento dell’obbligo di repechage e alla conseguente illegittimità del licenziamento.

3. Avverso detta decisione la società cooperativa propone ricorso affidandolo a due motivi. Le lavoratrici sono rimaste intimate.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con i due motivi di ricorso la società denuncia, ex art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione della L. n. 604 del 1966 della L.n. 300 del 1970, art. 18 nonchè delle norme collettive che disciplinano il c.d. cambio appalto (art. 37 del c.c.n.l. lavoratrici e lavoratori delle cooperative del settore socio sanitario) avendo, la Corte territoriale, errato nel ritenere conservata, a favore delle lavoratrici, la tutela inerente l’illegittimo licenziamento anche nelle ipotesi di cambio appalto e di assunzione del lavoratore presso l’impresa subentrante. In particolare rileva la diversità e contrapposizione tra la disciplina del licenziamento individuale e la situazione in cui si assicuri la continuità lavorativa a seguito del cambio appalto.

2. Il ricorso non merita accoglimento.

Correttamente la sentenza impugnata ha richiamato il principio già statuito da questa Corte secondo cui “Ove il contratto collettivo preveda, per l’ipotesi di cessazione dell’appalto cui sono adibiti i dipendenti, un sistema di procedure idonee a consentire l’assunzione degli stessi, con passaggio diretto e immediato, alle dipendenze dell’impresa subentrante, a seguito della cessazione del rapporto instaurato con l’originario datore di lavoro e mediante la costituzione “ex novo” di un rapporto di lavoro con un diverso soggetto, detta tutela non esclude, ma si aggiunge, a quella apprestata a favore del lavoratore nei confronti del datore di lavoro che ha intimato il licenziamento, con i limiti posti dalla legge all’esercizio del suo potere di recesso, non incidendo sul diritto del lavoratore di impugnare il licenziamento intimatogli per ottenere il riconoscimento della continuità giuridica del rapporto originario. Nè la scelta effettuata per la costituzione di un nuovo rapporto implica, di per sè, rinuncia all’impugnazione dell’atto di recesso, dovendosi escludere che si possa desumere la rinuncia del lavoratore ad impugnare il licenziamento o l’acquiescenza al medesimo dal reperimento di una nuova occupazione, temporanea o definitiva, non rivelandosi, in tale scelta, in maniera univoca, ancorchè implicita, la sicura intenzione del lavoratore di accettare l’atto risolutivo” (Cass. n. 12613 del 2007).

Al suddetto principio è stata data continuità con recenti decisioni.

E’ stato, invero, sottolineato che “la scelta effettuata dal lavoratore per la costituzione di un nuovo rapporto con la società subentrante nell’appalto di servizi non implica, di per sè, rinuncia all’impugnazione dell’atto di recesso, dovendosi escludere che si possa desumere la rinuncia del lavoratore ad impugnare il licenziamento o l’acquiescenza al medesimo dal reperimento di una nuova occupazione, temporanea o definitiva, non rivelandosi, in tale scelta, in maniera univoca, ancorchè implicita, la sicura intenzione del lavoratore di accettare l’atto risolutivo. Tale principio conserva validità nel caso in esame, neppure risultando circostanze fattuali ulteriori e significative nel senso voluto dalla società” (Cass. n. 22121 del 2016).

Inoltre, è stata chiarita la distinzione tra le differenti situazioni di fatto riferite al recesso dell’originario datore di lavoro ed alla costituzione del nuovo rapporto di lavoro con l’impresa subentrante. “La garanzia del passaggio dal datore originario all’impresa subentrante, di natura contrattuale collettiva, mira ad assicurare la stabilità e continuità dell’occupazione, ma lascia distinti i rapporti lavorativi, (non a caso si definisce un rapporto ex novo con l’impresa subentrante), sicchè non solo una regola contrattuale non potrebbe mai escludere la tutela legale che sanziona il recesso illegittimo, ma neppure sarebbe invocabile trattandosi di distinti rapporti contrattuali rispetto ai quali differenti sono le obbligazioni e responsabilità datoriali” (Cass. n. 29922 del 2018).

Anche nelle ipotesi del passaggio da un appalto all’altro l’originario datore di lavoro, sarà tenuto a dimostrare, ove necessario, le ragioni del recesso e l’impossibilità di reimpiegare il lavoratore in altre posizioni lavorative compatibili.

Questa Corte ha, altresì, rilevato che le recenti modifiche legislative apportate in materia di subentro di un nuovo appaltatore (L. n. 122 del 2016, art. 30 sostitutiva del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29), confermano la diversità dei rapporti lavorativi instaurati all’esito del passaggio del lavoratore da un appalto all’altro e lasciano inalterate le obbligazioni sorte nei singoli rapporti nella mìsura in cui escludono – in presenza di elementi di discontinuità tra le due imprese – la configurabilità di un trasferimento d’azienda o di parte di azienda.

3. In conclusione, il ricorso va rigettato. Nulla sulle spese in assenza delle controparti.

4. Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013) pari a quello – ove dovuto – per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 20012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 20 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 29 gennaio 2020

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