Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2013 del 24/01/2019
Cassazione civile sez. trib., 24/01/2019, (ud. 20/12/2018, dep. 24/01/2019), n.2013
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –
Dott. DE MASI Oronzo – rel. Consigliere –
Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –
Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –
Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 24562-2011 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
B.A., elettivamente domiciliato in ROMA VIALE DELLE MILIZIE
34, presso lo studio dell’avvocato ENRICO VALENTINI, che lo
rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 166/2010 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di
TARANTO, depositata il 02/08/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
20/12/2018 dal Consigliere Dott. ORONZO DE MASI.
Fatto
RITENUTO
che l’Agenzia delle entrate ricorre, con un motivo, per la cassazione della sentenza, indicata in epigrafe, con cui la Commissione tributaria regionale della Puglia ha respinto l’appello erariale e confermato la decisione della Commissione tributaria provinciale di Taranto, di accoglimento del ricorso di B.A. contro l’avviso di liquidazione n. (OMISSIS) dell’imposta di successione, in quanto notificato il 16/9/1994, ben oltre il termine di decadenza triennale, decorrente dalla prima dichiarazione di successione, presentata il 12/9/1991, a seguito del decesso di B.Z., avvenuto in data (OMISSIS), e non già dalla seconda dichiarazione, presentata il 27/7/1994, la quale aveva comporto soltanto una riduzione dell’asse ereditario;
che il contribuente resiste con controricorso.
Diritto
CONSIDERATO
che con il motivo d’impugnazione la ricorrente denuncia violazione e la falsa applicazione del D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 7, comma 1, art. 27, comma 2, art. 33, comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, poichè il giudice di appello non ha considerato che l’Ufficio non poteva procedere alla liquidazione dell’imposta di successione se non sulla base di entrambe le dichiarazioni, recando quella presentata il 27/7/1994 una variazione di quota e di valore dell’asse, avuto riguardo ad un cespite immobiliare erroneamente dichiarato per l’intero;
che la censura è infondata, e non merita accoglimento, in quanto la facoltà per il contribuente di presentare più dichiarazioni in relazione alla medesima successione, anche con possibile di riduzione della base imponibile, può essere esercitata finchè è pendente il termine di sei mesi (poi dodici mesi ex L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 178, lett. c), dalla data di apertura della successione) previsto per il compimento della formalità in questione dal D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 31, ed in tal senso depone espressamente la cit. disp., comma 3;
che, tuttavia, la seconda dichiarazione di successione risulta presentata dal contribuente il 27/7/1994, quando il predetto termine era ormai interamente decorso, in quanto essa venne presentata non già per effetto di sopravvenienze ereditarie, come previsto dal D.Lgs. cit., art. 28, comma 6, che impongono la presentazione di dichiarazione sostitutiva o integrativa, ma per correggere un mero errore contenuto nella originaria dichiarazione, con riguardo ad uno dei cespiti ereditari, sicchè l’Ufficio doveva liquidare l’imposta principale in base alla prima dichiarazione, come previsto dallo stesso decreto, art. 28, comma 2, entro il termine di decadenza di tre anni dalla data della sua presentazione (Cass. n. 31729; n. 1974/2015); che le spese del giudizio di legittimità sono compensate per il recente consolidarsi della richiamata giurisprudenza.
PQM
La Corte, rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, camera di consiglio, il 20 dicembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 24 gennaio 2019