Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20124 del 02/09/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 20124 Anno 2013
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: CARACCIOLO GIUSEPPE

ORDINANZA
sul ricorso 30-2012 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE 06363391001 in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;

– ricorrente contro
SCURA MASSIMO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA A.
FARNESE 7, presso lo studio dell’avvocato BARTOLUCCI
CLAUDIO, che lo rappresenta e difende, giusta procura alle liti per
atto notaio Patrizio D’Angiolella di Castel di Sangro, in data 23.2.2012,
n. rep. 12833, che viene allegata in atti;

– resistente –

Al

Data pubblicazione: 02/09/2013

avverso la sentenza n. 77/10/2010 della Commissione Tributaria
Regionale di FIRENZE – Sezione Staccata di LIVORNO del 7.3.08,
depositata il 28/10/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
10/07/2013 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. RAFFAELE
CENICCOLA.

Ric. 2012 n. 00030 sez. MT – ud. 10-07-2013
-2-

CARACCIOLO.

La Corte,
ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in
cancelleria la seguente relazione:
Il relatore cons. Giuseppe Caracciolo,

Osserva:
L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della
Commissione tributaria regionale di Firenze, con la quale -in controversia
concernente impugnazione di ruolo e cartella di pagamento per IRPEF per l’anno
2000 con contestazione di reddito non dichiarato derivante dal confronto tra i dati
della dichiarazione dei redditi e quelli risultanti dal modello 770 del datore di lavoro
del contribuente- è stato respinto l’appello proposto dall’Agenzia medesima avverso
la sentenza della CTP di Milano n.4-01-2006 che aveva accolto il ricorso della parte
contribuente Scura Massimo.
La sentenza impugnata ha ritenuto che —atteso che l’art.6 del DPR n.917/1986
esclude dalla imposizione ogni somma corrisposta al lavoratore dipendente a titolo di
risarcimento per danni derivanti dal mancato computo delle anzianità e delle
contribuzioni a fini previdenziali e considerato che il contribuente aveva fornito
ampia ed esaustiva dimostrazione, a mezzo della produzione della sentenza n.732000 del Giudice del lavoro di Terni, della ragione giuridica della corresponsione,
siccome rientrante nell’ambito oggettivo della predetta previsione di legge- fosse
risultata in causa la natura di risarcimento previdenziale della somma recuperate a
tassazione
L’Agenzia ha proposto ricorso affidandolo a due motivi.
La parte contribuente non si è difesa.
Il ricorso — ai sensi dell’art.380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore- può essere
definito ai sensi dell’ art.375 cpc.
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letti gli atti depositati

Con il primo (centrato sulla violazione degli art.6, 16, 46, 47 e 48 del DPR
n.917/1986, nonché dell’art.2697 cod civ) la parte ricorrente si duole che il giudicante
abbia deciso senza considerare che è onere del contribuente dimostrare che
l’indennità percepita si riferisce (in tutto o in parte) a voci di risarcimento puro,
perciò esente da tassazione perché non riconducibile ad una manifestazione di
previdenziale” non consentiva di intendere se il risarcimento si riferisse al ristoro
della perdita di redditi subita per diminuzione della prestazione pensionistica (che
costituisce pacificamente reddito imponibile) ovvero a danni alla persona e perciò
non rientranti nell’area del danno patrimoniale. Il giudice del merito avrebbe dovuto
perciò compiere un’indagine sostanziale sul tipo di risarcimento e non limitarsi alla
qualificazione di “danno previdenziale”.
Il motivo di ricorso appare fondato e da accogliersi, con assorbimento dei rimanenti.
Per quanto la parte ricorrente lamenti l’omessa indagine di fatto da parte del giudice
del merito circa la precisa natura del pregiudizio risarcito (pur avendo,
contraddittoriamente, improntando il motivo di impugnazione alla violazione di
legge, anche in considerazione del riparto dell’onere della prova), occorre evidenziare
che risulta dalla diretta consultazione della pronuncia qui impugnata che il giudice
del merito ha invece effettuato siffatta indagine, evidenziando la fonte del proprio
convincimento (la pronuncia del Giudice del lavoro di Terni) ed indicando con
precisione la categoria del pregiudizio risarcito, il quale integra una evidente causa di
diminuzione di redditi futuri, e cioè il “risarcimento per danni derivanti dal mancato
computo delle anzianità e delle contribuzioni a fini previdenziali”, come conseguenza
dello “illecito licenziamento”.
In tal modo, peraltro, il giudice del merito ha violato proprio quelle disposizioni
identificate dalla parte ricorrente nella rubrica del motivo di impugnazione, siccome
conferma la ribadita giurisprudenza di legittimità:” In tema di IRPEF, il pagamento di
un capitale che un fondo di previdenza complementare per il personale di un istituto
bancario (nella specie, il Fondo di previdenza complementare per il personale del
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capacità contributiva, mentre nel caso di specie la generica qualificazione di “danno

Banco di Napoli) effettui forfetariamente, in favore di un ex dipendente, in forza di
accordo transattivo e risolutivo di ogni rapporto inerente al trattamento pensionistico
integrativo in godimento, costituisce, ai sensi dell’art. 6, comma secondo, del d.P.R.
22 dicembre 1986, n. 917, reddito della stessa categoria della “pensione integrativa”
cui il dipendente ha rinunciato e va, quindi, assoggettato al medesimo regime fiscale
genetica è nel rapporto di lavoro che ha determinato la nascita del trattamento. Ne
consegue che l’erogazione di tale prestazione in unica soluzione, costituendo reddito
da lavoro dipendente e non reddito da capitale, deve essere soggetta a tassazione
separata ai sensi dell’art. 16, comma primo, del d.P.R. n. 917 del 1986, nel testo
applicabile “ratione temporis”. (Sez. 5, Sentenza n. 17535 del 12/10/2012 e così, in
genere, per tutte le somme attribuite al lavoratore, a titolo risarcitorio, in luogo delle
retribuzioni che avrebbe percepito qualora non si fosse verificata l’illegittima mancata
assunzione da parte del datore di lavoro ovvero il licenziamento ingiusto: cfr anche
Cass. Sez. 5, Sentenza n. 24432 del 02/10/2008).
Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per
manifesta fondatezza, con facoltà per la Corte di decidere anche nel merito,
rigettando l’impugnazione del provvedimento, atteso che non appaiono necessari
ulteriori accertamenti di fatto.
Roma, 30 novembre 2012
che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati
delle parti;
che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie;
che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i
motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va accolto;
che le spese di lite possono essere regolate secondo il criterio della soccombenza.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito,
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cui sarebbe stata sottoposta la predetta forma di pensione, in quanto la sua causa

rigetta il ricorso del contribuente avverso il provvedimento impositivo. Condanna la
parte contribuente a rifondere le spese di lite di questo grado, liquidate in € 2.500,00
oltre spese prenotate a debito e compensa tra le parti le spese dei gradi di merito.

Così deciso in Roma il 10 luglio 2013.

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