Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20121 del 14/07/2021

Cassazione civile sez. III, 14/07/2021, (ud. 25/01/2021, dep. 14/07/2021), n.20121

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 36991/19 proposto da:

S.M.Z., elettivamente domiciliato a Verona, via Basso

Acquar n. 127, presso l’avvocato Beatrice Rigotti, che la difende in

virtù di procura speciale apposta in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– resistente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia 7.5.2019 n.

1859;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

25 gennaio 2021 dal Consigliere relatore Dott. Marco Rossetti.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. S.M.Z., cittadino pakistano, chiese alla competente commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato politico, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex artt. 7 e segg.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6 (nel testo applicabile ratione temporis).

2. A fondamento dell’istanza dedusse di avere lasciato il proprio Paese dopo che, essendo scampato ad un attentato terroristico suicida, a causa del quale perse alcuni familiari, patì un disturbo psichico post traumatico e cadde in uno stato di depressione.

3. La Commissione Territoriale rigettò l’istanza.

Avverso tale provvedimento S.M.Z. propose, ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35, ricorso dinanzi al Tribunale di Venezia, che la rigettò con ordinanza 6 maggio 2017.

Tale ordinanza, appellata dal soccombente, è stata confermata dalla Corte d’appello di Venezia con sentenza 7.5.2019 n. 1859.

Quest’ultima ritenne che:

-) lo status di rifugiato e la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), non potessero essere concessi perché il racconto del richiedente era inattendibile;

-) la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), non potesse essere concessa, perché nel Paese d’origine del richiedente non esisteva una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato;

-) la protezione umanitaria di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, non potesse essere concessa in quanto il richiedente non aveva allegato né dimostrato specifiche circostanze idonee a qualificarlo come “persona vulnerabile”, né in caso di rimpatrio sarebbe stato esposto ad una lesione grave dei propri diritti fondamentali.

4. Il provvedimento della Corte d’appello è stato impugnato per cassazione da S.M.Z. con ricorso fondato su tre motivi.

Il Ministero dell’interno non ha notificato controricorso, ma solo chiesto di partecipare all’eventuale discussione in pubblica udienza.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Col primo motivo il ricorrente dichiara (formalmente) di volere prospetta il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 4 e la nullità della sentenza impugnata.

Al di là di tale intitolazione, nella illustrazione del motivo sono ravvisabili tre censure, confusamente frammiste.

Con una prima censura il ricorrente sostiene che la sentenza sarebbe nulla, per avere acriticamente mutuato il giudizio di inattendibilità del richiedente già formulato dal Tribunale, ed a sua volta immotivato.

Con una seconda censura il ricorrente sostiene che la Corte d’appello avrebbe violato la legge per avere valutato l’attendibilità soggettiva del richiedente asilo senza adottare “la tecnica di intervista messa a punto da EASO”, ed illustrata in una guida diffusa dal medesimo organismo.

Con una terza censura, infine, il ricorrente deduce che la Corte d’appello non si sarebbe “data la pena” di verificare il grave stato di paura e depressione in cui versava il ricorrente dopo aver lasciato il proprio Paese, e che la Corte d’appello non avrebbe vagliato l’attendibilità soggettiva del richiedente asilo alla luce dei principi stabiliti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5.

1.1. La prima delle suesposte censure è infondata.

La Corte d’appello, infatti, non si è limitata a richiamare le valutazioni del Tribunale, ma ha dato ampio conto delle ragioni per le quali il racconto del richiedente doveva ritenersi inattendibile, con motivazione certamente non apodittica e non contraddittoria, al contrario di quanto dedotto dal ricorrente. Aggiungasi che in ogni caso lo stabilire se una persona sia attendibile od inattendibile è un apprezzamento di fatto, non una valutazione in diritto: ed in quanto tale sfugge al sindacato di questa Corte.

Ne’ a tale secolare principio deroga la legislazione speciale in materia di protezione internazionale.

Il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, infatti, non impone affatto al Giudicante – al contrario di quanto mostra di ritenere il ricorrente – l’obbligo di credere al richiedente asilo, quando questi abbia compiuto ogni ragionevole sforzo per circostanziare la sua domanda e non abbia potuto fornire ulteriori prove senza colpa.

Il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, impone al giudice soltanto l’obbligo, prima di pronunciare il proprio giudizio sulla sussistenza dei presupposti per la concessione della protezione, di compiere le valutazioni ivi elencate, ed in particolare di stabilire “se le dichiarazioni del richiedente (siano) coerenti e plausibili” (D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, lett. (c));

Da ciò discendono tre conseguenze:

-) la prima è che il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, non potrà mai dirsi violato sol perché il giudice di merito abbia ritenuto inattendibile un racconto od inveritiero un fatto;

-) la seconda è che il giudizio sulla credibilità del richiedente asilo non è affatto a rime obbligate, e non sussiste alcun “diritto ad essere creduti” sol perché si sia presentata una domanda di asilo il prima possibile o si sia fornito un racconto circostanziato (Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 20580 del 31/07/2019, Rv. 654946 – 01);

-) la terza è che il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, lett. (c), lascia libero il giudice di merito di credere o non credere al richiedente asilo, secondo il suo prudente apprezzamento, che in quanto tale non è sindacabile in questa sede (Sez. 1, Ordinanza n. 21283 del 9.8.2019; Sez. 1 -, Ordinanza n. 21142 del 07/08/2019, Rv. 654674 – 01; Sez. 1, Ordinanza n. 21128 del 7.8.2019; Sez. 1 -, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019, Rv. 652549 – 01; Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 27503 del 30/10/2018, Rv. 651361 – 01).

1.2. La seconda censura (con cui il ricorrente lamenta il mancato rispetto, da parte della Corte d’appello, della “tecnica di intervista messa a punto da EASO”), è inammissibile, perché denuncia la violazione di un precetto prasseologico, e non d’una norma di legge.

Ed infatti gli studi ed i rapporti di organizzazioni internazionali, quali il “Manuale sulle procedure” o il rapporto “Beyond proof credibility assessment in EU asylum systems” dell’UNHCR non costituiscono fonti di produzione normativa, né contengono “disposizioni”, ma sono solo pareri, per quanto autorevoli: come tali ovviamente non vincolanti per il giudice; e tantomeno per una Corte Suprema. Aggiungasi che il suddetto Manuale non affronta problemi giuridici, ma solo tecnico-operativi, e si rivolge, per espressa ammissione degli autori, alle autorità politiche ed alle pubbliche amministrazioni, non agli organi giudicanti (“a practical tool for policy makers and asylum practitioners”).

Una sentenza di merito che pronunci in materia di protezione internazionale, pertanto, non potrà mai dirsi viziata sol perché l’iter logico seguito dal Giudicante non collimi con l’opinione, col metodo o – peggio – con l’interpretazione della legge sostenuta nei suddetti testi diffusi da organizzazioni internazionali.

1.3. La terza delle suesposte censure, infine, è manifestamente inammissibile ai sensi dell’art. 366 c.p.c., nn. 3 e 6.

Il ricorrente, infatti, non riferisce né se la relativa censura sia stata reiterata in grado di appello, ed in quali termini; né quali furono le dichiarazioni del richiedente asilo che si assume essere state attorto reputare inattendibile dalla Corte d’appello.

2. Col secondo motivo il ricorrente prospetta sia il vizio di violazione di legge, sia quello di nullità processuale.

Al di là di tale intitolazione, nella illustrazione del motivo sostiene che la Corte d’appello avrebbe errato nell’escludere la sussistenza di una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato nella regione di provenienza dell’odierno.

2.1. Il motivo è manifestamente infondato.

La Corte d’appello ha citato numerosissime fonti, attendibili ed aggiornate, dalla quale è tratto le proprie conclusioni circa l’insussistenza della ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c).

Sarà dunque appena il caso di rilevare che lo stabilire se in un determinato paese esista o non esista una guerra è un accertamento di fatto riservato al giudice di merito; unico profilo censurabile in sede di legittimità è l’obbligo del giudice di merito di ricorrere, per formulare il suddetto giudizio, a fonti attendibili ed aggiornate, obbligo nella specie puntualmente rispettato.

3. Col terzo motivo il ricorrente impugna il rigetto della domanda di permesso di soggiorno per motivi umanitari e sostiene che la sentenza d’appello su questo punto sarebbe nulla per difetto di motivazione, e comunque avrebbe violato il D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5.

Nella illustrazione del motivo si aggiunge che l’inattendibilità del richiedente asilo non basta, da sola, a giustificare il rigetto della domanda di rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari; e che comunque l’essere scampato ad un attentato terroristico costituiva un elemento indiziario dal quale la Corte d’appello avrebbe potuto desumere lo stato di fragilità del ricorrente.

3.1. Il motivo è inammissibile od infondato in tutte le censure in cui si articola. In primo luogo il motivo è infondato nella parte in cui imputa alla Corte d’appello di avere rigettato la domanda di rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari sul solo presupposto della inattendibilità soggettiva del richiedente. La Corte d’appello, infatti, ha rigettato tale domanda con altre ed ulteriori motivazioni, che non vengono validamente investite dal ricorso.

3.2. Nella parte restante il motivo è innanzitutto inammissibile, perché il ricorrente fa riferimento a circostanze di fatto esposte in modo assolutamente generico, in violazione degli oneri imposti a pena di inammissibilità dall’art. 366 c.p.c., nn. 3 e 6.

In ogni caso il motivo è anche infondato, in quanto, avendo la Corte d’appello escluso l’attendibilità soggettiva del richiedente, ovviamente non poteva, né doveva, procedere ad ulteriori accertamenti sulle sue condizioni di salute.

4. Non occorre provvedere sulle spese del presente giudizio, poiché

l’amministrazione intimata non ha notificato alcun controricorso.

P.Q.M.

la Corte di Cassazione:

(-) rigetta il ricorso;

(-) ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 25 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 14 luglio 2021

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