Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20135 del 25/07/2019

Cassazione civile sez. trib., 25/07/2019, (ud. 18/06/2019, dep. 25/07/2019), n.20135

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Presidente –

Dott. CROLLA Cosmo – rel. Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. CIRESE Marina – Consigliere –

Dott. CAVALLARI Dario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 16083-2016 proposto da:

ALER MILANO AZIENDA LOMBARDA EDILIZIA RESIDENZIALE, in persona del

Direttore Generale, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DUE

MACELLI 66, presso la DLA PIPER STUDIO LEGALE, rappresentato e

difeso dagli avvocati GIUSEPPE FERRARA, ANTONIO TOMASSINI delega in

calce;

– ricorrenti –

contro

COMUNE ROZZANO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DI RIPETTA 142, presso lo studio

dell’avvocato GIUSEPPE FRANCO FERRARI, che lo rappresenta e difende

delega a margine;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 5555/2015 della COMM. TRIB. REG. di MILANO,

depositata il 21/12/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/06/2019 dal Consigliere Dott. COSMO CROLLA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

STANISLAO DE MATTEIS che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito per il controricorrente l’Avvocato FERRARI che ha chiesto il

rigetto.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. L’Azienda Lombarda Edilizia Residenziale (di seguito per brevità denominata semplicemente “ALER”) proponeva ricorso avverso l’avviso di accertamento n. (OMISSIS) dell’11.9.2013 emesso dal Comune di Rozzano della maggiore imposta Imu riferita all’annualità 2012 su n. 188 immobili per un importo di Euro 1.458.553 per imposta, Euro 437.566 per sanzioni ed Euro 56.682 per interessi.

2. La Commissione Tributaria Provinciale di Milano, in parziale accoglimento del ricorso, dichiarava non dovute le sanzioni e confermava la legittimità dell’accertamento relativamente all’imposta.

3. La sentenza veniva impugnata dalla contribuente e, in via incidentale, dal Comune; la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia rigettava l’appello principale e quello incidentale osservando, per quanto di interesse in questa sede: a) che l’ente impositore aveva sufficientemente indicato i presupposti di fatto e di diritto dell’avviso di accertamento; b) che non sussistevano i presupposti per il riconoscimento dell’invocata esenzione di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, lett. i); c) che gli immobili tassati non potevano essere equiparati ad abitazione principale e fruire della relativa esenzione in quanto il soggetto passivo era l’ALER e non le persone fisiche in favore delle quali le unità abitative erano state concesse in godimento; d) che il regolamento comunale era conforme alle disposizioni normative a loro volta immuni da qualsivoglia censura di incostituzionalità per violazione dell’art. 3 Cost.; e) che la corretta interpretazione del D.L. n. 201 del 2011, art. 13, portava ad escludere l’applicabilità della aliquota allo 0,38% invece che quella intera dello 0,76% non potendosi ritenere che la mancata devoluzione allo Stato di parte del gettito dell’imposta si traducesse nella corrispondente riduzione dell’aliquota che invece rimaneva invariata.

4. Avverso la sentenza della CTR ALER ha proposto ricorso per Cassazione sulla base di quattro motivi. Il Comune di Rozzano ha resistito depositando controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, della L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 162, della L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per non avere l’impugnata sentenza ritenuto privo di motivazione l’atto impositivo con riferimento all’inagibilità/inabitabilità di ogni singola unità immobiliare avuto riguardo al fatto che tale questione era stato oggetto di contraddittorio preventivo.

1.1 Con il secondo motivo si deduce l’erroneità della sentenza per violazione e falsa applicazione del D.L. n. 201 del 2011, art. 13, comma 1, D.Lgs. n. 23 del 2011, art. 9,D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, lett. i), alla luce del principio di coerenza interna dell’imposta e del divieto di ingiustificata disparità di trattamento di cui all’art. 3 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. In particolare la ricorrente, muovendo dalla natura reale e patrimoniale del tributo e dalla destinazione assistenziale degli immobili gestiti da ALER, rimprovera alla CTR, sulla scorta dei principi di coerenza interna del tributo e di eguaglianza sostanziale, di non aver sollevato la questione di costituzionalità del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, lett i), richiamato dal D.L. n. 201 del 2011, art. 13, e D.Lgs. n. 23 del 2001, art. 9, nella parte in cui discrimina l’applicabilità dell’esenzione riservata agli immobili destinati a funzioni assistenziali in ragione delle caratteristiche soggettive del contribuente (l’essere o meno ente con commerciale).

1.2 Con il terzo motivo la ricorrente lamenta erroneità della sentenza di appello per violazione e falsa applicazione del D.L. n. 201 del 2011, art. 13, comma 7, e art. 10, in relazione all’art. 3 Cost., ed al Reg. IMU n. 17 del 2012, art. 3, del Comune di Rozzano. Si argomenta che la diversificazione di trattamento tra gli immobili costituenti abitazione principale e quelli assegnati dagli enti di edilizia residenziale pubblica sarebbe priva di ragionevolezza ed incompatibile con il principio di coerenza interna dell’imposta trattandosi in entrambi i casi di immobili aventi la medesima destinazione oggettiva. La CTR avrebbe dovuto sollevare la questione di costituzionalità del D.L. n. 13 del 2011, art. 13, commi 7 e 10, per violazione del parametro costituzionale di cui all’art. 3 Cost., per non avere tali disposizioni equiparato, ai fini IMU, il trattamento degli immobili destinati ad abitazione principale, quale che ne sia il possessore, sia esso persona fisica, oppure l’ente di edilizia residenziale che concede in locazione il cespite affinchè sia destinato ad abitazione principale del conduttore.

1.3 Con il quarto motivo la ricorrente si duole dell’erroneità della sentenza per violazione o falsa applicazione del D.L. n. 201 del 2011, art. 13, e del Reg. comunale n. 17 del 2012, art. 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1 n. 3, in quanto, avendo il cit. D.L., art. 13, istituito due autonomi tributi, l’uno comunale, per il beneficio tratto dagli immobili siti nel territorio comunale dai servizi indivisibili prestati dal Comune, l’altro statale, corrispondente alla cosiddetta quota erariale ed avente natura patrimoniale, la mancata applicazione (disposta dalla legge) della quota erariale agli immobili di edilizia residenziale pubblica con l’aliquota di base ad essa propria (0,38%) avrebbe determinato l’illegittimità della disposizione regolamentare che dispone per il tributo comunale l’aliquota di base propria dell’IMU sperimentale (0,76%) comprensiva sia del tributo locale che statale.

2. Il primo motivo è infondato.

2.1 Secondo l’ormai costante orientamento giurisprudenziale, dal quale questo Collegio non ha motivo di discostarsi, “in tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), l’obbligo motivazionale dell’accertamento deve ritenersi adempiuto tutte le volte in cui il contribuente sia stato posto in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali e, quindi, di contestare efficacemente l”an” ed il “quantum” dell’imposta. In particolare, il requisito motivazionale esige, oltre alla puntualizzazione degli estremi soggettivi ed oggettivi della posizione creditoria dedotta, soltanto l’indicazione dei fatti astrattamente giustificativi di essa, che consentano di delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’ente impositore nell’eventuale successiva fase contenziosa, restando, poi, affidate al giudizio di impugnazione dell’atto le questioni riguardanti l’effettivo verificarsi dei fatti stessi e la loro idoneità a dare sostegno alla pretesa impositiva” (cfr. tra le tante Cass. 26431/20174952/2018).

2.2 Orbene è lo stesso ricorrente a dare atto che l’avviso di accertamento reca l’indicazione dei fatti giustificativi dell’imposizione fiscale e dei parametri per la determinazione del suo ammontare nonchè l’espresso riferimento all’insussistenza dei presupposti per il riconoscimento della riduzione del 50% dell’IMU per i fabbricati inagibili/inabitabili. La CTR nell’affermare, sulla base dell’esame dell’atto impositivo, che “l’amministrazione comunale ha chiaramente e sufficientemente individuato i presupposti di fatto e di diritto (richiamando la normativa applicabile nel caso concreto)” e che “…quanto articolato nell’atto impugnato in primo grado risulta sufficiente alle funzioni dell’obbligo di motivazione consentendo un’agevole interpretazione e comprensione del provvedimento, nonchè, – come avvenuto – permettendo al destinatario un effettivo controllo dell’operato dell’amministrazione, così da aprire a una piena tutela giurisdizionale”, ha fatto buon governo dei principi giurisprudenziali sopra esposti. Nè può ritenersi sussistente alcuna violazione del principio di leale collaborazione tra contribuente e pubblica amministrazione.

3. Il secondo motivo è manifestamente infondato.

3.1 La questione oggetto della censura è costituita dall’esenzione dal pagamento dell’imposta prevista dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, lett i), richiamato dal D.L. n. 201 del 2011, art. 13, e D.Lgs. n. 23 del 2001, art. 9.

3.2 Il cit. D.Lgs., art. 7, lett. i), nella versione modificata ad opera del D.L. n. 1 del 2012, art. 91 bis, convertita con L. n. 27 del 2012, applicabile ratione temporis all’annualità oggetto di causa, recita: “gli immobili utilizzati dai soggetti di cui al testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 87, comma 1, lett. c), e successive modificazioni, destinati esclusivamente allo svolgimento con modalità non commerciali di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonchè delle attività di cui alla L. 20 maggio 1985, n. 222, art. 16, lett. a)”.

3.2 Secondo il costante indirizzo giurisprudenziale (Cass. n. 15407/2017, 4333/2016, 2925/2013 e 5933/2013) in materia fiscale le norme che stabiliscono esenzioni o agevolazioni sono di stretta interpretazione ai sensi dell’art. 14 preleggi, sicchè non vi è spazio per ricorrere al criterio analogico o all’interpretazione estensiva della norma oltre i casi e le condizioni dalle stesse espressamente considerati. Sulla scorta di tale insegnamento questa Corte, anche a Sezioni Unite, ha ripetutamente affermato, con riferimento ad immobili gestiti da IACP che “in materia di ICI, l’esenzione di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. (i) – opera alla duplice condizione dell’utilizzazione diretta degli immobili da parte dell’ente possessore e dell’esclusiva loro destinazione ad attività peculiari che non siano produttive di reddito, escludendo che il beneficio possa spettare in caso di utilizzazione indiretta, pur se assistita da finalità di pubblico interesse” (cfr. tra le tante Cass. S.U. 28160/2008, 7385/2012, 2212014, 12313/2017).

3.3 Dal momento che le finalità di carattere sociali svolte per legge dagli enti di edilizia residenziale non valgono ad escludere che quella da loro svolta nel concedere in locazione le unità abitative a loro disposizione, sia pure ad un canone locativo moderato o convenzionato in quanto parametrato alla situazione economica dell’assegnatario, sia un’attività di carattere economico ai sensi di legge, correttamente il giudice di appello ha escluso l’applicabilità della invocata esenzione.

3.4 La ricorrente solleva anche in questa sede la questione di costituzionalità della normativa sull’IMU nella parte in cui non riconosce un trattamento esentivo per alloggi posseduti dagli gli enti di edilizia residenziale. Il parametro violato è individuato nell’art. 3 Cost; in particolare il sollevamento dall’onere fiscale troverebbe ragionevole fondamento in primo luogo nella asserita destinazione assistenziale degli immobili e in secondo luogo nella incongruenza tra il prelievo fiscale e la limitata disponibilità del cespite, sottoposto a tassazione, avuto riguardo alla imposizione di canoni calmierati.

3.5 Sul punto va precisato che il Giudice delle Leggi ha affrontato il problema in due occasioni, con le sentenze 12 aprile 1996, n. 113, e 2 aprile 1999, n. 119, dichiarando l’inammissibilità e l’infondatezza della questione.

3.6 Questo Collegio non può che ribadire quanto affermato dalle due pronunce sopra riportate e cioè che in materia delle esenzioni e delle riduzioni d’imposta il legislatore gode di ampia discrezionalità, il cui esercizio non è sindacabile se non per manifesta irragionevolezza o arbitrarietà che nella fattispecie non sussistono. Il D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7,prevede infatti, alle lett. a), e) e, f), l’esenzione di immobili posseduti da Enti pubblici o di proprietà di soggetti di diritto internazionale; e, alle lett. b), c), d), g), h), i), di immobili destinati ad attività peculiari che non siano produttive di lucro e di reddito. Entrambe queste categorie di immobili (e soggetti) presentano rilevanti differenze rispetto a quelli di proprietà degli Enti di edilizia residenziale, che (sia pure a canoni o prezzi predeterminati per legge) sono destinati istituzionalmente alla locazione o, alle condizioni predeterminate dalla legge, alla vendita. Attività, questa, assai diversa rispetto a quelle cui sono verosimilmente destinati gli altri immobili elencati nel D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, e che, contrariamente all’assunto di parte ricorrente, non può definirsi assistenziale. La strutturale diversità fra la destinazione degli immobili di proprietà degli IACP, e quella degli altri immobili previsti dall’art. 7, più volte richiamato rende non irragionevole l’opzione discrezionale del legislatore di non inserire gli enti di gestione del patrimonio edilizio residenziale nell’elenco di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7. Del resto le finalità sociali e di pubblico interesse assolte dai beni immobili posseduti dalla ALER hanno comunque una rilevanza fiscale. Gli enti di gestione degli immobili di edilizia residenziale godono di una riduzione d’imposta del 50% ai sensi del D.P.R. n. 504 del 1992, art. 8, comma 4.

4 Destituito di fondamento è il terzo motivo.

4.1 Ai sensi del D.L. n. 201 del 2011, art. 13, comma 2, istitutiva dell’IMU sperimentale “l’imposta municipale propria ha per presupposto il possesso di immobili di cui al D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2, ivi compresa l’abitazione principale e le pertinenze della stessa. Per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore dimora abitualmente e risiede anagraficamente”. Il successivo comma 7 stabilisce che “l’aliquota è ridotta allo 0,4 per cento per l’abitazione principale e per le relative pertinenze. I comuni possono modificare, in aumento o in diminuzione, la suddetta aliquota sino a 0,2 punti percentuali”.

4.2 Dal chiaro tenore della disposizione sopra indicata si evince che per poter usufruire dell’agevolazione è il soggetto passivo dell’imposta (proprietario, titolare di un diritto reale o concessionario) che si deve trovare ad utilizzare concretamente l’alloggio; tale situazione non ricorre nell’ipotesi in cui i beni immobili vengono concessi in godimento dalla ALER agli assegnatari delle unità immobiliari abitativa in quanto legittimato passivo dell’imposta è l’Ente possessore dell’immobile diverso dalla persona fisica locataria.

4.3 Essendo la norma sopra richiamata di natura agevolativa ogni possibilità di interpretazione in via analogica o estensiva è preclusa. E’ inoltre manifestamente infondata la questione di costituzionalità della norma così interpretata per incongrua disparità di trattamento operata dal legislatore tra gli immobili destinati ad uso abitativo di proprietà delle singole fisiche gli alloggi assegnati dalla ALER. La posizione degli enti gestori del patrimonio residenziale pubblico, in quanto persone giuridiche soggetti passivi dell’imposta patrimoniale che operano sul libero mercato con criteri di economicità, è del tutto eterogenea rispetto a quella non solo degli assegnatari degli alloggi, ma anche delle persone fisiche soggetti passivi del tributo titolari di diritti reali su unità immobiliari da loro direttamente adibite al soddisfacimento del bisogno primario abitativo proprio e della propria famiglia, con la conseguenza che una disciplina differenziata di tali ipotesi non è irragionevole e rientra nella discrezionalità del legislatore (cfr. Corte Cost. ord. 21472011 Tar Lombardia, Brescia, Sez. I, 7 novembre 2013, n. 945; Tar Liguria, Sez. II, 22 maggio 2013, n. 992).

5. Il quarto motivo è infondato.

5.1 L’imposta municipale propria (IMU), istituita con il D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23, avrebbe dovuto essere applicata a decorrere dal 2014, in sostituzione dell’IRPEF, delle relative addizionali e dell’ICI. Pur tuttavia, la necessità di reperire ulteriori risorse per la finanza pubblica ha indotto il legislatore con il D.L. n. 6 dicembre 2011, n. 201, art. 13, (recante “disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici”) ad anticipare l’introduzione di tale imposta, in via sperimentale, a decorrere dal 2012 ed a posticipare l’introduzione dell’imposta a regime a decorrere dal 2015. In particolare, tale articolo – nel testo in vigore alla data di adozione dell’atto impugnato – prevede ai commi 6 e 7, che “L’aliquota di base dell’imposta è pari allo 0,76 per cento. I comuni con deliberazione del consiglio comunale, adottata ai sensi del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 52, possono modificare, in aumento o in diminuzione, l’aliquota di base sino a 0,3 punti percentuali. L’aliquota è ridotta allo 0,4 per cento per l’abitazione principale e per le relative pertinenze. I comuni possono modificare, in aumento o in diminuzione, la suddetta aliquota sino a 0,2 punti percentuali” Ai sensi del successivo comma 11″. Dall’imposta dovuta per l’unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo e per le relative pertinenze, si detraggono, fino a concorrenza del suo ammontare, Euro 200 rapportati al periodo dell’anno durante il quale si protrae tale destinazione; se l’unità immobiliare è adibita ad abitazione principale da più soggetti passivi, la detrazione spetta a ciascuno di essi proporzionalmente alla quota per la quale la destinazione medesima si verifica.”. Lo stesso comma ha, inoltre, previsto che tale detrazione si applica anche “alle unità immobiliari di cui al D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 8, comma 4,” (cioè “agli alloggi regolarmente assegnati dagli Istituti autonomi per le case popolari”) e che “per tali fattispecie non si applica la riserva della quota di imposta prevista dal comma 11, a favore dello Stato”. Tale comma 11, ha riservato allo Stato “la quota di imposta pari alla metà dell’importo calcolato applicando alla base imponibile di tutti gli immobili, ad eccezione dell’abitazione principale e delle relative pertinenze”.

5.2 L’interpretazione fornita dal ricorrente del combinato disposto delle disposizioni passate in rassegna secondo la quale la rinuncia da parte dello Stato alla propria quota di imposta relativamente a tali alloggi deve intendersi effettuata a favore dell’ATER e non del Comune non può essere condivisa. L’esame del testo normativo non autorizza infatti a ritenere che la quota non più riservata allo Stato sia devoluta a favore degli enti che operano nel settore dell’edilizia residenziale pubblica assoggettandoli alla sola “aliquota comunale dello 0.38%”.

5.3 Il legislatore si è limitato a prevedere la non applicazione della quota di imposta riservata a favore dello Stato senza disporre che essa non sia dovuta (come invece il legislatore ha fatto in altri casi: cfr. il cit. art. 13, che al comma 11, ha disposto che non è dovuta la quota di imposta dovuta allo Stato per gli immobili dei Comuni nei propri territori, ovvero laddove ha espressamente ridotto l’aliquota base, come nel caso dell’abitazione principale e per i fabbricati rurali ad uso strumentale in agricoltura).

5.4 La tesi della ricorrente è, inoltre, smentita dal Ministero dell’Economia e delle Finanze che ha avuto modo di chiarire, con la nota 15 giugno 2012, n. 12507, rispondendo a specifico quesito formulato al riguardo: “dalla lettura sistematica delle norme in questione emerge che il legislatore, attraverso la previsione della rinuncia da parte dello Stato alla propria quota IMU, ha inteso destinare al Comune tutto il gettito del tributo, non più decurtato della quota statale, e non ridurre dallo 0,76 per mille allo 0,38 l’aliquota base applicabile agli immobili in questione”. Negli stessi termini si è espresso il Ministero con la nota prot. n. (OMISSIS) in cui è stata data risposta al quesito rivolto sul punto dal Comune resistente. Privo di apprezzabile apporto interpretativo, contrariamente a quanto ipotizzato dalla ricorrente, è l’ordine del giorno n. (OMISSIS), con il quale il Senato ha invitato il Governo ad interpretare “con appositi atti di natura secondaria” la normativa in questione nel senso che la rinuncia era stata effettuata a favore degli enti di edilizia residenziale pubblica, in quanto tale richiesta non ha avuto alcun seguito e non sono stati mai assunti i richiesti “atti di natura secondaria”. Va, infine, segnalato il costante orientamento della giurisprudenza amministrativa (cfr. TAR Veneto, sent. n. 34, 35, 36/2014, TAR Abruzzo, sent. n. 434/2013, TAR Liguria, sent. n. 992/2013) secondo cui, nell’escludere la devoluzione a favore dell’ATER e non del Comune della quota di imposta oggetto di rinuncia da parte dello Stato, il legislatore ha semplicemente inteso favorire in via indiretta la fissazione da parte dei Comuni, compatibilmente con le esigenze di bilancio, di un’aliquota meno onerosa nei confronti di tali alloggi; per cui, solo ove la situazione finanzia del Comune lo avesse consentito, avrebbe potuto prevedersi anche per tali alloggi un’aliquota inferiore all’aliquota base.

5.5 La fissazione da parte della Giunta dell’aliquota nella misura dello 0,79% è quindi pienamente legittima in quanto rientra nel parametro (0.46% e 1,06%) previsto dalla legge ed è conforme alle norme regolamentari.

6. Conclusivamente il ricorso va rigettato.

7. Sussistono giusti motivi, in considerazione dell’assenza di precedenti di questa Corte sulla questione della quota di tributo oggetto di rinuncia da parte dello Stato, per compensare interamente tra le parti le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese del presente giudizio.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1- bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 18 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 25 luglio 2019

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