Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20117 del 07/10/2016


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Cassazione civile sez. VI, 07/10/2016, (ud. 11/04/2016, dep. 07/10/2016), n.20117

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAGONESI Vittorio – Presidente –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – rel. Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11326-2015 proposto da:

M.I., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato MARCO

BRUSCO giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 141/2015 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA del

26/01/2015, depositata il 27/02/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio

dell’11/04/2016 dal Consigliere Relatore Dott. DE CHIARA CARLO.

Fatto

PREMESSO

Che il Consigliere relatore ha depositato relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., nella quale si legge quanto segue:

1. – La Corte d’appello di Perugia, rigettando il gravame della sig.ra M.I., cittadina albanese, ha confermato la sentenza del Tribunale di rigetto dell’opposizione proposta dall’appellante avverso il rifiuto del Questore di rilasciarle la carta di soggiorno per matrimonio con un cittadino italiano.

La Corte ha ritenuto il carattere puramente strumentale del matrimonio contratto dall’interessata, già destinataria di un provvedimento di espulsione, con il sig. B.R., come era dato evincere dalla presentazione dell’istanza di rilascio del titolo di soggiorno solo alcuni mesi dopo la celebrazione del matrimonio stesso; dall’assenza di coabitazione, dimostrata a sua volta dall’irreperibilità dei coniugi all’indirizzo indicato dai medesimi ((OMISSIS)) e dalla circostanza incontestata che la sig.ra I. risiedeva in (OMISSIS), nel comune di (OMISSIS), mentre il marito non aveva ancora trasferito la propria residenza a tale indirizzo e di fatto risiedeva con il figlio presso una struttura ricettiva di (OMISSIS); nonchè dalla circostanza che la sig.ra I., pur dopo la celebrazione del matrimonio, aveva convissuto con il suo precedente compagno, padre di sua figlia, che per circa un anno aveva scontato gli arresti domiciliari presso la sua casa di via (OMISSIS). La Corte ha aggiunto che ostativi al rilascio del titolo di soggiorno erano anche i precedenti penali della richiedente per furto e detenzione di sostanze stupefacenti in concorso con l’ex compagno ed ha negato, infine, l’ammissione della prova testimoniale a mezzo del sig. B., del quale era evidente l’interesse a confermare la effettività del vincolo coniugale per sottrarsi ad eventuali responsabilità penali.

La sig.ra I. ha proposto ricorso per cassazione con due motivi. L’Amministrazione intimata non si è difesa.

2. – Con il primo motivo di ricorso, denunciando violazione di norme di diritto, si invoca il diritto all’unità familiare, di cui all’art. 8 CEDU, e si lamenta che la decisione dei giudici di merito si basi, in realtà, su dati che non dimostrano in maniera incontrovertibile l’ineffettività del vincolo matrimoniale.

2.1. – Il motivo è infondato nella patte in cui s’invoca, genericamente, l’art. 8 CEDU, il quale non tutela il diritto all’unità familiare rispetto a qualsiasi ingerenza dell’autorità pubblica, ma consente invece l’ingerenza che “sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui”.

Il motivo è poi inammissibile nella parte in cui si contesta che sia stata raggiunta la prova della strumentalità del matrimonio svolgendo considerazioni, peraltro generiche, di puro merito.

3. – Con il secondo motivo, denunciando omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, si deduce l’omessa considerazione dei seguenti elementi “evidenziati in corso di causa”:

a) che i coniugi non erano stati reperiti al loro indirizzo di (OMISSIS) perchè vi avevano risieduto soltanto sino a un viaggio in (OMISSIS), al ritorno del quale nella casa erano stati effettuati lavori di ristrutturazione, onde si erano trasferiti nell’abitazione di (OMISSIS); d’altra parte il mancato reperimento di entrambi nella casa di (OMISSIS) non poteva costituire indizio di mancanza di coabitazione;

b) che non risulta che la Questura abbia eseguito controlli presso l’abitazione di (OMISSIS);

c) che la ricorrente aveva ospitato il proprio ex compagno, nel periodo in cui era sottoposto agli arresti domiciliari, solo per consentire a sua figlia di stare con il padre;

d) che il sig. B. non sia stato sentito “se non come testimone, in quanto giustamente applicabile l’art. 246 c.p.c., almeno ex art. 421 c.p.c.”.

3.1. – Il motivo è inammissibile perchè vengono dedotte circostanze non decisive e in parte (segnatamente la circostanza sub a) anche nuove”;

che detta relazione è stata notificata agli avvocati delle parti costituite;

che l’avvocato di parte ricorrente ha presentato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

Che il Collegio condivide le considerazioni svolte nella relazione di cui sopra, non superate dalle osservazioni di cui alla memoria di parte ricorrente;

che pertanto il ricorso va respinto;

che in mancanza di attività difensiva della parte intimata non occorre provvedere sulle spese processuali;

che dagli atti il processo risulta esente dal contributo unificato, onde non si applica il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 11 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 7 ottobre 2016

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