Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20138 del 03/10/2011

Cassazione civile sez. un., 03/10/2011, (ud. 08/02/2011, dep. 03/10/2011), n.20138

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE LUCA Michele – Primo Presidente f.f. –

Dott. PREDEN Roberto – Presidente di Sezione –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Consigliere –

Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere –

Dott. SALME’ Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

Dott. TIRELLI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 6481-2010 proposto da:

C.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FLAMINIA 71,

presso lo studio dell’avvocato ACETO ANTONIO, che la rappresenta e

difende, per delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

ALTO CALORE SERVIZI S.P.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 136/2008 del TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE

PUBBLICHE, depositata il 13/07/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/02/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE SALME’;

udito l’Avvocato Mario ACETO per delega dell’avvocato Antonio Aceto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CICCOLO Pasquale Paolo Maria che ha concluso per l’inammissibilità

o, in subordine, rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso del 23 settembre 1998 G.A. e C.R. hanno chiesto al tribunale regionale delle acque pubbliche di Napoli la condanna del Consorzio interprovinciale Alto Calore di Avellino al risarcimento dei danni derivanti dall’illegittima occupazione di parte di un fondo di sua proprietà per l’esecuzione di una condotta idrica interrata. Il Consorzio ha eccepito il difetto di legittimazione attiva del ricorrente, l’usucapione del diritto, la prescrizione del diritto azionato e, comunque, l’infondatezza della domanda.

Con sentenza del 29 marzo 2007 il t.r.a.p. ha rigettato la domanda e tale decisione è stata confermata dal tribunale superiore della acque pubbliche con sentenza del 3 luglio 2009 che ha affermato che:

a) si era maturato il periodo ventennale per il perfezionamento dell’usucapione il 4 settembre 1998, data anteriore a quella della proposizione della domanda, nulla di specifico in ordine a una diversa ed ulteriore attività dell’ente costruttore emerso dal piano particellare relativo ad opere effettuate nel 1981; b) trattandosi nella specie di servitù pubblica, nella quale non sussiste il rapporto tra fondo dominante e servente, il requisito dell’apparenza è irrilevante con la conseguenza che ben può maturarsi l’usucapione anche se fossero mancante opere visibili e permanenti; c) comunque il Consorzio nel posizionamento delle tubazioni non aveva interrato lo scavo, ma aveva visibilmente diviso il fondo in due parti per una lunghezza di 20 metri; d) il diritto risarcitorio si è estinto per essere stata la servitù di acquedotto acquistata per usucapione, prima della proposizione dell’atto introduttivo del presente giudizio, attesa anche la retroattività degli effetti dell’usucapione.

Avverso la sentenza del t.s.a.p. a C. ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, illustrati con memoria. La società Alto Calore Servizi s.p.a., succeduta al Consorzio, non ha svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, deducendo l’errata e falsa applicazione dell’art. 210 c.p.c. la ricorrente lamenta che, senza motivazione, sia stata rigettata la richiesta di ordine di esibizione della documentazione in possesso del Consorzio, dalla quale sarebbe emerso che ulteriori lavoro erano stati eseguiti nel 1981.

Con il secondo motivo la ricorrente deduce l’errata e falsa applicazione degli artt. 825, 1061 e 158 c.c. censurando la sentenza impugnata per avere ritenuto che nella specie si trattava di una servitù di uso pubblico per la cui usucapibilità non era necessario il requisito dell’apparenza in quanto le opere di cui si tratta sono di proprietà di una società privata, soddisfano quindi un interesse privato e pertanto non possono costituire una servitù di uso pubblico e, comunque, il requisito dell’apparenza è richiesto anche per l’usucapione delle servitù di tale natura.

Con il terzo motivo, la ricorrente deduce la violazione dell’art. 2043, in relazione agli artt. 1153 e 1061 c.c. sostenendo che l’acquisto della servitù per usucapione comporterebbe il diritto al mantenimento delle condotte ma non potrebbe escludere il diritto al risarcimento dei danni causati da un illecito di carattere permanente, nel limite dei cinque anni anteriori alla proposizione della domanda. Vengono infine aggiunte considerazioni relative all’entità del risarcimento dei danni che dovrebbe essere liquidato ex art. 384 c.p.c..

2. Il primo motivo è inammissibile.

li potere officioso del giudice di ordinare, ai sensi degli artt. 210 e 421 c.p.c., alla parte l’esibizione di documenti sufficientemente individuati, ha carattere discrezionale e il mancato esercizio da parte del giudice del relativo potere, anche se sollecitato, non è censurabile in sede di legittimità neppure se il giudice abbia omesso di motivare al riguardo.

Il secondo motivo, che investe l’argomentazione concorrente del t.s.a.p. relativa alla non necessità dell’apparenza per l’usucapibilità delle servitù di uso pubblico è infondato poichè le servitù di uso pubblico possono essere acquistate mediante il possesso protrattosi per il tempo necessario all’usucapione anche se manchino opere visibili e permanenti destinate al loro esercizio, essendo il requisito dell’apparenza prescritto dall’art. 1061 c.c. soltanto per le servitù prediali (Cass. n. 3024/2005, 4528/1998, 284/84, 428/1982).

Il terzo motivo è inammissibile perchè non censura specificamente la ratio decidendi costituita dall’affermazione che l’usucapione fa venir meno l’elemento costitutivo della fattispecie risarcitoria consistente nell’illiceità della condotta lesiva della situazione giuridica soggettiva dedotta non solo per il periodo successivo al decorso del termine ma anche per quello anteriore, in virtù della retroattività degli effetti dell’acquisto, stabilita per garantire, alla scadenza del termine necessario, la piena realizzazione dell’interesse all’adeguamento della situazione di fatto a quella di diritto (Cass. n. 19294/2006, 8792/2000, 3153/1998).

In conclusione il ricorso deve essere rigettato.

Nulla sulle spese non avendo l’intimata svolto attività difensiva.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle sezioni unite civili, il 8 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 3 ottobre 2011

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