Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20133 del 17/08/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 17/08/2017, (ud. 03/05/2017, dep.17/08/2017),  n. 20133

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14514-2014 proposto da:

M.V., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

DELLE TRE MADONNE 8, presso lo studio dell’avvocato SARA PARISI,

rappresentato e difeso dall’avvocato SEVERINO NAPPI, giusta delega

in atti;

– ricorrente –

contro

CREDEM CREDITO EMILIANO S.P.A., P.IVA (OMISSIS), in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, PIAZZA DEL POPOLO 18, presso lo studio dell’avvocato NUNZIO

RIZZO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIGLIOLA

IOTTI, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6313/2013 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 04/03/2014, R. G. N. 3894/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/05/2017 dal Consigliere Dott. GUGLIELMO CINQUE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato GIGLIOLA IOTTI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. M.V. ha convenuto in giudizio, innanzi al Tribunale di Napoli, la Istiservice spa e la Credem spa per ottenere la declaratoria di nullità della cessione dalla seconda alla prima società del ramo di azienda inglobante l’ufficio cui egli era addetto, con conseguente nullità del trasferimento del proprio rapporto di lavoro e reintegra alle dipendenze di Credem spa.

2. Rigettata la domanda e proposto appello dal lavoratore, quest’ultimo e l’appellata Istiservice spa davano atto di avere conciliato la controversia in sede sindacale. Avendo Credem spa affermato di fare propria la conciliazione la Corte di appello di Napoli, con la sentenza n. 1832/2010, ha dichiarato cessata la materia del contendere tra M.V. e Istiservice spa e ha rigettato l’impugnazione dei confronti di Credem spa per sopravenuta carenza di interesse.

3. A seguito di ricorso per cassazione del M., la Suprema Corte – con ordinanza n. 2040/2012 – ha cassato l’impugnata sentenza, rinviando alla Corte di appello di Napoli per un nuovo esame dell’appello e per una più congrua valutazione del verbale di conciliazione, in quanto ha rilevato che il giudice del merito, nel considerare che il lavoratore con il suo comportamento avrebbe legittimato la cessione del contratto di lavoro perdendo ogni ulteriore interesse alla controversia, era pervenuto ad una conclusione del tutto incoerente con l’evidente significato della suddetta dichiarazione negoziale resa dal lavoratore circa la continuazione del giudizio nei confronti della cedente.

4. La Corte di appello di Napoli, con la sentenza n. 6313/2013, pronunciando in sede di rinvio, ha rigettato l’appello riassunto con ricorso depositato il 10.5.2012, confermando la sentenza del tribunale di 1^ grado.

5. A fondamento della propria decisione i giudici di seconde cure hanno rilevato che: 1) dalla interpretazione dell’atto di conciliazione avvenuto tra il lavoratore e la Istiservice spa, sia in fatto che in diritto, avendo riguardo al comportamento del lavoratore, doveva ritenersi manifestato il consenso alla cessione del contratto per trasferimento aziendale laddove, poi, l’espressa riserva di proseguire in sede di appello la domanda contro la cedente Credem spa era, però, incompatibile con il rilevato espresso consenso, in considerazione della dichiarata, ammessa e retribuita cessione-continuazione del rapporto, anche per tutto il maturato TFR spettante; 2) l’attività svolta dalle due divisioni cedute (ARI e TRA) erano indispensabili al funzionamento di altri uffici della Banca costituendone una attività di supporto; 3) si trattava di ramo valutabile sotto il profilo economico-patrimoniale aziendale e la fattispecie rientrava nel novellato art. 2112 c.c., comma 5 che, a differenza della precedente formulazione, non prevedeva più il requisito della preesistenza del ramo di azienda ben potendo questo essere identificato al omento del trasferimento; 4) ad ogni modo, a prescindere da ciò, le attività cedute nel loro complesso erano idonee a tradursi in un servizio ben individuabile, definibile come una articolazione autonoma anche in un momento anteriore al trasferimento ed era irrilevante tanto l’argomentazione che il ramo ceduto non producesse reddito, perchè non previsto dalla legge e perchè tale capacità avrebbe potuto essere acquisita anche e solo per effetto della vicenda traslativa, quanto che, sotto il profilo del corrispettivo, fosse stato valutato negativamente, poichè un valore della cessione comunque era desumibile avendo riguardo al debito ceduto verso gli ex dipendenti costituito dall’accantonamento del TFR a tale titolo da parte di Credem spa fino alla data di efficacia della cessione, posto contabilmente in compensazione dell’importo dovuto da Istiservice spa (euro 348.572) pari al valore del complesso dei beni ceduti, all’accollo dei debiti del ramo ceduto da parte della cessionaria, nonchè dalle finalità sottese all’operazione economica; 5) la manualità ovvero la non complessità degli incarichi espletati non costituivano un evidente indice di assenza del cd. know-how, legittimante il trasferimento di un gruppo di lavoratori.

6. La Corte distrettuale ha concluso, dunque, nel senso di ritenere che l’intervenuta conciliazione comportava il venir meno dei presupposti per continuare l’azione nei confronti di Credem spa da parte del M. e per la legittimità del trasferimento di azienda.

7. Per la cassazione propone ricorso M.V. affidato a sei motivi.

8. Resiste con controricorso il Credito Emiliano spa illustrato con memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente denunzia la violazione dei canoni legali di ermeneutica (artt. 1362 e 1363 c.c.) nonchè la violazione degli artt. 1372,2112,2126 e 2113 c.c. per avere erroneamente la Corte distrettuale desunto dal testo transattivo, ed in particolare dalla prosecuzione del rapporto i lavoro con la Istiservice spa, dall’accettazione del TFR e dal recesso intimatogli dalla cessionaria, l’esistenza di una volontà del lavoratore di accettare pure l’intervenuta cessione del ramo aziendale, di accettare, cioè, il passaggio definitivo alla Istiservice spa al punto di non poterlo più contestare.

2. Con il secondo motivo M.V. lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2112,1406,2113,2120 e 2126 c.c., artt. 100 e 112 c.p.c. nonchè la violazione della L. n. 604 del 1966, art. 2 e L. n. 223 del 1991, art. 24 per non avere i giudici di merito considerato che il passaggio automatico del lavoratore ceduto alla società cessionaria e la cessazione del rapporto di lavoro intercorso con il cessionario non precludono nè sono incompatibili con la volontà di proseguire la causa nei confronti della Credem spa per accertare l’illegittimità della cessione del ramo di azienda per violazione dell’art. 2112 c.c. e la perdurante esistenza di un rapporto con quest’ultima e che la percezione del TFR per l’intero periodo non risultava dal testo dell’accordo e, comunque, era una circostanza priva di concludenza circa la rinunzia dell’azione nei confronti di Credem spa.

3. Con il terzo motivo il lavoratore si duole della violazione e falsa applicazione dell’art. 2112 cc, anche in relazione alla Direttiva n. 98/50/CE e alla Direttiva n. 23/2001/CE (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) nonchè la violazione dell’art. 1406 c.c. per avere la Corte territoriale amale interpretato la nozione di ramo di azienda, offrendo una interpretazione meramente letterale e non alla luce dei principi comunitari poichè, a differenza di quanto ritenuto, la disposizione in esame non attribuisce al cedente e al cessionario un potere “creativo” e “costitutivo” di un ramo aziendale, attraverso la esternalizzazione di servizi diversi e non coordinati tra loro, privi di autonomia funzionale ma unificati solo dalla volontà dell’imprenditore in occasione del trasferimento.

4. Con il quarto motivo si eccepisce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2967 c.c. per avere la Corte di appello desunto, in via del tutto astratta, gli elementi qualificanti l’autonomia funzionale del ramo ceduto dalle clausole di cessione del contratto senza tenere conto che incombeva alla società l’onere della prova sulla sussistenza di detti elementi.

5. Con il quinto motivo il ricorrente lamenta l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360 c.p.c., n. 5) per non essere stata verificata l’esatta individuazione della porzione ceduta dalla Credem spa che non era, come valutato dalla Corte distrettuale, una articolazione funzionalmente autonoma come imposto dall’art. 2112 c.c., ma solo una serie di attività, racchiuse in due diversi uffici, deliberatamente e discrezionalmente accorpate.

6. Con il sesto motivo si denunzia la violazione dei canoni di ermeneutica contrattuale (artt. 1362 e 1363 c.c.) da parte dei giudici di secondo grado per essere stato affermato che le attività cedute nel loro complesso erano di per sè idonee a tradursi in un servizio ben individuato definibile come una articolazione con funzione autonoma.

7. Il ricorso, nonostante la fondatezza di alcuni motivi, non può essere accolto.

8. La gravata sentenza, infatti, è fondata su tre autonome rationes decidendi, ciascuna idonea a sorreggere la decisione per cui in relazione a ciascuna di esse vanno valutate le censure mosse dal M..

9. I primi due motivi, che per la loro connessione possono essere esaminati congiuntamente, sono meritevoli di accoglimento.

10. Questa Corte (Cass. 3.7.2012 n. 15657) ha precisato, con argomentazioni cui si intende dare seguito, proprio con riferimento ad analoga conciliazione intercorsa da altro dipendente e la Istiservice spa, che non si può non dare conto di quella clausola dell’accordo transattivo in cui vi era una espressa riserva di proseguire il giudizio contro Credem spa e ciò per non incorrere in una violazione dei canoni di ermeneutica del contratto, non potendosi interpretare le clausole di un contratto se non complessivamente. Ed è stato evidenziato che, ove mai ravvisabili, eventuali ritenute intime contraddizioni dell’atto transattivo, queste vanno pur sempre risolte in via interpretativa al suo interno, senza interventi correttivi che sostanzialmente finiscano con il porre nel nulla altre clausole pur contenute nello stesso testo contrattuale.

11. Nel caso in esame, il senso letterale dell’accordo era chiaro nel senso che la conciliazione riguardava unicamente la Istiservice spa cui non aveva partecipato la Credem spa e non vi era mai stata accettazione espressa, da parte del lavoratore, della cessione del ramo di azienda nè una chiara manifestazione di volontà del titolare di abdicare ai diritti propri nei confronti della citata Credem spa.

12. Nè può, infine, ipotizzarsi una problema di incompatibilità tra un futuro eventuale giudicato tra il M. e la Credem spa, da un lato, e la transazione stipulata con Istiservice spa, dal’altro, perchè si tratterebbe di atti aventi natura diversa, intercorso con soggetti non coincidenti e muniti di distinte sfere di operatività (l’un disciplinata dall’art. 2909 c.c. e l’altra dall’art. 1372 c.c.) quanto ai relativi effetti giuridici non sovrapponibili tra loro (cfr. in motivazione sempre Cass. 3.7.2012 n. 15657).

13. Il terzo motivo è, altresì, fondato.

14. Non è condivisibile, infatti, l’affermazione contenuta nella gravata sentenza, in ordine al fatto che l’autonomia funzionale del ramo di azienda, a seguito della nuova formulazione dell’art. 2112 c.c. (come riformulato dal D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276) non deve necessariamente preesistere al momento del trasferimento, ben potendo essere legittimamente individuato dai medesimi contraenti al momento della cessione.

15. La giurisprudenza di questa Corte è ormai orientata nel ritenere operante il principio secondo cui per “ramo di azienda”, ai sensi dell’art. 2112 c.c., deve intendersi ogni entità economicamente organizzata la quale, in occasione del trasferimento, conservi la sua identità presupponendo ciò comunque una preesistente entità produttiva funzionalmente autonoma e non anche una struttura produttiva creata ad hoc in occasione del trasferimento o come tale unicamente identificata dalle parti nel negozio traslativo (cfr. Cass 15.4.2014 n. 8757; Cass. 4.12.2012 n. 21711).

16. Nè a diverse conclusioni può indurre la sentenza 6.3.2014 della Corte di Giustizia C-458/12 (Amadori ed altri) perchè detta pronuncia va letta non nel senso che non occorre, ai fini di cui trattasi, il requisito della preesistenza, ma che è consentito agli stati membri prevedere una norma che estenda l’obbligo di mantenimento dei diritti dei lavoratori trasferiti anche in caso di non preesistenza del ramo di azienda. Del resto, nella stessa sentenza si ribadisce che, ai fini dell’applicazione della direttiva 2001/23, l’entità economica in questione deve in particolare, anteriormente al trasferimento, godere di una autonomia funzionale sufficiente (Cass. 12.6.2014 n. 17901).

17. Gli ultimi tre motivi, anche essi da scrutinare congiuntamente per reciproca connessione, non sono invece fondati.

18. Essi riguardano la terza ratio decidendi della gravata sentenza e, cioè, quella relativa alla circostanza che le attività cedute nel loro complesso (gestione della logistica, trasporti, forze lavoro, strumenti e beni) fossero di per sè idonee a tradursi in un servizio ben individuato, definibile come un’articolazione con funzione autonoma (peraltro tale anche in un momento anteriore al trasferimento) nell’ambito dell’attività economica di impresa bancaria.

19. Al riguardo i giudici di seconde cure, a dimostrazione di tale assunto, hanno rilevato che: a) l’allegato B al contratto, contenente l’elenco e la valutazione economica dei beni mobili, delle immobilizzazioni, delle attrezzature e degli impianti, dava conto altresì dello svariato complesso di beni e strumentazioni necessari nell’espletamento delle attività di supporto cedute; b) il prezzo della cessione esisteva ed era reale, seppure espresso con un valore negativo risultante dalla matematica differenza tra attivo e passivo, quest’ultimo quasi interamente costituito dal TFR dei lavoratori ceduti; c) vi era stato l’accollo, da parte di Istiservice spa, dei debiti del ramo ceduto; d) la Credem spa aveva inteso esternalizzare un servizio complesso, peraltro in fase di sviluppo, per il crescente bisogno di attività di archiviazione, ricerca e trasporto, affidato, con contratto di durata decennale, ad un soggetto che si occupava solo di questo; e) il corrispettivo dl conferimento delle due Divisioni (comprensive di risorse umane, mezzi, contratti, beni, assunzione di oneri) non era dato unicamente dal prezzo negativo ma dal complesso dei vantaggi perseguiti con l’alienazione dell’articolazione aziendale, da un lato, e, dall’altro, dall’acquisizione di un ramo aziendale in grado di fornire il servizio richiesto, oggetto di un contestuale contratto di appalto decennale del valore di svariati milioni di dollari.

20. E tale valutazione è stata effettuata sulla base della documentazione prodotta da Credem spa senza, pertanto, incorrere in alcuna violazione dell’onere della prova che incombe appunto sulla cedente circa la regolarità dell’operazione concretante un trasferimento di ramo di azienda (Cass. 8.3.2016 n. 4500; Cass. n. 206/2001).

21. Orbene, la Corte territoriale ha rilevato che, nella fattispecie sottoposta al suo vaglio, era stata fornita la prova idonea a ritenere che nella specie fosse stata trasferita un’attività organizzata “funzionalmente autonoma” con una valutazione di merito che, in quanto espressa con motivazione sufficiente e non contraddittoria, sfugge al sindacato di legittimità (cfr. tra le altre Cass. n. 24262/2013; Cass. n. 20422/2012), avendo fatto corretta applicazione del principio regolante il caso concreto stabilito dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass. 20.5.2016 n.10542).

22. Le censure sulla ricostruzione fattuale si traducono, quindi, nella richiesta di riesame dell’intero materiale probatorio, che risulta inammissibile, tanto più considerando, la nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, introdotta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, applicabile ratione temporis, che ha ridotto al “minimo costituzionale” il sindacato di legittimità sulla motivazione nel senso chiarito dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 8053 del 2014.

23. Alla stregua di quanto esposto il ricorso deve essere rigettato.

24. La fondatezza di alcune censure di parte ricorrente e le molteplici componenti di complessità della vicenda esaminata, desumibili dallo sviluppo in fatto e in diritto dell’intera fattispecie processuale, inducono a compensare tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

25. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, deve poi provvedersi, ricorrendone i presupposti, come da dispositivo.

PQM

 

rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di legittimità. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 3 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 17 agosto 2017

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