Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20135 del 23/09/2010

Cassazione civile sez. I, 23/09/2010, (ud. 15/07/2010, dep. 23/09/2010), n.20135

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

X.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G. PITACCO

7, presso lo studio dell’avvocato MATTA BARBARA (presso lo Studio

dell’Avvocato Ventrella), rappresentato e difeso dagli avvocati

ANGELICCHIO FRANCESCA, SILVESTRI ALESSANDRO, giusta procura a margine

del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende, ope

legis;

– controricorrente –

avverso il decreto R.G. 19/09 della CORTE D’APPELLO di GENOVA del

13.3.09, depositato il 28/03/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/07/2010 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO DIDONE;

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. CARLO

DESTRO.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

1.- La relazione depositata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. è del seguente tenore: “1.- X.S. ha proposto ricorso per cassazione – affidato a tre motivi – contro il decreto della Corte di appello di Genova del 28.3.2009 con il quale, in riforma del provvedimento positivo del Tribunale di La Spezia, è stato respinto il suo ricorso contro il diniego del Questore di rilascio del permesso di soggiorno per motivi familiari D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 30, comma 1, lett. b).

Resiste con controricorso il Ministero dell’Interno.

2.- Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione ed erronea applicazione ed interpretazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, artt. 19 e 30 T.U.I. e formula il seguente quesito ex art. 366 bis c.p.c.: se il requisito della convivenza richiesto dal D.Lgs. n. 286 del 1998, artt. 19 e 30 debba essere interpretato alla luce di quanto disposto dagli artt. 143 e seguenti in tema di diritti e doveri reciproci dei coniugi e, conseguentemente, debba ritenersi ammissibile e compatibile con la permanenza dell’unione coniugale una sospensione della coabitazione fra i coniugi. Si chiede, quindi, se la sospensione giustificata da motivi lavorativi e temporanea della coabitazione possa far venir meno il diritto del coniuge extracomunitario a permanere legittimamente sul territorio Nazionale munito di permesso di soggiorno per motivi familiari.

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia omessa ed insufficiente motivazione circa la sussistenza della comunione materiale e spirituale tra i coniugi X. e G..

Con il terzo motivo il ricorrente denuncia nullità del procedimento per omessa trasmissione alla Corte di Appello del fascicolo relativo al primo grado di giudizio.

3. – Il secondo e il terzo motivo appaiono manifestamente inammissibili per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., mancando in un caso la sintesi conclusiva e nell’altro il quesito di diritto. Si tratta, comunque, di censure manifestamente infondate non essendo prevista a pena di nullità la mancata trasmissione del fascicolo mentre la censura relativa alla motivazione attinge nel merito la decisione della Corte di appello, adeguatamente giustificata quanto all’esclusione dell’effettiva convivenza, posto che dalle stesse dichiarazioni della G., rese nel febbraio 2008, il giudice del merito ha tratto il convincimento della cessazione della convivenza stessa pochi mesi dopo la celebrazione del matrimonio, senza prospettiva di ripresa, essendo la predetta intenzionata a risiedere in (OMISSIS).

La decisione impugnata, dunque, ha correttamente applicato il principio per il quale il matrimonio contratto con un italiano non attribuisce senz’altro allo straniero il diritto di ottenere il permesso di soggiorno, ma è necessario l’ulteriore presupposto della convivenza con il coniuge, e ciò anche ai sensi dell’originaria formulazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 30 (antecedente, cioè, all’introduzione, con la L. 30 luglio 2002, n. 198, art. 29 comma 1 bis, che impone la revoca del permesso ove si accerti che al matrimonio non è seguita l’effettiva convivenza), come si ricava dal sistema e dall’esigenza di evitare matrimoni solo formali, strumentali ad ottenere il permesso di soggiorno, nonchè dal fatto che il D.P.R. 31 agosto 1999, n. 394, art. 28, lett. b, (Regolamento di attuazione del T.u. approvato con il D.Lgs. cit.) prevede che il permesso di soggiorno in favore degli stranieri dei quali è vietata l’espulsione a causa del matrimonio con cittadino italiano possa essere rilasciato purchè sussistano i requisiti di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 19, lett. c), e quindi solo in quanto lo straniero conviva con il coniuge. L’onere della prova del presupposto della convivenza – la quale, nel sistema del T.U., non è presumibile in base all’esistenza del mero matrimonio, nè è rilevabile dalle mere risultanze anagrafiche – grava sullo straniero (Sez. 1, Sentenza n. 2539 del 08/02/2005).

Il ricorso, dunque, può essere deciso in camera di consiglio”.

2.- Il Collegio condivide le conclusioni della relazione e le argomentazioni sulle quali esse si fondano e che conducono al rigetto del ricorso.

Le spese processuali del giudizio di legittimità – liquidate in dispositivo – vanno poste a carico del ricorrente.

PQM

LA CORTE rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare all’Amministrazione resistente le spese del giudizio di legittimità, spese che liquida in complessivi Euro 900,00 oltre le spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 luglio 2010.

Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2010

 

 

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