Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20132 del 24/09/2020

Cassazione civile sez. VI, 24/09/2020, (ud. 08/09/2020, dep. 24/09/2020), n.20132

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18175-2019 proposto da:

F.N., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GRANITO DI

BELMONTE 19, presso lo studio dell’avvocato ALDO PIRAS, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 8610/7/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del LAZIO, depositata il 06/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’08/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CAPRIOLI

MAURA.

 

Fatto

Ritenuto che:

F.N. ricorre per la cassazione della sentenza della CTR del Lazio, n. 8610/7/18 dep. 6/12/18, che ne ha accolto l’appello dell’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della CTP di Roma che aveva annullato l’avviso di liquidazione dell’imposta di successione ritenendo che il contribuente avesse diritto alle agevolazioni della prima casa di cui godevano i genitori sull’immobile caduto in successione pur non essendo egli in possesso dei requisiti richiesti per fruire di detta agevolazione.

Il giudice di appello rilevava sulla base del tenore letterale della disposizione di cui alla L. n. 342 del 2000, art. 69, comma 4, che l’interessato deve possedere i requisiti.

Sottolineava infatti che la dichiarazione deve essere resa dal coerede titolare dei requisiti per godere dell’estensione del beneficio previsto per l’acquisto di immobile come prima casa di cui godeva il defunto ancorchè gli altri coeredi abbiano già in precedenza usufruito di tale beneficio e che la mancanza di tale di dichiarazione non costituisce un errore formale come sostenuto dalla parte appellata ma una violazione di legge connessa al principio in virtù del quale chi ha già goduto di una agevolazione fiscale non può più goderne.

Avverso tale sentenza il contribuente propone ricorso per cassazione affidato a due motivi illustrati da memoria cui resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.

Diritto

Considerato che:

Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 342 del 2000, art. 69, commi 1 e 3, in combinato disposto della L. n. 212 del 2000, art. 10, e successive modificazioni e con la L. n. 241 del 1990, art. 18, commi 2 e 3 -contraddittorietà della motivazione e/o illogicità e/o insufficienza della motivazione su di un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5).

Lamenta, in particolare, che la CTR avrebbe frainteso la portata sostanziale delle norme in questione e non considerato che, come specificato nel ricorso, l’immobile, oggetto della dichiarazione di successione, era in comunione dei suoi genitori e da questi destinato alla loro prima casa, utilizzo che era stato mantenuto dal padre, F.D., suo coerede e già proprietario del restante 50%.

Osserva pertanto che, una volta chiarito che quest’ultimo aveva diritto all’agevolazione fiscale in quanto in possesso dei requisiti di legge, l’Amministrazione avrebbe dovuto riconoscere il beneficio a prescindere dalla sottoscrizione da parte del beneficiario della dichiarazione sostitutiva.

Sostiene che l’Ufficio, venuto a conoscenza della reale situazione già nella fase di Mediazione obbligatoria, avrebbe potuto effettuare i necessari controlli tra i dati in suo possesso nonchè trovare adeguata conferma dei fatti descritti dal contribuente anche in forza del principio dell’affidamento.

Con il secondo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione degli art. 115,167 e 345 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Sostiene che la CTR non avrebbe rilevato la mancata contestazione da parte dell’Amministrazione in merito all’utilizzo dell’immobile per la quota del 50% della successione de qua ad opera del coerede F.D. che non aveva in precedenza mai beneficiato di agevolazioni della prima casa

Osserva infatti che l’Ufficio avrebbe fondato la sua impugnazione sulla restrittiva lettura della L. n. 342 del 2000, art. 60, comma 3, senza chiedere, in violazione dell’art. 342 c.p.c., la modifica della decisione di primo grado nella parte in cui aveva affermato che nel caso di specie il beneficiario è il coniuge superstite e che grazie a questa statuizione il beneficio su cui si verte per la L. n. 342 del 2000, art. 69, comma 3, era esteso a tutti i coeredi non ostandovi la circostanza fattuale che la dichiarazione di successione fosse stata resa da uno dei beneficiari che già aveva fruito della medesima agevolazione.

Lamenta pertanto che la CTR aveva omesso di rilevare e dichiarare l’inammissibilità dell’appello agenziale per difetto di specificità dei motivi di impugnazione.

Per ragioni di priorità logico giuridica va esaminato il secondo motivo di ricorso. Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza.

Giova ricordare che “Il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione che trova la propria ragion d’essere nella necessità di consentire al giudice di legittimità di valutare la fondatezza del motivo senza dover procedere all’esame dei fascicoli di ufficio o di parte – vale anche in relazione ai motivi di appello rispetto ai quali si denuncino errori da parte del giudice di merito; ne consegue che, ove il ricorrente denunci la violazione e falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c. conseguente alla mancata declaratoria di nullità dell’atto di appello per genericità dei motivi, deve riportare nel ricorso, nel loro impianto specifico, i predetti motivi formulati dalla controparte” (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 86 del 10/01/2012, cfr. ex plurimis 2020 nr 2407; Cass. Sez. U. 03/11/2011, n. 22726; Cass. Sez. U. 22/05/2012, n. 8077; Cass. n. 5148 del 2003; n. 20405 del 2006; n. 21621 del 2007).

Occorre al riguardo rammentare che, come costantemente affermato nella giurisprudenza di questa Corte, anche in ipotesi di denuncia di un error in procedendo, l’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità, presuppone, comunque, l’ammissibilità del motivo di censura, cosicchè il ricorrente è tenuto – in ossequio al principio di specificità ed autosufficienza del ricorso, che deve consentire al giudice di legittimità di effettuare, senza compiere generali verifiche degli atti, il controllo demandatogli del corretto svolgersi dell’iter processuale – non solo ad enunciare le norme processuali violate, ma anche a specificare le ragioni della violazione, in coerenza a quanto prescritto dal dettato normativo, secondo l’interpretazione da lui prospettata.

Non essendo riportati i motivi d’appello, se non per stralcio, non è possibile apprezzare le ragioni per le quali essi, diversamente da quanto ritenuto dal giudice a quo, dovrebbero ritenersi in realtà, come afferma apoditticamente il ricorrente, irrispettosi dei requisiti dettati dall’art. 342 c.p.c..

Parimenti inammissibile deve ritenersi il primo motivo del ricorso.

la censura sembra prospettare contemporaneamente un vizio di violazione di legge ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 (per avere la CTR erroneamente applicato la L. n. 342 del 2000, art. 69, commi 1 e 3, stante il diritto all’agevolazione del padre del contribuente che, ai sensi delle norme citate, rendeva insussistente il presupposto di applicazione dell’imposta in capo all’intestatario) ed il vizio di omesso esame ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (per non avere considerato, nè pronunciato, in ordine alla dedotta esistenza del diritto all’agevolazione in capo al padre del contribuente, al di là della mancata sottoscrizione del modulo per il beneficio della ” prima casa” da parte del fruitore dell’agevolazione).

Così formulato, tuttavia, il motivo risulta inammissibile, poichè si risolve in una mescolanza e sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, i quali si risolvono in una non consentita prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quello della violazione di norme di diritto, che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma, e del vizio di motivazione, che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione.

Infatti, l’esposizione diretta e cumulativa delle questioni concernenti l’apprezzamento delle risultanze acquisite al processo e il merito della causa mira a rimettere al giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili, onde ricondurle ad uno dei mezzi d’impugnazione enunciati dall’art. 360 c.p.c., per poi ricercare quale o quali disposizioni sarebbero utilizzabili allo scopo, così attribuendo, inammissibilmente, al giudice di legittimità il compito di dare forma e contenuto giuridici alle lagnanze del ricorrente, al fine di decidere successivamente su di esse (Cass., sez. 1, 23/10/2018, n. 26874, Rv. 651324 – 01).

Di qui l’inammissibilità, per contraddittorietà, del motivo proposto cumulativamente per violazione e falsa applicazione di legge in relazione ad un fatto il cui accertamento si assume essere stato omesso.

Peraltro, anche isolando le due censure ed avendo riguardo alla sola doglianza della ricorrente relativa al dedotto vizio di motivazione, in quanto logicamente prioritaria, il motivo si palesa parimenti inammissibile, atteso che, ai sensi del combinato disposto dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente è tenuto ad indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività” (Cass. sez. 6-3, 10/08/2017, n. 19987, Rv. 645359 – 01).

Va comunque osservato che il ragionamento seguito dalla CTR è esente dalle censure che vengono mosse.

Va infatti ricordato che ai sensi della L. n. 342 del 2000, art. 69, comma 4, le dichiarazioni di cui alla nota II bis dell’art. 1 della tariffa “sono rese dall’interessato nella dichiarazione di successione o nell’atto di donazione”, e quindi solo con le predette modalità. Per fruire dell’agevolazione bisognava pertanto indicare il coniuge superstite fra i successori, e/o presentare dichiarazione correttiva; in caso contrario manca una diretta relazione fra il bene e il soggetto beneficiario dell’agevolazione.

Contrariamente a quanto ritenuto dal ricorrente, che considera sufficiente ai fini del riconoscimento dell’esenzione d’imposta la situazione di fatto preesistente acquisibile dall’Amministrazione finanziaria attraverso i dati esposti nel ricorso introduttivo e nella proposta di mediazione, va qui rilevato che il diritto all’agevolazione della casa adibita a residenza familiare comporta per il titolare il beneficio solo se sussistono le condizioni di legge, che devono essere comunque invocate dal richiedente. Trattasi di norma agevolativa, e quindi di stretta interpretazione, per cui spettava al contribuente richiedere le dette agevolazioni presentando una dichiarazione di successione, integrativa o modificativa, D.Lgs. n. 346 del 1990, ex art. 28, entro 12 mesi dall’apertura della successione. (cfr. CASS 2019 NR. 9890).

Il ricorso va dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza e liquidate in dispositivo secondo i criteri vigenti.

PQM

La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese di legittimità che si liquidano in complessivi Euro 1000,00 oltre s.p.a.; dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso se dovuto.

Così deciso in Roma, il 8 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 settembre 2020

 

 

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