Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20127 del 02/09/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 20127 Anno 2013
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: BOGNANNI SALVATORE

ORDINANZA
sul ricorso 10249-2011 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE 06363391001 in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;

– ricorrente contro
BANCA POPOLARE DI PUGLIA E BASILICATA SCA
00604840777 (già Banca Popolare della Murgia) in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
MARIANNA DIONIGI 57, presso lo studio dell’avvocato
ALESSANDRO DI SAN BONIFACIO, che la rappresenta e difende,
giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

Data pubblicazione: 02/09/2013

avverso la decisione n. 1495/2010 della Commissione Tributaria
Centrale di BARI del 25.5.2010, depositata il 28/09/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
10/07/2013 dal Consigliere Relato re Dott. SALVATORE
BOGNANNI;

che si riporta agli scritti.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. RAFFAELE
CENICCOLA che si riporta alla relazione scritta.

Ric. 2011 n. 10249 sez. MT – ud. 10-07-2013
-2-

udito per la controricorrente l’Avvocato Alessandro di San Bonifacio

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sezione Sesta (Tributaria)
R.G. ric. n. 10249/11

Ricorrente: agenzia entrate
Controricorrente: Banca Popolare di Puglia e Basilicata Scpa.

to imposta,
Ordinanza
Svolgimento del processo

1. L’agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza della commissione tributaria centrale, sez. stacc. della Puglia, n. 1495/04/10, depositata il 28 settembre 2010, con la quale, rigettato quello
dell’intendenza di finanza (allora operante), contro la decisione
dell’altra di secondo grado, l’opposizione della Banca Popolare di
Puglia e Basilicata Scpa., società cooperativa per azioni, relativa al silenzio-rifiuto di rimborso da parte di questa, concernente
gli interessi attivi maturati sul credito d’imposta per il 1986,
veniva ritenuta fondata. In particolare il giudice di secondo grado osservava che si trattava di interessi compensativi, e che la
presentazione dell’istanza di rimborso doveva intendersi come rettifica della precedente dichiarazione del reddito. La b

resi-

ste con controricorso, ed ha depositato memoria.
Motivi della decisione

2. Col primo motivo la ricorrente deduce violazione di T7me di
legge, in quanto la commissione centrale non considerava che la
contribuente non aveva mai fornito la prova del credito rivendicato, sia in ordine alle modalità di esso, sia per l’importo, come
pure circa l’indicazione nella dichiarazione del reddito, né relativamente all’istanza di rimborso, gravando su di essa il relativo
onere.
La doglianza è fondata, atteso che in tema di obbligazioni pecuniarie costituite dai crediti di imposta, cui non sono applicabili gli artt. 1224, primo comma, e 1284 cod. civ., stante la spe-

Oggetto: opposizione silenzio-rifiuto rimborso interessi credi-

2

ciale disciplina dell’art. 44 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602
– relativa a tutti gli interessi dovuti dall’amministrazione finanziaria in dipendenza di un rapporto giuridico tributario – la
specialità della fattispecie tributaria impone un’interpretazione
restrittiva dell’art. 1224, secondo comma, cod. civ. Pertanto il

ditore e a dedurre il fenomeno inflattivo come fatto notorio, ma
deve, alla stregua dei principi generali dell’art. 2697 cod. civ.,
fornire precise indicazioni in ordine al danno subito per l’indisponibilità del denaro, a cagione dell’inadempimento, e ad offrirne la prova rigorosa, come pure a provare il credito vantato a
fronte di specifica contestazione della controparte, il che non
era avvenuto nella specie (Cfr. anche Cass. Sentenze n. 26403 del
30/12/2010, n. 10018 del 2009).
Dunque sul punto la sentenza impugnata non risulta motivata in
modo giuridicamente corretto.
3. Col secondo motivo la ricorrente denunzia violazi

di no –

me di legge, giacché il giudice di appello non considerava che in
ogni caso ormai gli interessi attivi sui crediti d’imposta costituivano incrementi di reddito connessi alla gestione d’impresa, e
quindi dovevano essere tassati, anche per la novella retroattiva
intervenuta con l’art. 36 Dpr. n. 42/88, applicabile nella fattispecie, dal momento che la dichiarazione dei redditi per l’anno di
imposta in argomento era stata conforme alla normativa, senza che
l’istanza di rimborso potesse considerarsi come rettifica.
La censura, che peraltro rimane assorbita da quanto osservato
rispetto al motivo precedente, comunque va condivisa, dal momento
che in tema di determinazione del reddito d’impresa – ai sensi degli artt. 56, comma terzo e 75, comma primo, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 – gli interessi sui crediti d’imposta, che trovano titolo e criterio di determinazione (quanto al tasso applicabile) nella legge, concorrono a formare il reddito nell’esercizio in
cui vengono a maturazione, secondo la regola generale del criterio

2

creditore non può limitarsi ad allegare la sua qualità di impren-

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di competenza (V. pure Cass. Sentenze n. 19702 del 27/09/2011, n.
18173 del 2002).
Invero il principio precedente secondo cui, in tema di
I.R.P.E.G., gli interessi maturati sui crediti di imposta del contribuente nei confronti della amministrazione, nel vigore del

bile, perché avevano natura compensativa, è stato modificato
dall’art. 56 del testo unico approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986
n.917, che sottopone ora a tassazione tutti gli interessi comunque
conseguiti da soggetto che produce reddito di impresa, e tale disciplina opera retroattivamente per i periodi di imposta precedenti, ai sensi dell’art. 36 del D.P.R. 4 febbraio 1988 n. 42, ove
sia stata presentata dichiarazione conforme alla disciplina di cui
al predetto art. 56, senza che il presupposto per la retroazione
dello “ius superveniens” venga in concreto meno quando il contribuente abbia, per così dire neutralizzato, la sua spontanea conformazione (anticipata) alla nuova disciplina con la presentazione
della istanza di rimborso, che tuttavia era peraltro superflua
nella specie, perché effettuata nel mese di ottobre 1987 (Cfr. anche Cass. Sentenze n. 18173 del 20/12/2002, n. 4037 ,del
06/04/1995).
Anche su tale punto perciò la sentenza impugnata non ris
motivata in modo giuridicamente corretto.
4. Ne deriva che il ricorso va accolto, con conseguente cassazione della decisione impugnata, senza rinvio, posto che la causa
può essere decisa nel merito, atteso che non occorrono ulteriori
accertamenti di fatto, ex art. 384, comma 2 cpc., e rigetto di
quello in opposizione della contribuente avverso il silenziorifiuto di rimborso dell’intendenza di finanza.
5. Quanto alle spese dei tre gradi di merito, come pure del
presente giudizio, sussistono giusti motivi per compensarle, avuto
riguardo alla particolare natura delle questioni giuridiche trattate.
P.Q.M.
3

D.P.R. 29 settembre 1973 n. 597, non andavano inclusi nell’imponi-

4

La Corte
Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata, e,

cidendo

nel merito, rigetta quello introduttivo, e compensa

le spese

dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 10 luglio 2013.

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